CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2021, n. 15758
Tributi – IRPEF – Cessione a titolo oneroso di terreno – Plusvalenza – Affrancamento ex art. 7, Legge n. 448/2001 – Valore iniziale determinato sulla base di una perizia giurata asseverata in data successiva alla cessione – Legittimità
Rilevato che
1. G.D.P. (alla quale nel corso del giudizio è succeduta, a titolo ereditario, la figlia M.D.B.) impugnò l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRPEF, per il 2003, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di un terreno, e dedusse l’insussistenza della plusvalenza in quanto ella aveva proceduto alla rivalutazione del valore del terreno trasferito, sulla base di una perizia di stima asseverata;
2. la CTP di Potenza rigettò il ricorso, con sentenza (n. 80/03/2009) riformata dalla CTR della Basilicata, la quale, con la pronuncia sopra menzionata, ha accolto l’appello della contribuente ed ha compensato le spese del grado, sul rilievo che (cfr. pag. 3 della sentenza): «Tanto il dato letterale quanto la ratio dell’art. 7 della I. 448/2001 […] escludono che […] la perizia di rivalutazione e la sua asseverazione debbano necessariamente precedere la cessione del bene. Ciò ancor più ove si consideri che tale perizia ha la precipua finalità di consentire la diversa modalità di calcolo dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza, in ragione del 4%, entro la data del primo unico versamento della stessa imposta. Tale finalità è stata pienamente rispettata nel caso di specie, avendo la contribuente versato il dovuto sul valore rivalutato entro il 30.09.2004, operazione questa di cui vi è riscontro in atti e, precisamente, nel quadro RM della dichiarazione PF 2004 relativa all’anno d’imposta 2003.»;
3. l’Agenzia ricorre con due motivi e la contribuente resiste con controricorso, nel quale propone ricorso incidentale, con un motivo;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso principale [«1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 448/2001 in combinato disposto con l’art. 68 secondo comma lett. b) Dpr n. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura l’errore di diritto della sentenza impugnata per non avere rilevato che, nella specie, trattandosi della cessione a titolo oneroso di un terreno, con atto di compravendita registrato in data 01/08/2003, e di una relazione di stima, che azzerava la plusvalenza derivante dalla cessione, redatta in data 09/06/2004 e asseverata il 17/06/2004, la plusvalenza, anteriore alla perizia, doveva essere determinata ai sensi dell’art. 68, comma 2, t.u.i.r., e non operava l’agevolazione ex art. 7, della legge n. 448 del 2001, che elimina la plusvalenza innalzando il valore fiscale del terreno, giacché non è conforme alla ratio della disposizione agevolativa riconoscere la rilevanza fiscale della perizia giurata intervenuta successivamente alla cessione del terreno;
2. con il secondo motivo [«2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 comma 1 lett. b) Dpr n. 917/1986 e dell’art. 7 comma 4 I. 448/2001 in combinato disposto con gli artt. 1376, 1470 e 1703 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia assume che è incontestato che la perizia di rivalutazione del terreno a fini fiscali era stata redatta da un geometra incaricato in data 04/06/2004, quando la contribuente/cedente, ormai priva della disponibilità del terreno (trasferito in data 28/07/2003), non era più legittimata a conferire alcun mandato; conseguentemente, imputa alla CTR di avere trascurato che quella perizia, successiva al trasferimento del bene, era irrilevante ai fini dell’agevolazione fiscale ex art. 7, cit., ragione per cui trovavano applicazione gli ordinari criteri di tassazione della plusvalenza da cessione, fissati dall’art. 67, comma 1, lett. b), t.u.i.r.;
3. i due motivi, suscettibili d’esame congiunto poiché pongono la medesima questione di diritto, non sono fondati; la sentenza qui impugnata è in linea con la consueta giurisprudenza sezionale (Cass. 25/11/2020, n. 26808, che cita Cass. 04/12/2014, n. 25721; 28/09/2016, n. 19242; 09/05/2013, n. 11062; 30/12/2011, n. 30729), che non necessita di alcun revirement, per la quale «In tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lett. a) e b), T.U.I.R., [attuale art. 67 ] per i terreni edificabili e con destinazione agricola, a norma dell’art. 7 della I. n. 448 del 2001, può essere assunto come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello alla data del 1 gennaio 2002, determinato sulla base di una perizia giurata anche se asseverata in data successiva alla stipulazione, attesa l’assenza di limitazioni poste a tal proposito dalla legge e l’irrilevanza di quanto invece previsto da atti non normativi, come le circolari amministrative.». È utile rimarcare che analogo principio di diritto si attaglia al caso di specie, la cui particolarità, del tutto irrilevante rispetto all’operatività della disposizione agevolativa — che (anche) sotto questo particolare profilo non pone alcuna limitazione temporale — sta nel fatto che a una data successiva alla cessione risale non soltanto (come nel caso esaminato da Cass. n. 26808/2020) l’asseverazione (della perizia), ma anche il mandato conferito dalla contribuente, a pieno titolo, al professionista per la redazione della perizia giurata di stima del valore del terreno ex art. 7, comma 1, legge n. 448 del 2001;
4. con l’unico motivo di ricorso incidentale [«1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 92, comma 2 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.»], la contribuente addebita alla Commissione regionale di non avere spiegato le ragioni della disposta compensazione, tra le parti, delle spese del grado e di essersi limitata a statuire sul punto in dispositivo;
4.1. il motivo non è fondato;
la censura (cfr. pagg. 16, 17 del ricorso per cassazione), secondo cui testualmente «il giudice a quo non ha affatto motivato la compensazione delle spese limitandosi ad enunciarla soltanto nel dispositivo», è prospettata come error in iudicando (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) anziché come error in procedendo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), quale il difetto assoluto di motivazione in relazione alla statuizione sulle spese del grado. Tuttavia, l’erronea intitolazione del motivo non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., se dall’articolazione sia chiaramente individuabile (come nel caso all’esame) il tipo di vizio denunciato (Cass. 07/11/2017, n. n. 26310; conf.: Cass. Sez. U., 24/07/2013, n. 17931); ciò precisato, però, la critica è priva di fondamento in quanto, al momento della sentenza d’appello, si contava un solo precedente massimato, ciò che costituiva giustificato motivo per disporre la compensazione delle spese processuali, sicché la statuizione del giudice d’appello va confermata, previa integrazione, ai sensi dell’art. 384, cod. proc. civ., della motivazione della sentenza, in sé lacunosa. Tale soluzione è in termini con l’insegnamento delle Sezioni unite (Cass. Sez. U. 02/02/2017, n. 2731) per cui «La mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto.»;
5. ne consegue il rigetto del ricorso principale e dell’incidentale;
6. le spese del giudizio di cassazione vanno compensate, tra le parti, a causa della loro soccombenza reciproca;
7. limitatamente al ricorso principale dell’Agenzia, rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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