CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 maggio 2020, n. 8616
Gestione Commercianti – Socio accomandatario di S.a.s. – Locazione dei locali di un immobile di proprietà e affitto d’azienda – Presunzione di esercizio di una attività imprenditoriale – Non sussiste
Rilevato
che la Corte di Appello di Firenze, con sentenza contestuale letta all’udienza del 12.11.2013, ha accolto il gravame interposto da E.C., nei confronti dell’INPS e della S.C.C.I. S.p.A. – società di cartolarizzazione dei crediti INPS, avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 1304/2013, con la quale era stato dichiarato che la C. avesse l’obbligo di iscriversi alla cd. Gestione Commercianti, perché, quale socia accomandataria di una S.a.s. che aveva dato in locazione i locali di un immobile ed aveva affittato un’azienda, doveva presumersi che esercitasse attività commerciale;
che la Corte di merito, al riguardo, ha osservato che <<l’appello doveva essere accolto, poiché l’INPS -su cui gravava il relativo onere non aveva dato prova dei fatti costitutivi dell’obbligo della C. di iscrizione nelle liste dei commercianti ed, in particolar modo, non vi era prova dell’esercizio di un’attività commerciale da parte della società di cui la stessa era socia accomandataria, tale non potendo essere quella svolta per mezzo di un’impresa che affitta un’azienda e loca un immobile a terzi»;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei propri crediti S.C.C.I. S.p.A., articolando un motivo, cui resiste con controricorso E.C.;
che il P.G. non ha formulato richieste
Considerato
che, con il ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 della l. n. 613 del 1966; 1 della l. n. 1397 del 1960, come modificato dall’art. 1, comma 203, della l. n. 662 del 1996, dell’art. 2 della stessa l. n. 1397 del 1960; 2313, 2318 e 2697 c.c. ed in particolare, si deduce che la costituzione in forma societaria, ma diversa dalla società semplice, facesse presumere l’esercizio di una attività imprenditoriale e che spettasse, quindi, alla C. – che negava che vi fosse stato svolgimento di commercio – dimostrarlo in concreto, poiché, a parere della parte ricorrente, l’oggetto societario non consisteva solo nel godimento di immobili;
che il motivo non è fondato, in quanto la Corte territoriale è pervenuta alla decisione oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., in particolare e tra le molte, Cass. nn. 25082/2018; 15896/2018; 7910/2017; 3145/2013) -, secondo cui «il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla Gestione Commercianti è lo svolgimento di un’attività commerciale», conformemente a quanto previsto dalla l. n. 662 del 1996, all’art. 1, comma 203, che ha sostituito il testo dell’art. 29 della l. n. 160 del 1975, in materia di requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali;
che, nella fattispecie, la Corte di Appello ha condivisibilmente affermato, sulla base di un accertamento in fatto, censurato solo in modo generico dall’Istituto ricorrente, che la C. S.a.s. di C. E. & C., della quale quest’ultima era socia accomandataria, nel concreto non svolgeva attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili altrui, ma si limitava alla gestione della locazione dei locali dell’immobile di cui era proprietaria ed all’affitto di singoli rami di azienda, quali il bar, il ristorante e l’albergo;
che, come innanzi osservato, la pronunzia oggetto del presente giudizio è del tutto in linea con il principio, in più occasioni ribadito da questa Suprema Corte, alla stregua del quale «la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge una attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare» (cfr., ex plurimis, Cass. n. 3145/2013, cit.);
che, con riferimento alle società in accomandita semplice, come è noto, «ai sensi dell’art.1, comma 203, della l. n. 662 del 1996, che ha modificato l’art. 29 della l. n. 160 del 1975, e dell’art. 3 della l. n. 45 del 1986», la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a fare sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, «essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’Istituto» (v. Cass. nn. 25082/2018, cit.; 28021/2017; 27376/2016; 17643/2016; 3835/2016): prova che, nella fattispecie -secondo quanto, motivatamente e condivisibilmente, hanno affermato i giudici di merito-, non è stata fornita, essendo risultato delibato che la C. si limitava ad apporre le firme necessarie alla gestione dei contratti di locazione dell’immobile societario;
che, pertanto, dovendosi tenere in considerazione soltanto lo svolgimento in concreto di una attività commerciale, a nulla rileva il contenuto dell’oggetto sociale; né, peraltro, si configura una simulazione del rapporto societario, infondatamente ipotizzata dall’INPS come necessaria;
che, per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso va respinto;
che le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese dei giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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