CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2019, n. 6708
Tributi – Accertamento – Contraddittorio endoprocedimentale – Indagine con accessi, ispezioni e verifiche in loco – Diritti e garanzie del contribuente
Rilevato che
– Con sentenza n. 489/6/17 depositata in data 10 febbraio 2017 la Commissione tributaria regionale della Lombardia (in seguito, la CTR) rigettava l’appello proposto da L.M. (in seguito, la contribuente) avverso la sentenza n. 5803/9/16 della Commissione tributaria provinciale di Milano (in seguito, la CTP) che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2009;
– La CTR concordava con quanto ritenuto dai primi giudici, dovendo considerarsi, tra l’altro, infondata la pregiudiziale eccezione del contribuente di invalidità dell’atto impositivo impugnato in quanto emesso in violazione del contraddittorio endoprocedimentale previsto dall’art. 12, comma 7, L. 212/2000, non vertendosi nel caso di specie in indagine con accessi, ispezioni e verifiche in loco, oltre che infondato l’appello nel merito;
– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che
– Con il primo motivo dedotto -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art.41 comma 2 della Carta dei Diritti Fondamentali UE in relazione al diritto di essere ascoltato prima dell’emissione del provvedimento pregiudizievole, avendo l’Agenzia comunicato gli esiti dell’istruttoria solo con la notifica dell’avviso di accertamento;
– La censura è infondata. Va ribadito che: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823). Nel sistema tributario nazionale, il diritto al contraddittorio consacrato nella previsione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 non è un rimedio generale, ma è specificamente applicabile nel triplice caso di accesso, ispezione o una verifica. Infatti, «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”» (Cass. Sez. Un., ult. cit.);
– Infine, va rammentato che: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Cass. Sez. Un., ult. cit.);
– Orbene, nel caso di specie, per la ripresa circa le imposte dirette, tributo esclusivamente nazionale, non trova applicazione il parametro normativo indicato nel motivo (Carta dei Diritti Fondamentali UE) e, non vertendosi in materia di accesso, ispezione o verifica, non trova applicazione nemmeno il principio del contraddittorio endoprocedimentale di cui all’art.12, comma 7, dello Statuto. Dall’altro, per quanto riguarda la ripresa IVA, va tenuto conto del fatto che il giudice d’appello ha compiuto un accertamento in fatto dell’esistenza di un contraddittorio endoprocedimentale nel caso di specie, sui fatti alla base della ripresa e, dunque, anche ai fini IVA. Inoltre, la contribuente nel motivo non individua alcun elemento a sostegno della “non pretestuosità” dell’opposizione;
– Con il secondo motivo dedotto – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – la contribuente lamenta la violazione degli artt.132, 2°comma n.4 cod. proc. civ. e 118 1° comma disp. att. cod. proc. civ. (motivazione apparente) nella parte in cui la CTR ha ritenuto inverosimile che i ‘versamenti su conto corrente cointestato non fossero riferibili ad operazioni poste in essere da altri, in particolare dal marito della contribuente e cointestatario del conto;
– Il motivo è infondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232);
Rammenta inoltre che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);
– Nel caso di specie, la motivazione che attiene al merito della pretesa erariale, per quanto scarna, individua una ratio decidendi, consistente dall’operatività della presunzione degli accertamenti bancari di cui all’art. 32, n. 2, d.P.R. 600/1973, che la CTR ha ritenuto non essere stata superata dalla contribuente;
– Con il terzo motivo dedotto – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – la ricorrente censura, circa la ripresa Irap, la violazione degli artt.2, comma 1 primo periodo, e 3, comma 1 lett. c) del d.lgs. n. 446/97, per aver la CTR desunto l’esistenza di un’autonoma organizzazione di lavoro per la presenza di una dipendente fissa della contribuente, avvocato;
– Il motivo è fondato. Va al proposito reiterato che «In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione” richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.» (Cass. Sez. Un. 10 maggio 2016 n. 9451);
– In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha escluso l’autonomia organizzativa di uno studio legale dotato soltanto di un segretario e di beni strumentali minimi, e la presente fattispecie è in termini, dal momento che la ripresa riguarda un’unica collaboratrice del contribuente, professionista, e non si ravvisano ragioni per discostarsi dal precedente di questa Corte sopra richiamato;
– In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini sopra indicati, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame, e per il regolamento della spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo ricorso, rigetta il primo e secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese di lite.
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