CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 febbraio 2020, n. 2897
Tributi – Imposte ipotecarie e catastali – Trasferimento cespiti immobiliari – Trust – Accertamento – Riscossione – Contrasto dell’evasione ed elusione fiscale
Rilevato che
– Con sentenza n. 1139/1/18 depositata in data 19 aprile 2018 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in accoglimento dell’appello di S.T. Company S.r.l., anche quale trustee del trust “Il C.”, riformava la sentenza n. 225/1/17 della Commissione tributaria provinciale di Bologna, la quale aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso silenzio diniego ad istanza per ottenere il rimborso delle maggiori imposte ipotecarie e catastali versate nel 2012 in misura proporzionale in luogo di fissa, in occasione del trasferimento di cespiti immobiliari in favore della stessa, quale trustee del trust “Il C.”;
– La CTR osservava in particolare che le imposte indirette, tra cui l’imposta di donazione e quella ipotecaria-catastale per le trascrizioni possono essere applicate in misura proporzionale solo nei casi in cui, con il vincolo di destinazione, si manifesti l’arricchimento di un beneficiario, che riceve determinati beni per effetto del trasferimento liberale di ricchezza, unico e definitivo presupposto impositivo;
– Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo, che illustra con memoria;
– La contribuente ha resistito depositando controricorso, che illustra con memoria.
Considerato che
– Con l’unico motivo proposto – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 10, comma 2, d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 347, della Tariffa allegata al medesimo decreto, in combinato disposto con l’art. 2, comma 47, d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, conv. con mod. della l. 24 novembre 2006 n.286, e con l’art. 2 della Convenzione delI’Aja 1 luglio 1985, per aver la CTR escluso l’applicabilità delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale all’atto di conferimento al trustee dei beni devoluti in trust;
– La censura è infondata. Va reiterato che: «Poiché l’imposta sulle successioni e donazioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, ai fini della sua applicazione in misura proporzionale occorre valutare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l’atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro.» (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 31445 del 05/12/2018, Rv. 652134 – 01; Sez. 5 -, Ordinanza n. 734 del 15/01/2019);
«Il “trust” mediante il quale si costituisce un vincolo di destinazione idoneo a produrre un effetto traslativo in favore del “trustee”, sebbene funzionale al successivo ed eventuale trasferimento della proprietà dei beni vincolati ai soggetti beneficiari, deve essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, facendo emergere la potenziale capacità economica, ex art. 53 Cost., del destinatario del trasferimento. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto assoggettato a detta imposta, in luogo di quella di registro, un “trust” finalizzato alla liquidazione di beni nell’interesse dei creditori).» (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 13626 del 30/05/2018, Rv. 648676 – 02);
«Il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale» (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 975 del 17/01/2018, Rv. 646913 – 01);
– «Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16699 del 21/06/2019, Rv. 654688 – 01);
– «In tema di “trust”, l’imposta sulle successione e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 (conv. con modif. dalla l. n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19167 del 17/07/2019, Rv. 654709 – 01);
-La giurisprudenza sopra richiamata e da ritenersi consolidata, ha superato una prima interpretazione dell’art. 2, comma 47, l. 286 del 2006, secondo la quale la novella evidenzierebbe «la volontà del legislatore di istituire una vera e propria nuova imposta che colpisce tout court degli atti che costituiscono vincoli di destinazione» (Cass. Sez. 6-5, Sentenza n. 4482 del 2016). Questa Corte ha di recente più volte affermato che l’atto istitutivo di un trust non può essere annoverato nell’alveo degli atti a contenuto patrimoniale per il sol fatto che il consenso prestato riguarda un vincolo su beni muniti di valore economico. Una tale affermazione contrasta sia con le caratteristiche tipiche del trust come istituto giuridico, sia e soprattutto con le caratteristiche del sistema impositivo di registro, in cui l’elemento essenziale cui connettere la nozione di prestazione “a contenuto patrimoniale”, ex art. 9 della tariffa, è l’onerosità. L’art. 9 della tariffa, parte 1, rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché però si tratti di fattispecie onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale. La norma non può essere intesa in modo dissociato dal contesto dell’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986 che fissa, anche ai fini specifici, la base imponibile dell’imposta. Rileva in particolare la disposizione contigua di cui alla lett. h) di tale ultima previsione, che, quanto appunto alle “prestazioni a contenuto patrimoniale”, indica come base imponibile l’ammontare “dei corrispettivi in denaro pattuiti per l’intera durata del contratto”. Il che rappresenta la dimostrazione del fatto che, ai sensi dell’art. 9 della tariffa, la prestazione “a contenuto patrimoniale” è la prestazione onerosa (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 975 del 17/01/2018);
