CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2018, n. 5436
Tributi – IRPEF – Previdenza integrativa aziendale FondoEnel – Prestazioni erogate in forma capitale – Regime di tassazione
Rilevato che
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro P. G. per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma, sezione 22^, n. 320/22/13 del 12 giugno 2013, depositata il 29 ottobre 2013 e non notificata, concernente l’impugnativa da parte del contribuente del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso relativa all’importo che l’Enel, in qualità di sostituto d’imposta, aveva indebitamento trattenuto alla fonte per il pagamento dell’IRPEF su di una somma versata quale capitalizzazione di una forma di previdenza integrativa aziendale (P.I.A.);
2. con la suddetta impugnativa P. G. aveva dedotto la non assoggettabilità a tassazione dell’erogazione previdenziale, o, in subordine, che tale forma di reddito dovesse essere assoggettata a ritenuta nella misura del 12,50% ai sensi dell’art. 6 L. n.482/85;
3. la C.T.P. di Roma, nella contumacia dell’Agenzia delle Entrate, aveva in parte accolto il ricorso, limitatamente alla domanda subordinata, condannando l’Amministrazione al rimborso della differenza tra quanto trattenuto dall’Enel e quanto dovuto, applicando l’aliquota del 12.50% sull’imponibile, determinato ai sensi dell’art.42, comma 4, D.P.R. n. 917/86;
4. la C.T.R. del Lazio, a sua volta, sull’appello dell’Agenzia delle Entrate, aveva statuito che l’aliquota del 12,50% dovesse applicarsi sulla somma relativa al rendimento, secondo i criteri di cui all’art. 42 Tuir, D.P.R. n. 917/86, sul presupposto che le prestazioni fossero maturate anteriormente al primo gennaio 2001;
5. con sentenza n.29582/2011 la Corte di Cassazione, sezione tributaria, su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, facendo applicazione del principio enunciato dalle S.U. con sentenza n.13642/2011 (richiamato oltre, nelle considerazioni in fatto), aveva accolto parzialmente il ricorso, cassando con rinvio ad altra sezione della C.T.R. del Lazio perché accertasse “il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore”;
6. la C.T.R. del Lazio, in sede di rinvio, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello dell’Ufficio e dichiarato dovuto al contribuente il rimborso nella misura di euro 132.840,12;
7. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, P. G. si costituisce con controricorso, replicando al ricorso;
8. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21 dicembre 2017, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
9. il ricorrente depositava memorie;
Considerato che
1.1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. n. 546/92, degli artt. 384, 392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.. In primo luogo, secondo la ricorrente, la C.T.R. del Lazio, in violazione dell’art. 394 c.p.c, avrebbe ritenuto preclusa all’Ufficio ogni contestazione in ordine all’entità del rendimento, ritenendo quest’ultimo sufficientemente provato dalla certificazione Enel del 14 ottobre 2005, invece priva di idoneità probatoria; in secondo luogo la C.T.R. del Lazio avrebbe ritenuto erroneamente che la sentenza di rinvio le avesse demandato unicamente il compito di accertare il “quantum” del rendimento di polizza e non se vi fosse stato anche l’impiego sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato; in terzo luogo la C.T.R. del Lazio avrebbe confuso “il rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato” con le “somme corrispondenti al rendimento di polizza”, con evidente fraintendimento del principio enunciato dalle S.U.
Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c.e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., poiché il giudice di rinvio avrebbe ignorato la circostanza, non contestata dalla controparte, secondo cui, nella vigenza della PIA, l’Enel non ha impiegato i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro sul mercato finanziario, ma si è limitata ad accantonare in bilancio le somme necessarie per far fronte agli obblighi derivati dall’accordo Enel – Fndai del 16 aprile 1986, istitutivo della PIA;
Con ¡I terzo motivo, subordinato al mancato accoglimento del primo, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’assenza di impiego sul mercato da parte del Fondo PIA dei capitali in esso affluiti.
1.2. I motivi risultano connessi, perché dipendono dalla soluzione di identiche questioni, e devono essere esaminati congiuntamente; essi sono fondati e vanno accolti.
