CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21857
Tributi – Dichiarazione integrativa in favore del contribuente – Rettifica perdite maturate – Termine annuale di presentazione della nuova dichiarazione – Possibilità di correzione in sede giudiziale
Rilevato che
– con sentenza n. 92/24/2010, depositata in data 24 giugno 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accoglieva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di F. s.p.a., in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, e rigettava quello incidentale proposto dalla società contribuente nei confronti dell’Agenzia avverso la sentenza n. 462/02/2008 della Commissione tributaria provinciale di Milano, dichiarando, in riforma di quest’ultima, la legittimità dell’avviso di accertamento n. R1P033C001160/2008 con il quale l’Ufficio aveva rettificato, ai sensi dell’art. 41 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, la dichiarazione Ires della società, relativa all’anno di imposta 2005, riprendendo a tassazione perdite pari a euro 1.033.838, relative all’anno 2001, indebitamente utilizzate in compensazione, per essere stata la relativa dichiarazione correttiva inoltrata nel giugno 2006, oltre il termine di cui all’art. 8 bis del d.P.R. n. 322 del 1998;
– il giudice di appello, in punto di fatto, ha premesso che: 1) con l’avviso di accertamento n. R1P033C001160/2008, l’Ufficio aveva contestato alla società F. s.p.a, per l’anno 2005, un maggior reddito imponibile, ai fini Ires, a seguito di disconoscimento di perdite che la contribuente aveva indicato nella dichiarazione relativa all’anno 2001 in euro 958.603,000, ma aveva successivamente utilizzato per l’importo di euro 1.992.441,00, provvedendo a correggere tali dati nella dichiarazione integrativa inviata nel giugno del 2006, oltre il termine di cui all’art. 8 bis del d.P.R. n. 322 del 1998; 2) la CTP di Milano, adita dalla società contribuente, aveva accolto il ricorso con annullamento dell’avviso di accertamento, ritenendo tempestiva la dichiarazione integrativa trasmessa nel giugno 2006; 3) avverso la sentenza di primo grado, l’Ufficio aveva proposto appello principale, deducendo la tardività della dichiarazione rettificativa inviata oltre il termine di cui all’art. 8 bis cit.;. 4) la società aveva proposto appello incidentale eccependo per quanto di interesse ai sensi dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000, ai fini della non applicabilità della sanzione, la imputabilità del comportamento della società a fatti conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa (comma 2) ovvero la obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria circa il termine applicabile per la correzione dell’errore (comma 3) e chiedendo, in subordine, la applicazione della sanzione di cui all’art. 13, comma primo, del d.lgs. n. 471 del 1997;
– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) il divario tra termine di cui al comma 8 dell’art. 2 del d.lgs. n. 322 del 1998 applicabile alle dichiarazioni in aumento del reddito e quello più breve di cui al comma 8 bis dell’art. 2 del medesimo decreto, applicabile alle dichiarazioni in diminuzione per la rettifica dell’errore in danno del contribuente, connaturato alla “diversa situazione delle parti rispetto alla fattispecie generatrice dell’obbligazione fiscale”, trovava fondamento nell’esigenza di garantire, da un lato, l’attività accertativa dell’Ufficio, e, dall’altro, di facilitare la correzione dell’errore da parte del contribuente; 2) i dubbi di costituzionalità di tale diverso regime erano manifestamente infondati, in quanto l’auto-rettifica della dichiarazione da parte del contribuente non era l’unico modo per sottrarsi ad un prelievo fiscale indebito fondato su di un errore del dichiarante, potendo quest’ultimo rilevare anche attraverso l’autonoma procedura disciplinata dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973; 3) la intrinseca ragionevolezza del termine più breve di cui al comma 8bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998 derivava dalla circostanza che è “tipicamente in occasione della presentazione della successiva dichiarazione che il contribuente ha le maggiori probabilità di accorgersi del suo precedente errore”; 4) non sussistevano i presupposti di cui all’art. 10 della legge n. 212 del 2000, non essendo stato il comportamento della contribuente posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa (comma 2) e non essendo ravvisabile alcuna obiettiva condizione di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria (comma 3) di cui all’art. 2, comma 8 bis del d.lgs. n. 322 del 1998; 4) era infondata la richiesta dell’appellante incidentale di applicazione, in materia di sanzioni tributarie, dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, non vertendosi in ipotesi di liquidazione effettuata ai sensi degli artt. 36 bis e 36ter del d.P.R. n. 600 del 1973;
– avverso la sentenza della CTR, F. s.p.a. in liquidazione, propone ricorso per cassazione affidato a tre articolati motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;
– la società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con il primo motivo, articolato in tre sub motivi, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.:
