CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2019, n. 6721
Tributi – Accertamento – Emissione di fatture per operazioni inesistenti – Termini di decadenza dell’accertamento – Ricorso
Atteso che
La ricorrente, quale legale rappresentante della società M.M. Editore, ha ricevuto un avviso di accertamento in relazione alla emissione di fatture per operazioni inesistenti, con relativo recupero di Ires ed IVA.
Ha proposto ricorso avverso tale accertamento, sostenendo, tra l’altro, la decadenza dal relativo potere, in quanto esercitato oltre il termine, seppure in presenza di una denuncia per reati connessi a quella fatturazione.
I giudici di merito hanno rigettato il ricorso.
In particolare quelli di secondo grado hanno ritenuto non applicabile al termine di decadenza la disciplina sopravvenuta, in ragione delle norme transitorie che fanno decorrere la nuova regolamentazione dagli avvisi di accertamento notificati successivamente alla sua entrata in vigore.
La ricorrente propone due motivi di ricorso.
Con il primo lamenta violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 2697 c.c.) assumendo che i giudici di merito non hanno tenuto in conto i documenti di prova prodotti. Con il secondo lamenta proprio l’erronea interpretazione della nuova disciplina in tema di termini per l’emissione degli avvisi di accertamento in caso di denuncia, e di conseguente proroga.
Si è costituita Agenzia delle Entrate ed ha eccepito l’inammissibilità del primo motivo e l’infondatezza del secondo.
Considerato che
Il primo motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza. Invero non è detto quale documentazione è stata trascurata, a quale fatto era riferita e quale la rilevanza probatoria di tale documentazione. Il motivo è dunque formulato in modo del tutto insufficiente.
Il secondo motivo è infondato. La ricorrente ritiene che si debba applicare la regola del D.lvo 128 del 2015, che è posteriore alla disciplina transitoria e che dunque abroga quest’ultima.
La questione è però stata chiarita da questa Corte, che in più occasioni, ha rilevato come in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per VIVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della L. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass. n. 11620/2018; Cass. 26037/2016).
Nella fattispecie, l’accertamento contestato è stato notificato il 19.12.2014, per anni di imposta che vanno dal 2006 al 2008, e dunque cade sotto il regime previgente.
Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura complessiva di 2000,00 euro, oltre accessori se dovuti, dando atto della esistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.
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