CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21863
Imposte dirette – IRPEG – Agevolazioni fiscali – Istanza di rimborso – Dichiarazione dei redditi
Ritenuto che
La società S. impugnava davanti alla CTP di Matera il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’Irpeg 1998, istanza proposta sul presupposto che la società avesse diritto all’esenzione di cui all’art. 105 dpr 218 del 1978.
La CTP di Matera accoglieva il ricorso, ritenendo sussistenti i requisiti per la spettanza dell’agevolazione, e la CTR della Basilicata rigettava l’appello dell’ufficio.
Contro quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte l’Ufficio sulla base di tre motivi.
Resiste la società con controricorso.
La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte.
All’udienza del 13.6.2018, al presente ricorso venivano riuniti i ricorsi connessi n. 15396/16 e 15399/16, che riguardavano il giudizio sul diritto all’esenzione suddetta, nonché l’impugnazione di altra domanda di rimborso, relativa ad altre annualità (1996 e 1997).
In essi, la CTP di Matera nel 1999 accoglieva il ricorso della società, ravvisando i requisiti per la fruizione dell’esenzione e la CTR della Basilicata rigettava l’appello dell’ufficio, mentre questa Corte, su ricorso dell’ufficio, con sentenza n. 14210 del 2004, annullava con rinvio la sentenza della CTR in merito al vizio di motivazione sulla prova della sussistenza dei requisiti per godere dell’esenzione.
IN sede di giudizio di rinvio, la CTR della Basilicata rigettava nuovamente l’appello dell’ufficio, asserendo che la novità della produzione era insita nel fatto stesso della costituzione di una nuova società.
Questa Corte, adita nuovamente dall’ufficio, con sentenza n. 19243 del 2012, cassava nuovamente la sentenza della CTR, ritenendo che il principio sopra espresso dalla stessa ai fini della fruizione del beneficio non fosse in linea con quanto affermato dalla sentenza di questa Corte del 2004.
Alla luce di ciò, nel nuovo giudizio di rinvio davanti alla CTR della Basilicata, quest’ultima accoglieva l’appello dell’ufficio affermando che per usufruire dell’agevolazione è necessario non solo che sia costituita una società per realizzare un’attività economica nelle regioni meridionali, ma occorre che sia dimostrata la creazione di nuove occasioni di lavoro, e riteneva che nella specie il contribuente non avesse fornito tale prova.
In questi procedimenti, era, pertanto, il contribuente a ricorrere a questa Corte sulla base di tre motivi, con costituzione dell’Agenzia con controricorso.
Considerato che
La vicenda processuale nel suo complesso riguarda, in sostanza, la domanda sul diritto all’esenzione in questione in capo alla società, nonché le domande di rimborso della maggiore imposta versata negli anni 1996 – 1998, sul presupposto del diritto all’esenzione stessa. Per questo motivo, esistendo una chiara connessione tra i vari ricorsi, gli stessi sono stati riuniti. Una volta proceduto in tal senso, il motivo che va logicamente affrontato preliminarmente è quello relativo al diritto all’esenzione, dal quale dipendono i motivi attinenti alle domande di rimborso.
Lo stesso è rappresentato dal terzo motivo del ricorso originariamente rubricato come 9184/2011, proposto dall’ufficio, e dal terzo motivo dei ricorsi originariamente rubricati come 15396/2016 e 15399/2016, proposti dal contribuente.
Con esso si deduce violazione dell’art. 105 dpr 218 del 1978 ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.; l’ufficio lo deduce per avere la CTR ritenuto che, ai fini della fruizione dell’agevolazione, sia sufficiente costituire con nuovi capitali una nuova società nell’Italia meridionale, laddove è principio di diritto quello per cui occorre anche la prova della novità dell’iniziativa. Il contribuente lo deduce per avere la CTR escluso che la società avesse diritto al beneficio sulla base di una errata interpretazione della norma, perchè nella specie sussistevano i requisiti dell’agevolazione.
Il ricorso dell’ufficio sotto questo profilo è fondato, mentre non sono fondati i ricorsi della società sullo stesso aspetto.
