CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 maggio 2018, n. 10904
Lavoro – Attività usuranti – Pensionamento per vecchiaia – Posticipo – Requisiti
Rilevato
– che con sentenza n.2299/2012 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale territoriale, aveva dichiarato il diritto di R.G. a percepire per il periodo 1.11.2005-31.8.2007, l’incentivo al posticipo del pensionamento di cui all’art. 1, comma 12, l. n. 243/2004, anche condannando T. spa al pagamento, in favore del R., della somma corrispondente alla quota di accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria, compresa la quota a carico del lavoratore, per il periodo in questione, ed infine condannando l’Inps alla restituzione, in favore di T. spa, delle sommerai lavoratore per il titolo sopra indicato;
– che la Corte aveva ritenuto pacifico che il R., in quanto appartenente alla categoria degli addetti ad attività usuranti, usufruisse di un anticipo del limite anagrafico per la pensione di vecchiaia, anticipato al 58 ° anno di età;
– che l’art. 1 della legge n. 243/2004 stabiliva il diritto al bonus, rimettendo al successivo decreto ministeriale la sola determinazione delle modalità di erogazione e riconoscimento senza alcuna ulteriore delega, sicché il richiamo ai requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia inseriti nel decreto, dovevano considerarsi estranei alla delega assegnata dalla legge con la conseguente illegittimità del decreto e la sua disapplicazione;
– che contro la sentenza ha proposto ricorso T. Spa affidandolo ad un unico motivo;
– che l’Inps si è difeso con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un solo motivo, cui è seguito il controricorso del R.;
Considerato
1) – Che deve preliminarmente disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dal R. relativa alla assenza di una domanda originaria di T. di rigetto della domanda del lavoratore con conseguente carenza di interesse della società.
A riguardo si osserva che quest’ultima si era limitata a chiedere la propria estromissione dal giudizio o, in subordine, la manleva da parte dell’Inps di quanto eventualmente condannata a pagare in ragione del riconoscimento del diritto al bonus;
2) – che tali richieste non sono qualificabili come acquiescenza in quanto non significative del riconoscimento del diritto vantato dal lavoratore, ma solo di rimessione alla valutazione del Giudice e che pertanto persiste un interesse alla impugnazione trattandosi di domanda con effetti sugli oneri retributivi;
3) – che i motivi del ricorso principale ed incidentale possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi diretti all’accertamento della violazione della legge n. 243/2004, nel riconoscimento del diritto del R. a fruire del bonus per il periodo successivo al compimento dell’età anagrafica posta, per gli appartenenti alle categorie degli addetti ai lavori usuranti, per accedere al pensionamento per vecchiaia;
4) – che i motivi risultano fondati alla luce dell’orientamento già espresso da questa Corte in precedenti controversie di analogo contenuto e secondo il quale “l’art. 1, comma 12, della legge 23 agosto 2004, n. 243, in base alla sua interpretazione letterale e logico-sistematica, va intesa nel senso che il “bonus” ivi previsto (consistente nella possibilità, per le categorie di lavoratori indicate, di ottenere in busta paga la somma corrispondente alla complessiva contribuzione per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, che il datore di lavoro è tenuto a versare agli enti previdenziali, previa rinuncia all’ordinario accredito dei contributi stessi) non può essere attribuito a coloro che abbiano conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia, in quanto tale beneficio, espressamente finalizzato ad incentivare il posticipo del pensionamento, e destinato a coprire il periodo intercorrente tra il momento in cui l’interessato (in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità) esercita la facoltà di ottenerlo e quello della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, in cui si ripristina l’obbligo contributivo del datore di lavoro” (Cass. n. 15356/2014);
5) – che questa Corte ha poi soggiunto che il ‘bonus’ in questione non può essere attribuito a coloro che abbiano conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia, inclusi i lavoratori soggetti a lavori usuranti che, avendo maturato tali requisiti a 58 anni, abbiano tuttavia posticipato il pensionamento fino al 65° anno di età, valevole per tutti i lavoratori dipendenti, esercitando l’opzione di cui all’art. 6 della I. n. 407 del 1990, come modificato dall’art. 1, comma 2, del d. Igs. n. 503 del 1992.
La ‘ratio’ del beneficio è, infatti, quella di contenere la spesa pubblica scongiurando il ricorso alle pensioni di anzianità, con la conseguenza che, qualora il lavoratore prosegua nel rapporto di lavoro oltre il termine previsto dalla legge per l’accesso alla pensione di vecchiaia, viene meno la possibilità dell’evento che la norma intendeva evitare e non si giustifica l’erogazione del ‘bonus’ (Cass n. 18663/2017).
6) – che in conclusione i ricorsi, principale ed incidentale, meritano di essere accolti e la sentenza della Corte di appello di Roma cassata, perché non si è attenuta ai principi sopra espressi, con la conseguente pronuncia di rigetto della originaria domanda del R., cui questa Corte provvede, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito.
Le spese di tutti i gradi del processo devono essere compensati in ragione della novità della questione affrontata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di R.G., compensa le spese di tutti gradi del processo.
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