CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 luglio 2021, n. 19237
Tributi – Accertamento – Reddito di impresa – Costi ritenuti non deducibili – Requisito di inerenza – Onere di prova a carico del contribuente
Rilevato che
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della R.C.I. S.p.A. di avviso di accertamento, relativo a IVA, IRPEG e IRAP dell’anno di imposta 1999, con il quale erano stati recuperati a tassazione costi privi di riscontro alle voci contabili esaminate, la Commissione tributaria regionale della Puglia-Sezione staccata di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la prima decisione con cui la C.T.P. aveva, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Società, rideterminato i recuperi operati dall’Ufficio, annullando i rilievi relativi alla deducibilità dei costi per carburanti, manutenzioni e riparazioni e riducendo quelli relativi al contratto “management fee”.
In particolare, il Giudice di appello, premesso di non potere formulare alcun giudizio in merito alla decadenza dell’azione tributaria (ribadita con appello incidentale dalla Società) in quanto la stessa era collegata alla validità o meno della richiesta di condono, il cui petitum era sottoposto al vaglio di altro giudice, nel merito, riteneva:
in ordine ai costi relativi agli automezzi e alle spese di assicurazione che gli stessi andavano riconosciuti in quanto corretti, effettivi e inerenti;
in ordine alle spese di carburante e di riparazione, che la mancanza di qualche elemento, solo formale, non ne consentiva il disconoscimento, avendo la contribuente provato la corretta contabilizzazione e il pagamento;
in ordine al contratto di management che i costi erano inerenti e che la corresponsione ad altra società specializzata di somme eccedenti la percentuale base non legittimava l’Ufficio a disconoscere i relativi costi per servizi che erano stati effettivamente prestati.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso su unico motivo.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis-1 cod.proc.civ., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale, la Società che aveva già depositato procura speciale, ha depositato memoria.
Considerato che
con l’unico motivo, articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod.proc.civ., l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 600/1973.
Si evidenzia, in particolare, l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. laddove, avendo l’Ufficio contestato l’inerenza, la congruità e la certezza dei costi, gravava sulla contribuente la relativa prova documentata e si ribadisce, con riguardo a ciascun rilievo, annullato dai giudici di merito, la legittimità e fondatezza della pretesa tributaria e del relativo error in iudicando commesso dalla C.T.R.
Il mezzo di impugnazione, contrariamente a quanto dedotto in memoria dalla Società, è ammissibile. Con lo stesso, infatti, la ricorrente ha mosso puntuali censure alle argomentazioni svolte dal Giudice di merito, evidenziando le ragioni per le quali si ritiene che tali argomentazioni concretizzino violazione di legge.
Il motivo di ricorso è pure fondato.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, di recente ribadito da Cass. n. 2224 del 02/02/2021, <<in tema di reddito d’impresa, ai fini della deducibilità dei costi sostenuti, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza, intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione;>>.
In precedenza, si era già specificato (v.Cass. n. 13588 del 30/05/2018) che <in tema di deducibilità dei costi, l’inerenza, desumibile dall’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (in precedenza, art. 75, comma 5, del detto decreto), deve essere riferita all’oggetto sociale dell’impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì una correlazione tra costo ed attività di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile, ma – a differenza di quanto avviene ai fini della detrazione dell’IVA, rispetto alla quale il concetto ha valenza esclusivamente qualitativa – nelle imposte dirette l’antieconomicità di una spesa, ossia la sproporzione sul piano quantitativo, può costituire significativo sintomo della non inerenza della stessa>>.
Con riguardo ai costi, ripresi a tassazione in quanto non ritenuti deducibili, perché duplicativi di servizi e prestazioni già comprese nel contratto di Management Fee, stipulato tra la resistente e la Robinson Club GMHBH di Hannover, e rispetto al quale l’Ufficio aveva ritenuto deducibile l’importo previsto nel sopradetta convenzione, la Commissione regionale, nel ritenerne l’inerenza, si è discostata dai superiori principi laddove si è limitata a mere enunciazioni astratte, sulla opportunità imprenditoriale di tali scelte, peraltro genericamente enunciate, ed ha, poi, invertendo l’onere probatorio, rilevato che non risultava dimostrato che tutti i servizi inseriti nel contratto di management non siano stati resi o che gli stessi non abbiano comportato significativi vantaggi.
Eguali considerazioni vanno svolte in ordine agli ulteriori costi per riparazioni, manutenzioni e carburanti laddove la C.T.R., a fronte degli elementi fattuali portati dall’avviso di accertamento, ha dato rilievo a circostanze generiche, in parte non dimostrate e, soprattutto, è giunta alla conclusione dell’inerenza degli stessi, addossando il relativo onere probatorio all’Ufficio e non, come da insegnamento consolidato di questa Corte, alla contribuente.
Nessuna rilevanza, poi, può essere data alla relazione della Società di revisione sui bilanci della resistente, perché inammissibilmente prodotta dalla Società con inserimento nelle memorie, cosi come di nessun pregio può ritenersi quanto evidenziato, sempre in sede di memoria, in ordine all’avvenuta definizione, ai sensi dell’art. 15, comma 5, della legge n. 289 del 2002, dei p.v.c. relativi alle schede carburanti, in quanto avverso tale definizione è stato opposto dall’Amministrazione atto di diniego che, impugnato dalla Società (come evidenziato dalla stessa C.T.R.) è stato, a quanto evidenziato dalla ricorrente e non smentito dalla contribuente, confermato con sentenza passata in cosa giudicata.
In conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia-sezione di Lecce, in diversa composizione, la quale, provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi, e regolerà’ le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia-sezione di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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