1) violazione dell’art. 2, commi 8 e 8bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, anche in relazione ai principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva, per avere erroneamente la CTR ritenuto che la dichiarazione integrativa di rettifica in diminuzione del reddito, per errori commessi in danno del contribuente, fosse soggetta al termine breve di cui al comma 8 bis dell’art. 2 cit. e non già a quello di cui al comma 8 del medesimo articolo, senza considerare che, al fine di garantire “il diritto inviolabile del contribuente alla giusta imposta e il potere-dovere inviolabile dell’Ufficio a contrastare ogni evasione”, nel rispetto della parità di trattamenti di uguali situazioni, le dichiarazioni, sia a favore dell’erario che a favore del contribuente, dovrebbero essere assoggettate allo stesso termine di quattro anni di cui al comma 8 dell’art. 2 cit. e che, in caso di rettifica, il dies a quo per gli accertamenti dovrebbe decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione correttiva;
2) l’irrazionalità – e conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione – della interpretazione secondo la quale il contribuente dispone di un termine quadriennale per il rimborso dell’imposta indebita fondata su dichiarazione erronea e di un termine annuale per la correzione diretta ad evidenziare perdite deducibili;
3) l’irragionevolezza per “contraddizione intrinseca” della interpretazione accolta dai giudici di secondo grado che, “nel prevedere un doppio termine incongruo, finisce per divaricare la disposizione de qua dalla sua funzione di consentire al contribuente la correzione degli errori commessi a proprio danno entro un termine ampio”;
– la censura è fondata nei termini di seguito indicati;
– sulla questione, infatti, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13378 del 30/06/2016, componendo un contrasto insorto, hanno affermato, in via generale, che “la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa”. La Corte, tuttavia, ha anche precisato che “il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2 dpr 322/1998”, e dall’istanza di rimborso di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973, “in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”(da ultimo, Cass. n. 5728 del 2018, secondo cui “il contribuente che abbia dichiarato redditi superiori a quelli dovuti, può opporre in sede giudiziale alla pretesa dell’Amministrazione l’erroneità, in fatto o in diritto, della dichiarazione, attesa l’emendabilità della stessa, solo ove non abbia provveduto al pagamento della maggiore imposta, mentre, qualora abbia adempiuto, non può far valere il relativo credito nel giudizio contro l’atto impositivo, in ragione del carattere impugnatorio del processo tributario, potendo, peraltro, esperire le procedure di rimborso, nel rispetto delle modalità e dei termini di decadenza previsti”);
– la sentenza impugnata non è in linea con i richiamati principi, avendo la CTR – indipendentemente dalla riscontrata violazione delle norme in tema di accertamento – omesso alcuna valutazione in ordine alla fondatezza delle contestazioni sollevate dalla società ricorrente in sede contenziosa, sulla base della non emendabilità della dichiarazione presentata per il periodo di imposta 2001. Invero, la impugnazione da parte della società F. s.p.a., in liquidazione, dell’avviso di rettifica emesso a seguito di accertamento parziale, ai sensi dell’art. 41 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla dichiarazione relativa all’anno 2005, nasceva dalla contestazione, in sede contenziosa, della maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, alla luce della dedotta erroneità nella redazione della dichiarazione dell’anno 2001, per avere la contribuente omesso di evidenziare delle perdite (successivamente utilizzate in compensazione) indicate nella dichiarazione integrativa inviata il 19 giugno 2006;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, per avere la CTR escluso le condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’applicazione dell’art. 2, comma 8bis, del d.l. n. 322 del 1998 e tantomeno la imputabilità del comportamento della società a fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni ed errori dell’Amministrazione;
– l’accoglimento del primo motivo nei termini di sopra indicati, rende inutile la trattazione del secondo, con assorbimento dello stesso;
– con il terzo motivo, la ricorrente, denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso di esaminare l’eccezione formulata in via subordinata dalla contribuente sulla applicabilità della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 in luogo di quella di cui all’art. 1, secondo comma, dello stesso decreto;
– la censura, involgendo una eccezione formulata in via subordinata ad altra – quella relativa all’applicabilità della sanzione ex art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997 -dichiarata assorbita, risulta inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse;
– in conclusione, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, nei termini di cui sopra; assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, cassata la sentenza, in relazione al motivo come accolto, con rinvio anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, affinché esamini il merito della vicenda.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo e inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo come accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.