CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 luglio 2021, n. 19323
Rapporto di lavoro – Trasferta – Svolgimento di attività di operatori di vendita con mansioni itineranti – Prova
Rilevato che
la società Rag. A.O. s.r.l. ha proposto opposizione avverso l’avviso di addebito con il quale l’I.N.P.S. aveva preteso il pagamento di somme per recuperi contributivi riguardanti la sottoposizione a contribuzione degli importi erogati ad alcuni dipendenti a titolo di trasferte mentre, secondo l’I.N.P.S., non sussistendo le condizioni per giustificare tali erogazioni, le medesime dovevano essere qualificate quali retribuzioni;
accolta l’opposizione in primo grado, sul presupposto che era stata raggiunta la prova che i lavoratori interessati dall’accertamento avessero svolto attività di operatori di vendita con mansioni itineranti chiamati ad operare sistematicamente in regime di trasferta, tale pronuncia veniva riformata in grado di appello;
la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 488/2015, affermava essere rilevante la circostanza che la società non aveva mai contestato la fissità della misura indennitaria erogata per ciascun lavoratore a prescindere dalle trasferte documentate, né che tali importi fossero stati erogati solo ad alcuni tra i dipendenti che effettuavano le vendite a domicilio ed in misura identica, a prescindere dal livello di inquadramento di ciascuno, sicché quanto corrisposto a titolo di trasferta risultava avere esclusiva natura retributiva;
avverso la sentenza Rag. A.O. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, poi illustrato da memoria;
l’I.N.P.S. ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso, la s.r.l. Rag. A.O. s.r.l. lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, commi 5 e 6, (t.u.i.r.) ;
sostiene la ricorrente che la Corte territoriale si sarebbe basata su esclusive valutazioni in fatto, prescindendo del tutto dai parametri di legge contenuti nell’art. 51, commi 5 e 6, al fine di individuare la figura del c.d. trasfertista;
sostiene in particolare la ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, riguarda, al fine di regolare la disciplina fiscale e contributiva, l’ipotesi della trasferta intesa come spostamento temporaneo del lavoratore dal luogo in cui è tenuto a rendere la propria prestazione lavorativa che va distinta da quella situazione lavorativa in cui si trovano i cd. trasfertisti abituali, per i quali lo spostamento corrisponde alla ordinaria modalità di esecuzione della prestazione;
il motivo è fondato;
il citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51 al comma 5, prevede che le indennità corrisposte dal datore di lavoro costituiscano reddito imponibile e siano quindi assoggettate a contribuzione solo se eccedenti un determinato valore giornaliero, calcolato al netto dei costi di viaggio;
il successivo comma 6 prevede, invece, che gli importi corrisposti ai “trasfertisti” – ossia ai lavoratori che la norma definisce “tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili” concorrono a formare reddito imponibile e dunque assoggettabile a contribuzione previdenziale nella misura del 50% del relativo ammontare, anche qualora corrisposti con carattere di continuità;
quest’ultimo comma è stato oggetto di interpretazione autentica da parte del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quinquies introdotto dalla Legge di conversione n. 225 del 2016;
tale norma prevede che “1. l’art. 51, comma 6 testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta. – 2. Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui all’art. 51, comma 6 del testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo art. 51, comma 5”;
le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto che il predetto art. 7- quinquies abbia effettiva natura di norma di interpretazione autentica e quindi trovi applicazione anche ai casi, come quello di specie, le cui fattispecie siano maturate anteriormente all’entrata in vigore della norma interpretativa (Cass., S.U., 15 novembre 2017, n. 27093);
ciò posto, quanto regolato dal complesso della predetta normativa individua dunque una fattispecie generale, sottoposta al regime di cui all’art. 51, comma 5, con contribuzione dovuta nei limiti e secondo i parametri ivi stabiliti ed una fattispecie speciale, che sorge al ricorrere dei presupposti meglio indicati nel citato art. 7-quinquies, che delinea in sostanza una forma tipizzata, quanto alla sede di lavoro ed alla remunerazione, di lavoro subordinato;
gli accertamenti posti in essere dalla Corte territoriale sono stati limitati alla verifica del carattere fisso dell’erogazione monetaria corrisposta ai dipendenti oggetto d’accertamento ispettivo (i venditori B., F., T., F., nonché gli addetti amministrativi E.D. ed O.R.) e, quindi, ai fini della decisione della causa è necessario accertare la ricorrenza dei presupposti in fatto richiesti dalla citata normativa di interpretazione autentica, come del resto statuito in plurimi precedenti di questa Corte su fattispecie analoghe ed in relazione al medesimo complesso normativo qui in esame (tra le molte, v. Cass. 22 giugno 2018, n. 16579; Cass. n. 21410 del 2019);
la decisione va dunque cassata e la causa rinviata, al fine di completare l’accertamento sui predetti punti decisivi, al fine di far rientrare o meno l’ipotesi nell’ambito della disciplina dell’art. 51 cit., comma 6 e non in quella, altrimenti da applicarsi, del comma 5, per quanto erogato a titolo di lavoro in trasferta;
aggiungendosi però che il predetto accertamento, non potendo giungere la normativa fino al punto di rimettere alla sola volontà dei contraenti individuali l’assetto contributivo della vicenda lavoristica (sul tema, seppure con riferimento al requisito di cui all’art. 7-quinquies, lett a, cit., v. la stessa Cass. S.U. 27093/2017, punto 29), non potrà riguardare
solo il concreto andamento dei pagamenti quali attuati o pattuiti dalle parti, ma anche, nei limiti in cui le regole sulle preclusioni istruttorie lo consentano in questo giudizio, la conformazione degli obblighi di remunerazione quali delineati dalla contrattazione collettiva rispetto ad una situazione, quale accertata dalla Corte del merito, di lavoro in luoghi sempre variabili e diversi;
con la precisazione ulteriore che l’esistenza di un obbligo di fonte collettiva che prevedesse pagamenti nei termini di cui alla citata lett. c) non permetterebbe, in contrasto con le regole di fondo che regolano il sistema previdenziale (D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1, conv. L. n. 389 del 1989), di esonerare da contribuzione importi che i contraenti individuali, per le più varie ragioni, ritengano di regolare tra loro in modo diverso;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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