– Ciò è confermato sia dalla elaborazione giurisprudenziale della Corte in materia di trust c.d. autodichiarato, ossia con conferimento di immobili e partecipazioni sociali per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, il quale è stato ritenuto riconducibile alla donazione indiretta e quindi soggetto all’imposta in misura fissa, atteso che la “segregazione”, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchimento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21614 del 26/10/2016, Rv. 641558 – 01); sia, dalle prese di posizione della Cassazione allorquando il vincolo di destinazione riguarda terzi, e la statuizione di assoggettamento ad imposta proporzionale non avviene per ciò solo, ma secondo la medesima ratio decidendi del reale trasferimento o arricchimento per effetto del vincolo di destinazione. Così avviene, ad esempio allorquando il trust sia c.d. liquidatorio, ossia quando i contraenti vollero il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti al trustee, sia pure ai fini della liquidazione e quindi il reale arricchimento del beneficiario (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 13626 del 30/05/2018);
– Tale inquadramento impositivo è coerente inoltre con il diritto internazionale. Viene in rilievo innanzitutto il tipo giuridico enucleato dall’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 sul riconoscimento dei Trust, resa esecutiva in Italia con legge 16 ottobre 1989, n. 364, il quale concretizza un’entità patrimoniale costituita da un insieme di rapporti giuridici istituiti dal disponente, settlor, in rapporto a beni posti sotto il controllo di un fiduciario, trustee, nell’interesse di un beneficiario, cestui que trust, o per un fine determinato.
– Inoltre, la Corte di Giustizia ha chiarito che lo stesso momento di assolvimento dell’imposta sugli utili afferenti ai beni detenuti a titolo di trust, se rigidamente individuato, può incidere su libertà fondamentali, come ad esempio la libertà di stabilimento. In particolare, nel caso Panayi (CGUE, C-646/15, Trustees of thè P Panayi Accumulation & Maintenance Settlements, del 14 settembre 2017, § 59) la Corte ha considerato che la normativa inglese prevedeva esclusivamente l’assolvimento immediato dell’imposta, ritenendo che una normativa siffatta eccede quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo diretto a salvaguardare la ripartizione della competenza fiscale tra gli Stati membri e costituisce, pertanto, una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento;
– Orbene, nel caso di specie la CTR emiliana si è attenuta agli insegnamenti giurisprudenziali sopra richiamati, dal momento che, dopo un’articolata esposizione in cui ha, tra l’altro, tenuto conto della normativa applicabile al trust inclusa la disciplina dell’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006 evocata nel corpo del ricorso, non ha escluso in linea di principio che l’imposta ipotecaria-catastale per le trascrizioni possa essere applicata in misura proporzionale all’atto di conferimento al trustee dei beni devoluti in trust. Inoltre, la ratio decidendi a supporto della decisione impugnata ha rispettato i principi di diritto sopra richiamati anche nella parte in cui, in concreto, ha escluso l’applicabilità delle imposte in misura proporzionale in luogo di quella fissa, accertando che con l’atto rogato nel 2011 dal notaio Mala- guti di Bologna e registrato nel 2012 con cui i disponenti conferivano cespiti immobiliari alla contribuente nella sua veste di trustee del trust “Il C.”, in quanto nel caso di specie il trust comunque non ha prodotto effetto traslativo in favore del “trustee”;
– Infatti, attraverso un accertamento in fatto non revocato in dubbio in questa sede di legittimità con deduzione di specifico vizio motivazionale e di un fatto decisivo e contrario a tale statuizione, la CTR ha accertato che con il vincolo di destinazione predetto non si è manifestato l’arricchimento del beneficiario, il quale non ha ricevuto i beni per effetto di un trasferimento liberale di ricchezza definitivo. A fronte di ciò, l’Agenzia ricorrente avrebbe dovuto articolare un vizio motivazionale evidenziando gli elementi in fatto presenti nel processo decisivi e contrari all’accertamento della CTR, onere non assolto nel caso di specie;
– Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono compensate alla luce del progressivo consolidarsi della giurisprudenza successivamente alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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