CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2020, n. 21617

Tributi – Imposta di registro – Pluralità di atti – Configurazione di cessione d’azienda – Esclusione – Insussistenza del valore di avviamento

Ritenuto che

L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di registro anno 2008, ha respinto l’appello dell’Ufficio, confermando la decisione di primo grado. Il contenzioso ha avuto origine dalla impugnazione dell’avviso di liquidazione, emesso a seguito di pvc, nei confronti di E. sas, che accertava l’esistenza di una serie di atti stipulati con la società E.H. srl, facente capo alla medesima compagine familiare C. (atti consistenti nel trasferimento di un immobile, locazione dello stesso, cessione di merci e beni  strumentali, trasferimento di rapporti di lavoro subordinato), che determinavano, nel 2009, la privazione di risorse idonee al proseguimento dell’attività d’impresa di E..

Da ciò l’Ufficio presumeva l’omessa registrazione di cessione di azienda e connesso omesso pagamento dell’avviamento, provvedendo a liquidare le relative imposte.

A seguito di impugnazione da parte di E. sas la CTP accoglieva il ricorso, escludendo la presunta cessione di azienda, preso atto dell’accertato intento liquidatorio da parte dell’accomandatario – determinato dall’azione legale di una socia nei confronti della società – valorizzando la distanza temporale fra le cessioni, la situazione della società E., la verifica che nel 2009 due sole dipendenti di E. erano state assunte da E.H. srl.

La CTR, con la sentenza impugnata, condivideva la qualificazione delle operazioni come liquidazione di beni aziendali effettuata in momenti diversi, escludendo la diversa qualificazione di cessione di azienda, tenuto conto di una serie di elementi idonei al superamento della presunzione (fatturati decrescenti in due esercizi consecutivi per la crisi economica del settore; debiti a seguito di decreto ingiuntivo della socia; impossibilità di far fronte al mutuo; ritiro della fideiussione della socia e conseguente accollo da parte del C.P.; insussistenza del valore di avviamento accertato dal CTU).

Il contribuente è rimasto intimato.

Considerato che

1. Col primo motivo si deduce violazione degli artt. 20, 51, 52 TUR, 2697, 2729 e 2727 c.c., 115 c.p.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR riprodotto le medesime argomentazioni della CTP senza porle a confronto con la ricostruzione presuntiva operata dall’Ufficio, in contrasto con la giurisprudenza sul tema.

2. Col secondo motivo si deduce violazione degli artt. 20, 51, 52 TUR, 2697, 2729 e 2727 c.c., 115 c.p.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c., e nullità della sentenza per assenza di motivazione ex art. 360 n. 4 c.p.c., lamentando il mancato esame delle argomentazioni dell’Ufficio.

3. Il ricorso va respinto.

3.1.Tenuto conto delle valutazioni compiute dal giudice d’appello e sopra riportate, la sentenza impugnata si mostra coerente con i principi della giurisprudenza, avendo fatto, segnatamente, corretta e motivata applicazione del principio – che qui va ribadito – secondo cui ” In tema d’imposta di registro, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, l’Amministrazione finanziaria, pur non essendo tenuta a conformarsi alla qualificazione attribuita dalle parti al contratto, non può  travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile, salva la prova, da parte sua, sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici” (Cass. n. 722/2019).

3.2.Né l’Agenzia ha sottoposto all’attenzione del giudice profili fattuali e circostanziati che facciano venire in evidenza la totale obliterazione di elementi tali da condurre ad una diversa soluzione o da rendere evincibile un’obiettiva carenza dell’iter logico- argomentativo che ha portato il giudice a regolare la vicenda al suo esame in base alla regola concretamente applicata (v. Cass. n. 12967 del 2018), limitandosi ad affermare (nel secondo motivo) che la CTR non ha motivato l’assenza di un valore di avviamento: in realtà lo ha fatto, valorizzando l’affermazione del CTU che ha accertato l’insussistenza di un valore di avviamento.

A fronte di plurimi elementi fattuali dei quali la sentenza impugnata per cassazione dà conto, non coglie pertanto nel segno la censura mirata a far risaltare la lacunosità dell’apparato motivazionale della pronuncia. Va sul punto ribadito che i vizi di motivazione della sentenza non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute  idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova” (Cass. n. 6064 del 2008); del resto, il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, non può essere teso “a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte” e, in particolare, a prospettare “un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, attesi) che tali aspetti dei giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sui fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione” (Cass. n. 7394 del 2010).

Il ricorso va pertanto respinto. Nulla sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.