Va premesso che il motivo proposto dall’ufficio, sebbene espresso in maniera estremamente sintetica, è però del tutto comprensibile e chiaro nel suo oggetto, attenendo ai requisiti per godere dell’agevolazione.
La sentenza della CTR nel giudizio avente in origine n. 9184/11, ugualmente di estrema sinteticità, sul punto si era limitata a ritenere che “il principio della novità dell’iniziativa ai fini delle esenzioni di cui al contendere debba e possa rinvenirsi nella costituzione ex novo di società operante nei territori meridionali”.
Le sentenze della CTR nei giudizi originariamente rubricati come 15396 e 15399/16, che avevano confermato il diniego dell’agevolazione, avevano, invece espresso il principio secondo cui “perchè l’impresa sia nuova non è sufficiente che la società sia costituita al fine di realizzare un’attività economica nei territori meridionali, esercitata tramite un nuovo stabilimento tecnicamente organizzato, ma occorre che sia dimostrata la creazione di nuove occasioni di lavoro”.
Il principio espresso dalla CTR nella prima delle due decisioni sopra riportate non è corretto.
E’ infatti principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui, ai fini del godimento dell’agevolazione Irpeg suddetta non sia sufficiente la mera costituzione ex novo di una società operante nei territori meridionali, essendo anche necessaria la creazione di nuovi posti di lavoro, come affermato nelle sentenze delle CTR impugnate dal contribuente.
E’ vero, infatti, che secondo Sez. V, n. 22165 del 2013:
È, consolidato il principio secondo il quale, in tema di agevolazioni tributarie, ai fini del riconoscimento dell’esenzione decennale dall’IRPEG per le imprese operanti nei territori del Mezzogiorno, il d.p.r. 6 marzo 1978, n. 218, art. 105 (come modificato dalla I. 1 marzo 1986, n. 64, art. 14) espressamente richiede il duplice requisito della nuova costituzione in forma societaria e della novità dell’iniziativa produttiva, ma la stessa ha, poi, anche chiarito che il richiamo operato dal comma 1 della norma alla disciplina dell’esenzione dall’ILOR (“fermo restando il disposto degli artt. 101 e 102”) – che prescinde dal presupposto della costituzione di una nuova società, oltre che della creazione di una nuova iniziativa produttiva – non può interpretarsi, anche in considerazione della natura eccezionale delle norme di esenzione, come rinvio ai meno rigorosi requisiti prescritti per quella diversa agevolazione (dovendo invece quel richiamo intendersi soltanto nel senso della compatibilità e della cumulabilità dei due benefici). Sez. V, n. 5347 del 2006, Rv. 587601, ha, più specificamente, ribadito che In tema di agevolazioni fiscali ed ai fini dell’esenzione dall’IRPEG, prevista a vantaggio delle imprese che si costituiscano in forma societaria nei territori meridionali, l’art. 105 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (come modificato dall’art. 14, quinto comma, della legge 1 marzo 1986, n. 64) esige quali requisiti l’incremento occupazionale ed il miglioramento delle condizioni economiche nei suddetti territori mediante la realizzazione di una nuova iniziativa produttiva, chiarendo poi che, con quest’ultima espressione, si può intendere qualsiasi nuova iniziativa imprenditoriale, ivi compresa la produzione di servizi aventi ad oggetto una nuova utilità economica (art. 2195, n. 1, cod. civ.), in grado di incoraggiare e concorrere alla creazione di nuovi posti di lavoro e di opportunità di sviluppo economico delle aree in cui è collocata pur senza necessità di dotarla di impianti industriali fissi e tecnicamente organizzati – come invece è necessario per fruire del beneficio dell’esenzione dall’ILOR ex art. 101 del medesimo d.P.R. n. 218 del 1978 -, essendo a tale scopo sufficiente che sia stabile la creazione di strutture produttive per la realizzazione di un nuovo risultato economico. Ugualmente sez. V, n. 1964 del 2006.
Oltretutto, il principio affermato dalla CTR nella sentenza impugnata dall’ufficio è anche in contraddizione con quanto questa Corte aveva affermato nei procedimenti connessi, qui riuniti.
