CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 gennaio 2020, n. 119
Riduzione di personale – Procedura di mobilità ex art. 4 della legge n. 223 del 1991 – Impugnazione licenziamento – Esubero esclusivamente nell’ambito di specifiche professionalità – Carattere discriminatorio – Inefficacia dei licenziamenti intimati – Indennità risarcitoria onnicomprensiva
Rilevato che
1. M.C., L.P.., S.P. e S.E., in data 30.6.2014, venivano licenziati dalla società I. & Co. per riduzione di personale, all’esito di una procedura ex art. 4 della legge n. 223 del 1991 di mobilità conclusasi con verbale negativo presso la Regione Lazio del 17.4.2014.
2. I suddetti lavoratori, con ricorso ex art. 1 co. 48 legge n. 92 del 2012, impugnavano il licenziamento contestando l’erroneità dei punteggi attribuiti, la violazione degli obblighi di comunicazione di cui all’art. 4 della legge n. 223 del 1991, eccependo una presunta non esaustiva indicazione dei dati numerici giustificativi della crisi aziendale e la lacunosità delle informazioni relative ai motivi che avevano determinato la situazione di eccedenza nonché sulla possibilità di collocazione alternativa e deducendo, infine, che comunque la scelta degli operai da licenziare aveva avuto carattere discriminatorio.
3. Nel contraddittorio delle parti, l’adito giudice del lavoro del Tribunale di Cassino accoglieva la domanda dei lavoratori dichiarando l’inefficacia dei licenziamenti intimati e la risoluzione dei rapporti di lavoro con effetto dalla data di licenziamento, con condanna della società al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ciascuno di essi.
4. A seguito di opposizione il medesimo Tribunale, con la sentenza n. 960 del 2017, in accoglimento della domanda subordinata proposta dai lavoratori e previo accertamento della violazione del disposto dell’art. 4 della legge n. 223 del 1991 condannava la I. & Co. Srl al pagamento, in favore di ognuno di loro, di una indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata nella misura di quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori e spese di lite.
5. La Corte di appello di Roma, con la pronuncia n. 1471/2018, rigettava il reclamo proposto dalla società.
6. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure precisavano che, nella fattispecie in esame, nella comunicazione di avvio della procedura di riduzione del personale erano state esplicitate le ragioni che avevano determinato la necessità di ridurre il personale nonché le ragioni per cui l’azienda non aveva altra possibilità che ricorrere alla procedura di mobilità: ciò che non si leggeva, però, era l’esplicitazione delle ragioni che avevano determinato la scelta aziendale di individuare l’esubero esclusivamente nell’ambito di specifiche professionalità, non consentendo quindi al sindacato una puntuale verifica sulla legittimità della scelta operata in violazione di quanto statuito dall’art. 4 comma 3 della legge n. 223 del 1991.
7. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione la I. & Co. srl affidato ad un motivo.
8. Gli intimati non svolgevano attività difensiva.
9. Nelle more si costituiva la Curatela del Fallimento della società I. & Co. srl che depositava memoria.
10. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.
Considerato che
1. Con l’unico articolato motivo la società denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4 co. 3 e 5 legge 23.7.1991 n. 223, ovvero l’omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia riguardo alla pretesa incompletezza della comunicazione di avvio della procedura prevista dal comma 3 dell’art. 4 della legge n. 223 del 1991. La ricorrente deduce, richiamando precedenti di legittimità, che la comunicazione preventiva poteva limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso fra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza necessità di ogni ulteriore specificazione, mentre i giudici del merito, con la loro interpretazione, avevano indebitamente esteso la verifica giudiziale ai motivi determinanti la scelta imprenditoriale considerando necessaria l’indicazione dei profili professionali e delle funzioni da sopprimere. Inoltre rappresenta che, nella comunicazione suddetta, erano dettagliatamente specificate le eccedenze lavorative distinguendo, per ciascun profilo professionale, i relativi esuberi conseguenti al processo di ridimensionamento e che il contenuto indispensabile della comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali si doveva valutare con riferimento ai motivi, esternati nella stessa comunicazione e, nel caso di specie, il progetto di riduzione del personale complessivo dell’azienda imponeva di indicare solo la ripartizione delle eccedenze per categorie professionali e non anche la specificazione di uffici o reparti con eccedenze né le concrete funzioni lavorative che si intendevano eliminare risultando tali profili estranei alle ragioni della decisone imprenditoriale.
