CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 luglio 2021, n. 19315
Previdenza – Debiti contributivi – Mancata opposizione alle cartelle – Prescrizione – Termine
Ritenuto che
Con sentenza del 19 marzo 2015, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma di sentenza del tribunale di Viterbo, rigettava la domanda proposta dalla signora R. di accertamento negativo di debiti contributivi relativi a cartelle esattoriali inopposte ed a connessa iscrizione ipotecaria.
In particolare, la corte territoriale rilevava che la questione dell’eventuale prescrizione dei crediti maturati prima della notifica della cartella era preclusa dalla mancata opposizione alle cartelle e che, quanto alla prescrizione maturata dopo la notifica, non era decorso il termine prescrizionale (da ritenersi – in ragione delle incontrovertibilità del credito e della regola generale – decennale, e non quinquennale come ritenuto invece dal giudice di prime cure), computato a partire dalla data di notifica della cartelle rimaste inopposte e la data di iscrizione ipotecaria.
Avverso tale sentenza ricorre la contribuente per un motivo, illustrato da memoria, cui resistono con controricorso INPS, INAIL ed Equitalia; il Ministero di lavoro ha depositato memoria al solo fine di partecipare all’udienza.
Considerato che
Con unico motivo si deduce violazione dell’articolo 2946 e 2953 c.c., 3, comma 9 e 10, legge 335/1995, e 474 c.p.c., per avere la sentenza impugnata trascurato che l’articolo 2953 c.c. prevede solo i titoli giudiziali e che la regola generale per i contributi previdenziali assistenziali è la prescrizione quinquennale e non decennale.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte a sezioni unite (Cass. Sez. U, Sentenza n. 23397 del 17/11/2016, Rv. 641632 – 01) ha chiarito che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’ 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla l. n. 122 del 2010).
Il principio è stato poi ribadito da Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 12200 del 18/05/2018, Rv. 648208 – 01 e da Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1826 del 27/01/2020, Rv. 656719 – 01, ed altre ancora.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta all’indicato principio, deve pertanto essere cassata.Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando prescritti i contributi in questione.
Le spese, liquidate come da dispositivo per i tre gradi di giudizio, seguono la soccombenza dei controricorrenti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara prescritti i contributi; condanna i controricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite che si liquidano per il giudizio di legittimità in euro 3000 per competenze e 200 per esborsi, per l’appello in euro 2000 per competenze e 200 per esborsi, per il primo grado di giudizio in euro 1500 per competenze e 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge per ciascun grado.