CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2019, n. 15460
Tributi – Imposta comunale per la pubblicità (ICP) – Accertamento – Riscossione – Ricorso per Cassazione
Considerato in fatto
1. La soc. D.A. srl proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Savona, avverso l’avviso di accertamento nr. 529 emesso da Società I.C.A. srl, concessionaria per l’accertamento la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità, relativo all’imposta comunale per la pubblicità (ICP) per l’anno 2009 dovuta ad esposizioni pubblicitarie nel territorio del Comune di Savona effettuate a mezzo di una pluralità di macchine automatiche per la realizzazione e contestuale erogazione di fototessere e biglietti da visita. A sostegno dell’opposizione la ricorrente deduceva che i mezzi pubblicitari assoggettati ad imposta sarebbero in realtà riconducibili ad insegne e come tali esenti dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 17 comma 1 bis, d.lvo 507/93, poiché aventi tutti superficie inferiore a cinque metri quadrati.
2. La Commissione Tributaria Provinciale di Savona rigettava il ricorso.
3. La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva l’appello rilevando che le insegne esposte sul distributore di fotografie rappresentavano la denominazione dell’impresa ed erano perciò idonee a contraddistinguere l’attività esercitata e non costituivano un messaggio pubblicitario con la conseguenza che erano esenti da imposte ai sensi dell’art. 2 bis della legge nr. 75/2002.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione I.C.A. srl sulla base di due motivi.
D.A. srl ha resistito depositando controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Ritenuto in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 comma 1 bis del d.lvo 15.11.1993 nr. 507, nonché dell’articolo 2 bis d.I 22.2.2002, nr. 13 convertito con modificazioni nella legge 24.04.2002 nr. 75 in relazione a quanto previsto dall’art 360, comma 1, nr.3 cpc.>> In particolare secondo l’assunto della ricorrente la singola postazione all’interno della quale era alloggiato il dispositivo di riproduzione ed erogazione automatica delle fototessere e dei biglietti da visita non poteva considerarsi sede legale e/o effettiva dell’impresa; sarebbe inoltre errato il percorso argomentativo seguito giudice di seconde cure che ha qualificato come insegne di esercizio i pannelli che raffiguravano i prodotti individuati con il proprio marchio per la sola collocazione dei supporti commerciali all’interno dei distributori automatici.
1.2 Con il secondo motivo viene dedotta « violazione delle norme processuali di cui all’art. 57 comma 2 d.lvo 31.12.1992 nr 546, nonché degli articoli 100 e 112 cpc , 115 comma 1 cpc, in relazione a quanto previsto dall’art. 360 comma 1 nr 4». La CTR avrebbe dato conto del mancato raggiungimento della prova, cui era onerato il concessionario, della superficie senza che tuttavia la concessionaria avesse mai sollevato la questione del dimensionamento delle cabine oltre il limite dei 5 metri quadrati; anzi dall’avviso di accertamento emergeva con chiarezza che nessuno dei mezzi assoggettati ad imposta aveva una superficie superiore a cinque metri quadrati.
2. Il primo motivo è fondato,
2.1 Si controverte dell’applicabilità o meno di una causa di esenzione al pagamento dell’imposta sulla pubblicità di una cabina contenente un dispositivo di riproduzione ed erogazione automatica di fotografie e biglietti da visita.
2.2 I presupposti applicativi dell’imposta di cui si discorre sono disciplinati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, a mente del quale< la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all’imposta sulla pubblicità prevista nel presente decreto. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato>>.Ai sensi dell’art 17 comma 1 bis d.lvo 507/93 «L’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati».
2.3 Si tratta quindi di un’esenzione fiscale, come tale, da ritenersi di stretta interpretazione (cfr. tra le molte, più di recente, Cass. civ. sez. 5 7 febbraio 2013, n. 2915).
