CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2018, n. 14858
Imposte dirette – IRES – Accertamento – Riscossione – Procedimento – Deducibilità oneri
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la E. s.r.I., impugnando la sentenza resa dalla CTR Abruzzo indicata in epigrafe che, per quanto qui ancora interessa, ha rigettato l’impugnazione dell’Ufficio contro la decisione di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di IRES per l’anno 2010 sul rilievo della indeducibilità dei costi indicati dalla parte contribuente.
La parte intimata si è costituita con controricorso. Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art.109 TUIR e dell’art.19 dPR n. 633/1972. La CTR avrebbe erroneamente riconosciuto la possibilità di integrare il contenuto generico delle fatture ad opera della parte contribuente, valorizzando prospetti provenienti dalla stessa parte non idonei a comprovare l’inerenza dei costi.
Il motivo è infondato.
I principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte sul tema in esame sono plurimi e vanno tra loro coordinati, attenendo per l’un verso al valore della fattura ai fini della deducibilità dei costi, alla possibilità di integrarne il contenuto per ottenere comunque il beneficio riconosciuto dalla disciplina fiscale e, in generale, ai requisiti necessari per ottenere la deducibilità degli oneri sostenuti dal contribuente per la produzione del reddito. Per altro verso, rilevano gli orientamenti espressi da questa Corte rispetto alle ipotesi di fattura che l’Ufficio assume non veritiere ed al relativo regime probatorio.
Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 21980/15, n. 21446/14, n. 24426/13, n. 9108/12, n. 5748/10), sia in tema di imposizione diretta sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, ed idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate. La parte contribuente può comunque integrare il contenuto della fattura con elementi di prova idonei a dimostrare la deducibilità dei costi cfr. Cass. n. 1147/2010-.
E’ altresì consolidato il principio secondo cui sia ai fini della deduzione dei costi in tema di imposte dirette sia ai fini di detrazione Iva, incombe sul contribuente l’onere di provare l’inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all’esercizio dell’attività medesima (cfr. Cass. n. 13300/17, Cass. n. 18475/16, Cass. n. 21184/14, Cass. n.16853/13).
Si è su tale questione ulteriormente chiarito che in tema di accertamento delle imposte sui redditi l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina di cui al D.P.R. n. 597 del 1973, che del D.P.R. n. 917 del 1986, incombe al contribuente (cfr. Cass. n. 23626/2011). Quest’ultimo è tenuto altresì a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa, ove – come nel caso di specie – sia contestata dall’Amministrazione finanziaria anche la congruità dei dati relativi a costi esposti, in difetto di tale prova essendo legittima la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (cfr. Cass. nn. 4454/10, 26480/10, 7701/13, 6972/2015, Cass. n. 11235/2015).
L’orientamento da ultimo ricordato si arricchisce di ulteriori precisazioni svolte da questa Corte per le ipotesi di fatture, il contenuto delle quali viene messo in discussione dall’Ufficio.
Si è sul punto evidenziato che spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. Non è dunque sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa cfr. Cass. n. 21184/2014, ove si è negata la deducibilità del corrispettivo di una consulenza svolta dalla capogruppo a favore della controllata-contribuente, in ragione della genericità e laconicità della descrizione della prestazione in fattura e nel contratto regolante il rapporto fra le due società e della conseguente impossibilità per il fisco di verificare analiticamente ed adeguatamente l’inerenza della spesa, tanto più necessaria atteso il suo ingente ammontare (conf. Cass. n. 13300/2017)-.
Quanto alle ipotesi che l’Ufficio ponga in discussione la veridicità del contenuto delle fatture, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili cfr. Cass. n. 428/2015-.
Orbene, applicando i superiori principi alla vicenda qui in esame, risulta evidente che la CTR ha preso in considerazione la fattura prodotta dalla parte contribuente -nella quale si precisava che la stessa riguardava ‘prestazioni di manodopera relativa ad operazioni di carico e scarico e di sistemazione di materiali effettuati c/o i vs stabilimenti in Cepagatti e Chieti Scalo – e ne ha constatato la sufficienza, pur a fronte dalla dedotta inidoneità a conclamare i costi deducibili ed anche in assenza di contratto sottostante, tenendo in considerazione la documentazione integrativa- schede riepilogative delle ore lavoro impiegate dal personale presso la contribuente per l’assolvimento delle attività (prestazione di servizi) indicate in fattura.
In siffatto procedere non si ravvisa alcuna violazione di legge, risultando l’operato del giudice di merito pienamente conforme ai principi sopra ricordati. D’altra parte, l’elemento di sospetto che l’Ufficio ha ipotizzato – identità fisica del legale rappresentante (B.G., oltrechè socio al 75%) della società E. s.r.l. e della E. s.n.c.- non è stato esaminato dal giudice di appello, ma nemmeno tale questione è stata postulata come vizio attinente alla violazione dell’art. 360 c.1 n.5 c.p.c. che l’Ufficio avrebbe dovuto prospettare, evidenziando la decisività dell’elemento fattuale e la sua contestazione nel giudizio di appello.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 % degli onorari.
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