CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21767
Tributi – Accertamento per IRES, IVA ed IRAP – Prestazioni di consulenza
Ragioni della decisione
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 2075/6/2016, depositata il 13 settembre 2016, la CTR della Puglia accolse l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della M. S.r.l. e rigettò quello incidentale proposto dalla società nei confronti dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Bari, che, esclusa l’applicabilità nella fattispecie in esame dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000, aveva accolto nel merito il ricorso della società avverso avviso di accertamento per IRES, IVA ed IRAP per l’anno 2007 e per la sola IVA per l’anno 2008.
La CTR, ribadito che nel caso di specie, riguardante accertamento a tavolino, non era applicabile il succitato art. 12, comma 7 della l. n. 212/2000, ritenne che la società non avesse dato prova dell’effettività e dell’inerenza dei costi sostenuti dalla società, facente parte del gruppo M.m./M.g., negli anni oggetto di accertamento, per prestazioni di consulenza rese dalla W.A. S.r.l. direttamente a clienti della M. Srl, tutti facenti parte del gruppo succitato.
Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 10 e 12 della l. n. 212/2000 e delle regole in tema di contraddittorio endoprocedimentale, avendo l’Amministrazione finanziaria, dopo solo dodici giorni dalla consegna della documentazione richiesta alla società a mezzo questionario e dalla stessa fornita, emesso gli avvisi di accertamento poi impugnati, senza consentire quindi la previa attivazione del contraddittorio sui rilievi che hanno poi determinato l’emanazione degli atti impositivi.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., lamentando che, nel caso di specie, erroneamente la decisione impugnata abbia ritenuto che non fosse stata data dalla contribuente prova dell’inerenza dei costi portati in deduzione ai fini delle imposte dirette, rilevando come la sentenza impugnata, con riferimento alla ritenuta genericità della descrizione contrattuale e delle fatture dei servizi di consulenza prestati, non abbia considerato che essa doveva intendersi integrata dalle clausole dello statuto della ditta fornitrice W.A. S.r.l., allegato al contratto, ciò che avrebbe consentito di rilevare che si trattava di attività affini e complementari a quelle rese dalla M. S.r.l. nei confronti della propria clientela.
3. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito precisati.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), premesso che l‘art. 12, comma 7 della l. n. 212/2000 si applica ai soli casi di accesso ed ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, hanno posto la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, chiarendo che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943; Cass. sez. 6-5, ord. 6 febbraio 2018, n. 2873).
3.1. Ciò comporta — vertendosi pacificamente nella fattispecie in esame in ipotesi di accertamento c.d. a tavolino — che la pronuncia impugnata, che ha escluso tout court la necessità del contraddittorio endoprocedimentale, è in sintonia con il succitato indirizzo solo per quanto riguarda l’accertamento relativo all’anno 2007 per quanto attiene all’IRES ed all’IRAP, mentre riguardo all’IVA, oggetto di ripresa fiscale tanto per l’anno 2007, quanto, esclusivamente, per il 2008, avrebbe dovuto previamente esaminare (si veda al riguardo Corte di giustizia dell’Unione europea, 3 luglio 2014, nelle cause riunite C-129/13 e C-130/13, Karnino International Logistics BV e altri) se, in mancanza dell’irregolarità relativa alla previa instaurazione del contraddittorio, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.
4. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente lamenta, con riferimento quindi alle imposte dirette, violazione dell’art. 109, comma 5, TUIR e 2697 c.c. è inammissibile, atteso che nella fattispecie la decisione impugnata, con argomentazioni non manifestamente illogiche o incoerenti e nel solco dei principi espressi in tema di riparto dell’onere della prova in linea con la giurisprudenza della Corte in materia (cfr., ex multis, Cass. sez. 5, 8 ottobre 2014, n. 21184), ha compiuto un puntuale accertamento di fatto riguardo alla mancata prova da parte della contribuente dell’effettività e dell’inerenza dei costi come componenti negativi del redditi d’impresa, accertamento che non risulta essere stato censurato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
5. La sentenza impugnata va dunque cassata, in accoglimento del primo motivo, nei termini di cui in motivazione e la causa rimessa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.