CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7398
Omissione contributiva – Cartelle esattoriali – Contratto di associazione in partecipazione – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Accertamento dei presupposti per l’operatività dell’art. 2094 c.c.
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 20.8.2015, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da P. s.p.a. avverso n. 3 cartelle esattoriali con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per contributi omessi in danno di n. 4 associate in partecipazione ritenute lavoratrici subordinate;
che avverso tale pronuncia P. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2549, 2553 e 2554, comma 2°, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto, sulla scorta di Cass. n. 1817 del 2013, che la pattuizione contrattuale secondo cui le lavoratrici associate avrebbero partecipato ad una quota di utili, determinata in misura variabile, con corresponsione di un fisso mensile quale acconto e con espressa esclusione della partecipazione alle perdite, implicando una sostanziale indipendenza e l’eventuale divergenza tra associante e associato dei vantaggi conseguibili dall’attività d’impresa, costituirebbe smentita per tabulas della ricorrenza della fattispecie legale dell’associazione in partecipazione;
che, al riguardo, questa Corte, precisando il precedente orientamento espresso da Cass. n. 1817 del 2013 (secondo cui la causa del contratto di associazione in partecipazione si connoterebbe per la partecipazione dell’associato al rischio di impresa e alla distribuzione non solo degli utili, ma anche delle perdite), ha affermato che la riconducibilità del rapporto di lavoro al contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato ovvero al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua anche delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che il primo implica l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa che è configurabile pure laddove le parti abbiano escluso la partecipazione alle perdite, poiché in tal caso l’eventuale assenza di utili determina l’assenza di compensi, necessariamente correlati all’andamento economico dell’impresa (così da ult. Cass. n. 26273 del 2020);
che non diversamente, a ben vedere, ha affermato Cass. n. 20189 del 2015, richiamata dall’INPS nel controricorso, essendosi in quella sede affermato che, ancorché la disciplina dell’art. 2552 c.c. sia derogabile, né l’associante né l’associato possono restare esonerati da “ogni perdita, ossia dal rischio di impresa, in contrasto con l’art. 2549 c.c.”, e non potendo, come detto, ritenersi escluso dal rischio d’impresa chi percepisca compensi correlati all’andamento economico dell’impresa stessa;
che, nel caso di specie, i giudici territoriali, lungi dal condurre l’accertamento di cui dianzi s’è detto, hanno erroneamente ricondotto alla (sola) previsione di una mancata partecipazione alle perdite non solo l’insussistenza degli elementi distintivi della causa dell’associazione in partecipazione, ma altresì la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le associate e l’odierna ricorrente, ciò che, viceversa, in mancanza di un accertamento in concreto dei presupposti per l’operatività dell’art. 2094 c.c., non può in alcun modo predicarsi come conseguenza presunta iuris et de iure di una collaborazione in ipotesi non sussumibile nel paradigma dell’associazione in partecipazione (così, proprio con riferimento ad una fattispecie relativa a contratti conclusi dall’odierna ricorrente, Cass. n. 3063 del 2020, che ha cassato App. Ancona n. 923/13, espressamente e adesivamente richiamata a pag. 3 della sentenza impugnata);
che il ricorso, pertanto, va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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