2. Il motivo non è fondato.
3. La procedura disciplinata dall’art. 4 della legge n. 223 del 1991 è volta sia a consentire una proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato, sia a rendere trasparente il processo decisionale datoriale, in funzione della tutela dell’interesse del lavoratore destinato potenzialmente ad essere estromesso dall’azienda: con la conseguenza, nel caso di mancata indicazione nella comunicazione di avvio della procedura di tutti gli elementi previsti dall’art. 4, dell’insanabile inefficacia dei successivi licenziamenti intimati ai lavoratori, legittimati a denunziarne la incompletezza ed il conseguente vizio del licenziamento (Cass. 2.3.2009 n. 5034; Cass. 11.7.2007 n. 15479).
4. La lettera di avvio della procedura di mobilità assolve, quindi, la funzione di garantire l’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali destinatarie della comunicazione, salvo ulteriore verifica, comunque, della loro pertinenza ed inerenza alle ragioni alla base della procedura stessa (Cass. n. 24882 del 2019; Cass. 2429 del 2012).
5. La necessità della conformazione della comunicazione ai requisiti prescritti dall’art. 4 co. 3 della legge n. 223 del 1991 è, pertanto, finalizzata a consentire alle organizzazione sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità che, in concreto, l’azienda intende espellere, di talchè sia evidenziabile la connessione tra le enunciate esigenze aziendali e l’individuazione del personale da licenziare e sia permesso all’interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione del personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero (Cass. 12.11.2013 n. 23594; Cass. 16.1.2013 n. 880).
6. Ciò non costituisce un controllo sulla legittima scelta imprenditoriale di adire una procedura di licenziamento collettivo, assolutamente coerente con il principio di libertà della iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e, pertanto, insindacabile in sede giudiziale, quanto piuttosto di verificare il rispetto della specificità degli oneri di comunicazione in sede di apertura e chiusura della procedura di mobilità, previsti dall’art. 4 commi 3 e 9 della legge n. 223 del 1991 (Cass. 28.10.2009 n. 22825; Cass. 9.3.2015 n. 4678).
7. La valutazione di adeguatezza della comunicazione spetta al giudice di merito e deve essere compiuta anche in relazione al fine che la comunicazione stessa persegue, che è quello di sollecitare e favorire la gestione contrattata della crisi (Cass. 5.6.2003 n. 9015).
8. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha ritenuto in punto di fatto -con congrua motivazione e, quindi, insindacabile in sede di legittimità- carente la comunicazione preventiva nella esplicitazione delle ragioni che avevano determinato la scelta aziendale di individuare l’esubero esclusivamente nell’ambito di specifiche professionalità, quali esemplificativamente la soppressione delle funzioni ritenute meno necessarie o di quelle la cui mancanza consentiva comunque il proseguo delle attività ovvero la necessità di una struttura più snella in determinati reparti e maggiormente rispondente alle attività programmate: ciò non consentiva, secondo i giudici di seconde cure, al sindacato una puntuale verifica sulla legittimità della scelta operata.
9. In punto di diritto, deve rilevarsi la correttezza dell’assunto perché la Corte territoriale ha reputato la comunicazione in contrasto con il normativo obbligo di trasparenza -senza che ciò possa costituire violazione del precetto di cui all’art. 41 Cost.- perché non conforme al principio giurisprudenziale (cfr. tra le altre, Cass. 16.3.2007 n. 6225) che ha sancito, in tema di legittimità della comunicazione preventiva, il rispetto della sequenza logico-giuridica in virtù della quale: a) i dati comunicati dal datore di lavoro devono essere completi ed esatti; b) la funzione sindacale di controllo e valutazione non deve essere limitata da una eventuale loro insufficienza; c) deve sussistere un rapporto causale tra la carenza e la limitazione della funzione sindacale.
10.Tale verifica è stata, come sopra detto, adeguatamente e correttamente espletata dalla Corte di merito, con esito negativo, al termine di un accertamento di fatto insindacabile in questa sede.
11. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
12. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
13. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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