CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2020, n. 21612

Tributi – IMU – Immobile concesso in leasing – Contratto risolto – Materiale detenzione dell’immobile da parte del locatario – Soggettivo passivo d’imposta – Locatore

Rilevato che

1.- M.I. S.P.A. ha impugnato il diniego di rimborso dell’IMU pagata per l’anno 2012 al Comune di Sesto Fiorentino, rimborso richiesto in quanto per tutto l’anno 2012 l’immobile in questione era rimasto nella materiale detenzione del locatario (recte: del suo curatore fallimentare) nonostante il contratto di leasing fosse stato già risolto in data 29.4.2011. Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado. Ha proposto appello il Comune e la CTR della Toscana con sentenza depositata in data 5.11.1998 ha riformato la sentenza di primo grado rilevando  che l’art. 9 del D.lgs. 23/2011, in caso di locazione finanziaria, individua il soggetto passivo dell’IMU nel locatario per tutta la durata del contratto e pertanto solo finché il contratto stesso dura, essendo ininfluente il momento della riconsegna.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione la società affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il Comune.

Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti. E’ stata depositata memoria.

Ritenuto che

3.- Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 decreto legislativo 546/1992. Deduce che il giudice d’appello ha ingiustamente accolto la censura relativa al presunto difetto di motivazione mentre la sentenza di primo grado esplicita chiaramente un percorso del tutto condivisibile. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 8 e 9 comma 1 del decreto legislativo 23/2011 e dell’articolo 1 comma 672 della legge n. 147/2013. Si deduce che nonostante la risoluzione del contratto di leasing, nel caso in cui il  locatore mantenga la detenzione del bene se ne protraggono anche effetti sicché non può dirsi che sia cessata la durata del contratto di leasing stesso.

I motivi sono da esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

Nella sentenza impugnata si afferma che la motivazione del giudice di primo grado è carente perché non time conto di diversi precedenti giurisprudenziali e non fa corretta applicazione dell’art. 9 del D.Lgs. 23/2011. Questa norma individua nel locatario il soggetto passivo, nel caso di locazione finanziaria, a decorrere dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto, derivandone, qualora il contratto di leasing sia risolto, anche se l’immobile non sia stato restituito, che il locatore ritorna ad essere soggetto passivo. Testualmente infatti è previsto che: “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabile a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costrizione, concessi in locazione finanziaria soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.” Dal chiaro dettato normativo discende che con la risoluzione del contratto di leasing la soggettività passiva ai fini IMU si individua nella società di leasing, anche se essa non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore. Ciò in quanto il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impostivi, non già la consegna del bene e quindi la detenzione materiale dello stesso, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata dell’utilizzatore. In concreto è il titolo (cioè il contratto stipulato) che determina la soggettività passiva del locatario finanziario e non la disponibilità materiale del bene. In tal senso questa Corte si è più volte pronunciata (Cass. n. 13793/2019; Cass. 25249/2019; Cass. 29973/2019; mentre di contro è rimasto isolato il precedente rappresentato da Cass. 19166/2019) e questo Collegio intende dare continuità al suddetto orientamento, che peraltro è anche maggiormente rispettoso delle esigenze di certezza dei rapporti giuridici e dei rapporti tributari, dovendo l’ente impositore fare riferimento a dati certi e conoscibili come la risoluzione del contratto.

La ritardata riconsegna è fatto idoneo a produrre l’obbligazione risarcitoria inter partes, e all’interno di questo rapporto obbligatorio il creditore può far valer ogni voce di danno emergente e lucro cessante ma non può interferire nel rapporto tra e l’ente impositore e il soggetto passivo come individuato per legge.

Il giudice di appello si è correttamente attenuto a questi principi e pertanto il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza della parte ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 1.400,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.