CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 febbraio 2019, n. 3660
Professionisti – Ragionieri e Periti commerciali – Riliquidazione della pensione di vecchiaia – Violazione del principio del pro rata
Rilevato che
La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 215/2016, confermava la sentenza di primo grado che ha accolto la domanda di G.L., pensionato di vecchiaia dal 1 luglio 2005, proposta nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Ragionieri e Periti commerciali (da qui Cassa), tesa ad ottenere la riliquidazione della pensione di vecchiaia lamentando che, in violazione del principio del pro rata, di cui alla l. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, la cassa aveva escluso dalla media pensionabile il reddito degli anni 2003 e 2004 così indebitamente annacquando la media reddituale, determinando la quota reddituale (quota A) mediante un’unica quota dei migliori quindici redditi annuali ed includendo i redditi percepiti dall’attore fino all’anno 2004, anno di passaggio al metodo contributivo;
sul gravame svolto dalla Cassa, in ordine al criterio di calcolo, la Corte territoriale ha confermato la statuizione in ordine alla quota unica costituita dalla media dei migliori quindici anni sugli ultimi venti, con decorrenza dall’anno anteriore al pensionamento (dal 2004) respingendo la tesi della Cassa incentrata sulla decorrenza dal 2003, ultimo anno di vigenza del sistema reddituale;
avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Cassa sulla base di un unico motivo con il quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995 con riguardo al criterio di calcolo concretamente applicato, disattendendo il criterio proposto dalla Cassa incentrato sulla valorizzazione dei redditi maturati sotto la vigenza del criterio retributivo (31.12.2003) con indicazione, quale dies a quo per la decorrenza del periodo di riferimento quello del 2003, ultimo anno di vigenza del sistema reddituale, in luogo del 2004, anno anteriore al pensionamento come indicato dalla sentenza impugnata;
Considerato che
si controverte esclusivamente del dies a quo per il calcolo a ritroso della degli ultimi venti anni, se debbano partire dall’anno anteriore al pensionamento (come ritenuto dalla sentenza impugnata) ovvero dal 2003, ultimo anno di vigenza del sistema reddituale, tesi patrocinata dalla Cassa ricorrente;
il Collegio non ravvisa ragioni per richiedere l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione posto che intende dare continuità alle decisioni nn. 17742 del 2015 e 18136 del 2015, cui entrambe le parti hanno fatto riferimento nelle proprie difese, ed alla giurisprudenza ivi richiamata;
il ricorso, al pari di altre decisioni rese sulla medesima questione, è infondato;
quanto, in particolare, al concreto modello operativo di calcolo della quota “A”, in continuità con quanto già affermato da questa Corte (vd. ex plurimis Cass. n. 24534 del 2013), va ribadito che:
a) l’ applicazione alla fattispecie in esame, relativa a trattamento liquidato prima del 1.1.2007, dei contenuti del principio del pro rata comporta che, rispetto al principio generale secondo cui il trattamento pensionistico va liquidato secondo le regole esistenti al momento della maturazione del diritto a pensione, va garantita la “posizione previdenziale” già maturata che si traduce concretamente nella fissazione di una clausola di non regresso a salvaguardia del mantenimento del diritto al montante complessivo della contribuzione già versata nel corso della vita lavorativa secondo un criterio sinallagmatico per cui l’ammontare della contribuzione accumulata ha un suo valore economico in termini di potenziale rendita vitalizia che non può essere sterilizzato dal legislatore;
b) poiché con le modifiche intervenute nel 2002- 2003 si è passati dal sistema retribuivo a quello contributivo con l’introduzione di due quote di pensione – A (retributiva) e B (contributiva) – in simmetria con la riforma del 1995 (v. L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 12), al criterio di calcolo della quota A (retributiva) deve applicarsi il criterio del pro rata formulato dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, per cui all’anzianità già maturata corrisponde una quota di pensione (la quota A) calcolata secondo i previgenti (più favorevoli) parametri;
c) trattasi di regole strumentali alla liquidazione della pensione per cui è alla data di maturazione del medesimo diritto che occorre guardare per individuare le regole da applicare per il calcolo della quota A e, precisamente, vanno applicate le previsioni dell’art. 49 del Regolamento di esecuzione del 1997 (applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50), in vigore al momento delle radicali modifiche del 2002 e del 2003, secondo cui: “La misura annua della pensione di vecchiaia è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, al 2 per cento della media dei quindici redditi professionali annuali più elevati dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per gli ultimi venti anni solari di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione”;
d) non va, dunque, fatta applicazione di ogni singolo criterio di calcolo via via modificato nel tempo (L. n. 160 del 1963, L. n. 1140 del 1970, L. n. 414 del 1991 e da ultimo dalle delibere del 2002-2003), posto che il principio del pro rata opera solo dall’entrata in vigore di detto art. 3, comma 12, “ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche incidenti sulla determinazione della pensione ed i meccanismi previsti dal Regolamento del 1997 all’art. 49, commi 9 ed 11, (applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50) rivestono natura transitoria con esaurimento della propria efficacia all’interno dei periodi ivi considerati, in relazione alle pensioni liquidate sino al 1.7.2003;
in conclusione, alla stregua del citato art. 49 del Regolamento di esecuzione del 1997 (applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50), rilevano gli “ultimi venti anni solari di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione”;
il ricorso va, quindi, rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo;
l’esito del ricorso determina l’obbligo del pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3500,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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