CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2019, n. 6673

Fallimento – Insinuazione allo stato passivo – Domanda di ammissione per le quote di TFR maturate dopo il 1 gennaio 2007 e non versate dal datore di lavoro fallito al Fondo Tesoreria dello Stato

Rilevato che

1. con decreto del 7 gennaio 2014 il Tribunale di Napoli, in accoglimento dell’opposizione al passivo del Fallimento Calzaturificio E. Srl in liquidazione proposta da G.L.P., ha ammesso il medesimo allo stato passivo, “con il privilegio ex art. 2751 bis c.c., per euro 31.980,77 a titolo di TFR, di cui euro 4.235,00 accantonati presso l’INPS, ai sensi della legge n. 296/2006”, oltre accessori;

2. per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la curatela del Fallimento con 5 motivi, mentre l’intimato non ha svolto attività difensiva;

3. la Procura Generale, interrogandosi sul “se nei confronti del lavoratore possa assumere efficacia estintiva la prova del regolare adempimento all’obbligo di versamento del contributo al Fondo di Tesoreria presso l’INPS”, ha chiesto la trattazione del procedimento in pubblica udienza;

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva nonché di legitimatio ad causam della Curatela, con conseguente violazione dell’art. 360, n. 4, c.p.c.;

con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99 e 100 c.p.c. per carenza assoluta di legittimazione passiva nonché di legitimatio ad causam della Curatela, sostenendosi che per le somme maturate a titolo di TFR successivamente al 31.12.2006 unico soggetto tenuto al pagamento sarebbe il Fondo di tesoreria istituito presso l’INPS;

con il terzo motivo sì denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 755 e ss. I. n. 296 del 2006, nonché dell’art. 2 del D.M. 30 gennaio 2007, in relazione agli artt. 2114, 2116 e 2120 c.c., ribadendo che il lavoratore, per il TFR maturato successivamente al 31.12.2006, è titolare di un diritto di credito esclusivamente nei confronti del Fondo di tesoreria presso l’INPS, sia nel caso che la società fallita abbia eseguito i versamenti in favore di detto Fondo sia nel caso in cui omise di eseguirli;

con il quarto mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2751 bis, 2753 e 2754 c.c. deducendo che, aderendo alla tesi che il TFR dovuto al Fondo di tesoreria ha natura di obbligazione contributiva, il privilegio riconosciuto avrebbe dovuto essere quello previsto dall’art. 2753 c.c. e non quello di cui all’art. 2751 bis n. 1 attribuito dal decreto impugnato;

con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.1, commi 755 e ss. I. n. 296 del 2006, nonché dell’art. 2 del D.M. 30 gennaio 2007, in relazione agli artt. 2114, 2116 e 2120 c.c., assumendo che il meccanismo previsto dalle predette disposizioni presuppone il proseguimento del rapporto contributivo, onde consentire all’impresa il recupero degli importi eventualmente anticipati a titolo di TFR al lavoratore, sicché nel caso di fallimento questi dovrebbe rivolgere le proprie richieste direttamente al Fondo;

2. i motivi, congiuntamente esaminabili per connessione, non possono trovare accoglimento in quanto, escluso che il decreto impugnato non abbia pronunciato sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Curatela del Fallimento, avendola invece implicitamente respinta con l’ammissione al passivo del credito vantato dal lavoratore proprio contro il fallimento, il Tribunale di Napoli ha fatto in concreto applicazione del principio ancora di recente ribadito da questa Corte secondo cui “in materia di insinuazione allo stato passivo, il lavoratore ha legittimazione alla domanda di ammissione per le quote di t.f.r. maturate dopo il 1 gennaio 2007 e non versate dal datore di lavoro fallito al Fondo Tesoreria dello Stato gestito dall’INPS, ai sensi dell’art. 1, comma 755, della I. n. 296 del 2006, poiché il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa e non perde quindi la titolarità passiva dell’obbligazione di corrispondere il t.f.r. stesso” (Cass. nn. 12007, 12008 e 12009 del 2018, con la copiosa giurisprudenza ivi citata, cui adde Cass. nn. 2152, 2780 e 3884 del 2018);

nella specie parte ricorrente, senza in alcun modo misurarsi con tale giurisprudenza, non ha neanche dedotto l’avvenuto versamento presso il Fondo di tesoreria dell’INPS delle quote di TFR maturate in favore del lavoratore dopo il 1 gennaio 2007, sostenendo piuttosto la legittimazione passiva del Fondo anche nel caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro;

tanto esclude la diretta rilevanza nel caso che ci occupa della questione sollevata dalla Procura Generale, come peraltro ammesso nelle stesse conclusioni formulate, atteso che l’indagine sulla reale efficacia estintiva del versamento presso il Fondo sarebbe necessaria solo ove la stessa si fosse verificata, per cui il Collegio non ravvisa l’opportunità di rimettere la causa alla pubblica udienza;

ne consegue altresì l’infondatezza dell’assunto di parte ricorrente che reputa errata nel decreto impugnato la collocazione in privilegio ex art. 2751 bis c.c. del credito in controversia, considerato che la causa del credito in considerazione della quale la legge accorda il privilegio generale sui mobili del datore di lavoro per i contributi di previdenza sociale di cui agli artt. 2753 e 2754 c.c. va individuata nell’interesse pubblico al reperimento ed alla conservazione delle fonti di finanziamento della previdenza sociale e, quindi, opera per i crediti vantati dagli enti di previdenza e assistenza e non per i crediti di cui è titolare il lavoratore nei confronti del datore di lavoro;

3. in conclusione il ricorso deve essere respinto;

nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’intimato;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.