CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7388
Opposizione cartella di pagamento – Omissioni contributive – Collaborazione in favore di associazioni dilettantistiche – Presupposto per l’esenzione contributiva – Applicabilità dell’art. 67, comma 1°, lett. m), TUIR
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 23.3.2018, la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rideterminato le sanzioni dovute da S.S.D. Sport Management s.p.a. nella minor misura di cui all’art. 116, comma 8, lett. a), l. n. 388/2000, per l’omissione contributiva, confermando la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società stessa avverso la cartella di pagamento con cui le era stato ingiunto di pagare alI’INPS, Gestione ex ENPALS, i contributi previdenziali dovuti sui compensi corrisposti a n. 80 fra istruttori, assistenti bagnanti e addetti ad attività complementari per l’effettuazione di corsi di nuoto e fitness; che i giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che il presupposto per l’esenzione contributiva dei compensi corrisposti ai collaboratori della società consistesse nell’essere la loro attività direttamente riferibile a manifestazioni sportive di carattere dilettantistico, mentre, sotto altro profilo, hanno valutato che, essendo il periodo in contestazione prossimo all’intervento della norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 35, d.l. n. 207/2008 (conv. con l. n. 14/2009), che aveva risolto i dubbi ermeneutici legati alla formulazione dell’art. 67, comma 1°, lett. m), TUIR, non potesse in specie essere ravvisata la specifica intenzione di occultare i rapporti di lavoro per non versare i contributi;
che avverso tali statuizioni S.S.D. Sport Management s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, al quale l’INPS ha resistito con controricorso;
che l’INPS ha inoltre presentato ricorso successivo, anch’esso fondato su di un motivo, rispetto al quale S.S.D. Sport Management s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo del ricorso principale, la società ricorrente denuncia violazione dell’art. 67, comma 1°, lett. m), TUIR, e dell’art. 35, comma 5, d.l. n. 207/2008 (conv. con l. n. 14/2009), per avere la Corte di merito ritenuto che il presupposto per l’esenzione contributiva dei compensi corrisposti ai collaboratori della società consistesse nell’essere la loro attività direttamente riferibile a manifestazioni sportive di carattere dilettantistico; che, con l’unico motivo del ricorso successivo, l’INPS lamenta violazione dell’art. 116, comma 8, lett. c), l. n. 388/2000, per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile alla fattispecie il meno grave regime sanzionatorio dell’omissione, invece che dell’evasione;
che, con riguardo all’unico motivo del ricorso principale, va premesso che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha in più occasioni ritenuto che la disposizione di cui all’art. 67, comma 1°, lett. m), TUIR, in quanto sostanziale eccezione all’obbligo contributivo previsto per gli addetti agli impianti sportivi dall’art. 3, n. 21, d.lgs. C.p.S. n. 708/1947 (nel testo modificato dalla legge di ratifica n. 2388/1952), sia rilevante anche in materia previdenziale, ferma restando la necessità della concreta ricorrenza dei presupposti per la sua applicazione (cfr. da ult. Cass. n. 11375 del 2020, cui adde Cass. n. 24365 del 2019, Cass. n. 21535 del 2019, Cass. n. 11492 del 2019 e Cass. n. 5904 del 2016);
che a tale orientamento va data continuità, atteso che l’assenza di una espressa disciplina previdenziale in materia di collaborazione resa in favore di associazioni dilettantistiche non esime l’interprete dal considerare l’impatto della neutralizzazione degli effetti tributari delle erogazioni corrisposte in tale contesto anche relativamente al calcolo dell’imponibile contributivo, trattandosi di una relazione che, seppure riferita espressamente ai soli effetti tributari, esprime il più generale intento della legge di reputare un determinato valore monetario, riferito ad una determinata attività umana, come non espressivo di un valore economico utile alla produzione di un reddito suscettibile di realizzare la base imponibile di una obbligazione patrimoniale pubblica;
che, ciò posto, la norma in esame senz’altro non consente di includere all’interno dell’area dei redditi diversi le somme percepite da coloro i quali svolgono “professionalmente” le attività cui le somme si riferiscono, tanto desumendosi dall’incipit dell’art. 67 TUIR, che esclude a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente;
che, coerentemente con tale indicazione del legislatore, è evidente che tali presupposti negativi devono sussistere anche là dove il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche;
che, dunque, dall’affermazione della riferibilità dell’art. 67 TUIR anche agli effetti previdenziali non discende certamente l’individuazione di un’area di automatica esenzione dall’obbligo contributivo che sia invocabile dalle associazioni o società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione, rilevando piuttosto, a monte, la verifica giudiziale della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata (così Cass. nn. 2152 del 2020, 10393 del 2018, 16449 e 23789 del 2016) e, a valle, il fatto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente, essendosi a tal fine precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 TUIR, deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa (cfr. Cass. n. 11375 del 2020 cit.);
che, conseguentemente, resta escluso che per “redditi diversi” possano intendersi quelli derivanti dall’esercizio abituale di una attività autonoma nel senso specificato o quelli tratti dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, assimilati piuttosto a quelli di lavoro dipendente (art. 50, lett. c, TUIR);
che, alla stregua delle anzidette considerazioni, risulta evidente l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata, non potendo escludersi la natura di “redditi diversi” dei compensi percepiti dagli istruttori, assistenti bagnanti e addetti ad attività complementari per l’effettuazione di corsi di nuoto e fitness, per i quali è causa, in ragione del mero fatto che non siano stati percepiti nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche, dovendo piuttosto accertarsi la natura professionale o meno del rapporto nell’ambito del quale essi sono percepiti;
che, derivandone l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, la sentenza impugnata, assorbito il ricorso successivo, va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso principale, dichiarato assorbito il ricorso successivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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