CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21850
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartelle di pagamento – Omessa dichiarazione – Condono
Rilevato che
– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia (in seguito, CTR), veniva rigettato l’appello dell’AGENZIA DELLE ENTRATE e, per l’effetto, confermata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia (in seguito, CTP) n. 175/06/2009, avente ad oggetto un diniego di rimborso IVA, IRPEG e ILOR relativo agli anni di imposta 1997 e 1998, cui era seguita l’emissione di due cartelle esattoriali nei confronti della I. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (in seguito, la contribuente);
– La CTR confermava la decisione del giudice di prime cure secondo il quale, in relazione ai crediti IVA, IRPEG e ILOR rinvenienti dal 1997 e dal 1998, l’omissione della dichiarazione per l’anno 1998 sarebbe stata sanata dalla domanda di condono presentata dalla contribuente ex art. 8 legge 27 dicembre 2002 n.289, di cui l’Amministrazione non avrebbe mai contestato il buon esito; la CTR riteneva in aggiunta non esservi stato nel caso di specie alcun versamento ex art. 38 D.P.R. n.602/73, la presenza di prassi dell’Agenzia favorevole alla contribuente, l’assenza di buona fede e la violazione dell’art. 53 Cost. in capo all’Ufficio il quale ritiene che la domanda di condono non possa costituire titolo per il rimborso di ritenute acconti e crediti d’imposta precedentemente non dichiarati, previa distinzione tra “imposta a credito” e “credito di imposta”, e la presenza di una comunicazione di regolarità da parte dell’Agenzia per l’anno 2001;
– Avverso la sentenza propone ricorso l’Agenzia, affidato a tre motivi, mentre la contribuente è rimasta intimata;
Ritenuto che
– Con il primo motivo, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 comma 4 del D.P.R. n. 42/1988 e dell’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973 in relazione all’art. 360 primo comma n.3 c.p.c., per aver la CTR ritenuto che il riconoscimento del diritto al rimborso IRPEG e IRAP fosse possibile, in assenza della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta e a quello successivo, nonostante il superamento del termine decadenziale dell’art. 38 D.P.R. n.602/1973;
– Il motivo è inammissibile. L’art. 38 primo comma del D.P.R. n. 602/1973 dispone che: “Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza” che, al tempo dei fatti, nel testo ratione temporis vigente, era di 18 mesi “dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”;
– Tale previsione è espressamente richiamata dal quarto comma dell’art.4 del D.P.R. n.42/1988, il quale prevede che: “Se l’eccedenza riportata non è computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo, o se questa non è presentata, il contribuente può chiederne il rimborso presentando istanza all’intendente di finanza del suo domicilio fiscale a norma dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602″;
– Dal quadro sopra riassunto si evince che il contribuente, ha davanti a se un’alternativa per l’eccedenza: innanzitutto il riporto, ed è certo che questo non è avvenuto nel caso di specie, in quanto è pacifico che la contribuente non ha presentato la dichiarazione relativa all’anno di imposta successivo; oppure, ha facoltà di presentare la richiesta di rimborso ex art. 38 D.P.R. n.602/1973; tuttavia, sebbene l’Agenzia lamenti il superamento del termine decadenziale della previsione da ultimo citata da parte del contribuente, il fatto stesso della presentazione dell’istanza e gli elementi di prova relativi non sono indicati con chiarezza in ricorso; non è adeguata la mera espressione “evidenziate a credito” a pag. 2 dell’atto introduttivo, né ciò si evince dalla stessa sentenza, avendo la CTR qualificato il fatto in termini diversi, escludendo esplicitamente la presenza di versamenti ex art. 38 D.P.R. n. 602/1973; conseguentemente, il mezzo di impugnazione è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto l’Agenzia non ha dato sostanza al motivo, indicando gli elementi dimostrativi di un fatto escluso dalla CTR e decisivo per lo scrutinio del motivo;
– Con il secondo motivo, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in relazione alla ripresa IVA per non aver la CTR ritenuto che la contribuente potesse far valere il credito IVA “maturato in anni ancora precedenti al 1997 e riportato nelle dichiarazioni successive”, senza che fosse utilizzato nelle liquidazioni periodiche IVA ovvero nel modello F24;
– Il motivo è inammissibile. In tema di IVA, ove il credito di imposta sia già desumibile dalla dichiarazione del contribuente e non sia contestato dall’Amministrazione finanziaria, non è necessario ricorrere ad una specifica istanza di rimborso, la quale costituisce solo il presupposto di esigibilità per l’avvio del relativo procedimento, per cui, tra l’altro, non trova applicazione il termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, ultima parte, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. (Cass. 22 febbraio 2017 n.4559; Cass. 1 ottobre 2014 n. 20678). Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 8 settembre 2016, n. 17757 hanno fissato il principio secondo il quale «la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (cfr. anche Cass., ord. 25 gennaio 2017, n. 1627);
– Il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale, e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto, purché siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione. La sussistenza di tali requisiti esclude difatti la rilevanza dell’assenza di quelli formali, sempre che sia rispettata, come nel caso in esame, la cornice biennale prevista dall’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 per l’esercizio del diritto di detrazione, che nel caso di specie, non è contestata (Cass. 23 febbraio 2018 n. 4392); tuttavia, nel caso di specie in assenza di specifica statuizione a riguardo in sentenza, il motivo di ricorso non allega nemmeno se l’importo sia stato portato a credito entro la cornice biennale o meno e, conseguentemente, anche questo mezzo difetta di autosufficienza;
– Con il terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. e dell’art.18 d.lgs. n.546/92 in relazione all’art. 360 primo comma n.4 c.p.c., per essere la sentenza gravata da vizio di ultrapetizione, in quanto oggetto del ricorso in primo grado non sono le cartelle esattoriali per le quali entrambi i giudici di merito avrebbero disposto lo sgravio, ma il solo provvedimento di diniego di rimborso.
– Il motivo è infondato. La sentenza di primo grado è stata reperita nel fascicolo e, se è vero che nella parte motiva fa riferimento esplicito alle due cartelle esattoriali emesse in conseguenza del diniego, la decisione chiarisce anche che il ricorso della contribuente è unicamente avverso quest’ultimo e il dispositivo si pronuncia solo sul ricorso, nel rispetto dell’art. 112 c.p.c.. Dunque, il riferimento alle due cartelle solo in motivazione non ha forza dispositiva e si riduce ad un obiter dictum; conseguentemente, nemmeno la sentenza della CTR che conferma la sentenza di primo grado è andata ultra petita. Inoltre, a ben vedere, per effetto della presente decisione che ha rigettato le doglianze avverso l’impugnativa del diniego, l’Amministrazione non ha più nemmeno interesse ex art. 100 c.p.c. a dolersi in relazione ad un obiter del giudice di prime cure circa la necessità di sgravare alle cartelle emesse in conseguenza del diniego;
– Al rigetto del ricorso, in assenza di costituzione della contribuente, nessuna statuizione deve conseguire sulle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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