1.3. Ed invero, la sentenza della Corte di Cassazione n. 29581/2011, vincolante nel presente giudizio, ha recepito il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, secondo cui “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124/93, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al Dpr 917/86 art. 16 c. 1 lett a) e 17 (TUIR) solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. “rendimento” si applica la ritenuta del 12,50% , prevista dalla L. n. 482/85, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al DPR 917/86, art. 16, comma 1, lett a) ed art. 17 TUIR”. Secondo le Ss. Uu. dunque, per gli iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124/93, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione prevalente, in assenza di una disciplina tributaria specifica, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”. Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. 482/85 art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica ai contribuenti che, come nel caso di specie, sono iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale, FONDENEL o PIA, da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124/93, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengono dalla liquidazione del rendimento di polizza, per tale dovendosi intendere , come espressamente precisato dalle Sezioni Unite” il rendimento netto del capitale accantonato”, vale a dire quello imputabile alla gestione sul mercato delle risorse da parte del Fondo. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte si è già attestata, con numerosissimi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento (v. ex aliis Cass. 29/12/2011, n. 29583; Cass. 1.2/01/2012, n. 280; Cass. 04/04/2012, n. 5376; Cass. 25/05/2012, n. 8320; 27/03/2013, nn. 7724-7728; Cass. 22/05/2013, nn. 12491-12496; Cass. 02/10/2013, n. 22492; Cass. 09/10/2013, n. 22950; Cass. 12/02/2014, n. 3132; Cass. 12/02/2014, n. 3136; Cass. 19/03/2014, n. 6380; Cass. 09/04/2014, n. 8310; Cass. 04/02/2015, n. 1977; Cass. 22/05/2015, n. 10604; Cass. 13/01/2017, n. 720). Costituiscono, quindi, il “rendimento netto” le “somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (Cass. sent. nn.10285/2017 e 24525/2017).
1.4. Nel caso di specie, il giudice di rinvio, cui la sentenza n. 29581/2011 della Corte ha demandato il compito di accertare “la natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%”, sulla base degli atti in suo possesso, ha ritenuto che “la redditività degli accantonamenti effettuati a bilancio per il finanziamento delle relative prestazioni previdenziali è stata pari a quella ottenuta in via generale dall’intero patrimonio della società nella complessiva gestione operativa”, sul presupposto che non via sia stata una gestione separata del Fondo. Il rendimento netto di polizza, quindi, secondo la C.T.R. del Lazio, va identificato nella corrispondente quota degli utili che il citato patrimonio della società produce annualmente.
1.5. Tale soluzione non è condivisibile. “Il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla “gestione sul mercato” del capitale accantonato identifica la ragione stessa della più favorevole tassazione di tale reddito, rappresentata dall’essere questo il risultato degli investimenti effettuati dall’ente di gestione della somma versata. L’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo L. n. 482 del 1985, ex art. 6 si giustifica, quindi, in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dall’art. 41 (ora 44), comma 1, lett. g- quater), e art. 42 (ora 45), comma 4 T.U.I.R.. Non già, dunque, per effetto di una diretta riconduzione della fattispecie alla previsione di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (invero espressamente riferita solo ai capitali corrisposti da “imprese di assicurazione” in dipendenza di “contratti di assicurazione sulla vita, esclusi quelli corrisposti a seguito di decesso dell’assicurato”), ma solo in via di applicazione analogica di tale disposizione ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione, analogia a sua volta giustificata dalla comune considerazione delle due fattispecie nel T.U.I.R., quali ipotesi omogenee di redditi di capitale. Solo se e in quanto nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitale derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6″ (Cass. sent. nn. 10285/2017 e 24525/2017 sopra citate).
È però da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, poiché tale coerenza costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato.
Reputa questo Collegio che tale orientamento, del tutto prevalente, meriti sostanziale condivisione, dovendosi confermare che sono tassabili con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6 i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato.
In ragione delle considerazioni che precedono, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate appare fondato, poiché il giudice di rinvio, avendo accertato che non vi è stata una gestione separata del Fondo, ha ritenuto che si dovesse identificare il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato” con una quota della redditività generale dell’intero patrimonio sociale, quota che ha determinato sulla base della perizia giurata del 2012 e della certificazione dell’Enel rilasciata il 14 ottobre 2005 mediante un’operazione matematica del tutto astratta ed indipendente dall’effettivo rendimento sul mercato della somma accantonata.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio in diversa composizione, affinché valuti se possano identificarsi «redditi di capitale derivanti da contratti di capitalizzazione» per i capitali riferibili alla gestione Fondenel nel periodo dal 1998 al 2000, con conseguente applicazione del meccanismo impositivo di cui all’art. 6 Legge n. 482 del 1985;
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla C.T.R. del Lazio anche sulle spese.
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