2.4 Il D.L. 22 febbraio 2002, n. 13, art. 2 bis, comma 6, convertito in L. 14 aprile 2002, n. 75, ha poi chiarito che « si definisce insegna di esercizio la scritta di cui al Reg. di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 47, comma 1, che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività economica. In caso di pluralità di insegne l’esenzione è riconosciuta nei limiti di superficie di cui al comma 1». Di analogo tenore è il richiamato D.P.R. n. 495 del 1992, art. 47, comma 1, che definisce «insegna>> «la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da un simbolo o da un marchio realizzata e sopportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa. Può essere luminosa sia per luce propria che per luce indiretta> >. Deriva che le insegne ubicate in luoghi diversi dalla sede sono soggette all’imposta (Cass. 7348/2012).
2.5 La decisione della CTR di attribuire ai pannelli la natura di insegne di esercizio e non di insegne pubblicitarie poggia sulla seguente motivazione: «i supporti pubblicitari in questione risultano inseriti all’interno dei distributori automatici di fotografie e concorrono quindi a contraddistinguere in modo chiaro l’attività che la società svolge all’interno dei propri supporti commerciali».In altre parole secondo quanto sostenuto dai giudici di seconde cure il distributore deve intendersi quale sede di svolgimento dell’attività – unità commerciale.
2.6 Sul punto questa Corte, con riferimento alle macchine distributrici di alimenti e bevande (cfr Cass.nr 27246/2014, nr. 13023/2015, 29086/2018) e più recentemente anche in relazione alle apparecchiature automatiche erogatrici di fototessere (cfr. Cass. nr 7783/2019) ha affermato che tali postazioni non possono in alcun modo essere identificate come sede di impresa. Ciò in quanto o si ha riguardo alla sede legale e/o statutaria essendo la ricorrente società di capitali, o alla sede effettiva da intendersi nel luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’Ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti.
Escluso per evidenti ragioni che il distributore automatico di fototessere possa ricondursi al concetto, come sopra richiamato, tanto di sede legale quanto di quella effettiva di esercizio dell’attività sociale non può neanche ipotizzarsi un rapporto pertinenziale con la sede della società, in ragione dell’ampia diffusione territoriale che impedisce a monte la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore alla sede sociale.
2.7 Le postazioni di distribuzione delle fototessere, pur consentendo attraverso una procedura meccanica operazioni negoziali di scambio tra il prodotto fornito dall’apparecchio automatico e il corrispettivo pecuniario versato dall’utente, possono piuttosto essere ricondotte ai singoli beni, dislocati in diversi punti del territorio nazionale, facenti parte di quel «complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa» che secondo la definizione contenuta nell’art. 2555 cc costituisce l’azienda.
2.8 La CTR si è dunque discostata dai principi enunciati dalla consolidata giurisprudenza.
3. Il secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
3.1 L’argomento della prova delle dimensione della cabina è del tutto inconferente con la “ratio decidendi” incentrata sul riconoscimento dell’esenzione dal tributo in ragione del fatto che le indicazioni divulgative di cui ai pannelli apposti sui distributori automatici si riferivano a beni contenuti negli stessi box di distribuzione. L’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza « con riferimento inoltre al requisito della superficie non è stata provata l’effettiva entità della stessa da parte del concessionario»risulta non coerente con la linea difensiva tenuta dal concessionario che, come argomentato nella censura, non solo non ha mai dedotto che alcuno dei distributori avesse dimensioni superiori a mq 5 ma ha espressamente dato atto che negli avvisi di accertamento sono state riportate le misurazioni per ciascuna cabine tutte inferiori a mq 5.
4. In accoglimento del ricorso l’impugnata sentenza va cassata e la causa non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto può essere decisa nel merito , ai sensi dell’art. 384 2° comma cpc, con il rigetto dell’originario ricorso proposto da D.A. srl.
5 La peculiarità della fattispecie e l’assenza di specifici precedenti di legittimità alla data di proposizione del ricorso rendono equo compensare interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il secondo, cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso.
Compensa tra le parti le spese relative all’intero giudizio.
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