Nel corso degli stessi, in cui erano intervenute due sentenza di questa Corte di annullamento con rinvio, nella sentenza sez. V, n. 19243 del 2012 questa Corte, accogliendo il ricorso dell’ufficio, aveva affermato Il ricorso (dell’ufficio) è manifestamente fondato. La CTR – infatti – non si è attenuta al principio di diritto enunciato dalla Corte con la sentenza di rinvio, secondo il quale era necessario procedere al riesame degli atti al fine di individuare gli elementi dal quale fosse possibile dedurre – specificamente – la sussistenza del requisito della novità. Il giudice di rinvio si è invece limitato ad affermare apoditticamente la sussistenza di tali requisiti riconducendola “alla costituzione di una nuova società alla quale hanno fatto seguito investimenti con i quali si siano ottenuti ricavi”.
E’ vero che, nel primo motivo dei ricorsi originariamente rubricati come 15396/16 e 15399/16, il contribuente aveva dedotto di avere dimostrato in giudizio il fatto che l’investimento aveva creato nuovi posti di lavoro, affermando che dal quadro M del mod. 760/97 e mod. 760/98, nonché dai bilanci della società emergeva l’incremento dei ricavi, da cui doveva dedursi l’incremento occupazionale, ed aveva dedotto un vizio delle relative sentenze della CTR, a lui sfavorevoli, affermando che le stesse avevano del tutto omesso di considerare tale aspetto, ma, in realtà, laddove le CTR hanno affermato che “dall’esame degli atti e di tutta la documentazione non si ricava essere stata fornita tale prova” ciò significa che le stesse hanno esaminato la documentazione in questione, ma non la hanno ritenuta sufficiente, e questo è un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede.
La sentenza impugnata nel proc. originariamente rubricato come 9184/11 va, pertanto, cassata.
L’accoglimento di tale motivo determina quindi l’assorbimento del primo motivo di ricorso formulato dall’ufficio stesso nel ricorso originariamente rubricato come n. 9184/11.
Con la riunione dei ricorsi, infatti, non è più dirimente la questione processuale se l’analisi del merito dei requisiti per fruire dell’agevolazione fosse già stata dedotta dall’ufficio in primo grado o meno in quel procedimento specifico, dato che la stessa è entrata a far parte del giudizio riunito.
Ugualmente assorbito deve ritenersi il secondo motivo, anch’esso processuale, secondo cui l’ufficio non avrebbe dedotto specifici motivi di impugnazione sulla ratio decidendi della sentenza impugnata.
La riunione dei ricorsi determina anche l’unicità della controversia in relazione ai motivi dedotti dal contribuente nei ricorsi originariamente rubricati come 15396/16 e 15399/16.
In essi, con il primo motivo di ricorso la società deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. richiamato dall’art. 62, comma 1, d Ivo n. 546 del 1992.
La motivazione della sentenza sarebbe soltanto “apparente” perché l’affermazione secondo cui il contribuente non avrebbe fornito alcuna prova della novità dell’iniziativa produttiva è apodittica, in quanto non è manifestato il ragionamento logico seguito per giungere a tale conclusione. Per contro la società afferma di avere dimostrato nei precedenti gradi di giudizio la realizzazione di una nuova attività produttiva, ma tali elementi sarebbero stati ignorati senza spiegazione dalla CTR.
La società afferma, in particolare, che già nei gradi precedenti di giudizio aveva dimostrato gli incrementi di investimenti ed occupazione attraverso la produzione del quadro M del mod. 760/97 e quadro RG del mod. 760/98 per 1996 e 1997, nonché i bilanci dal 94 al 97 e lamenta che la CTR non ha considerato queste prove.
Come già detto in precedenza, il motivo è infondato.
Dalla motivazione della CTR, infatti, si deduce una motivazione, anche più che implicita, su tale aspetto. Laddove la CTR afferma che la società avrebbe dovuto dimostrare la realizzazione in concreto di nuove occasioni di lavoro e che “dall’esame degli atti e di tutta la documentazione non si ricava essere stata fornita tale prova”, ciò significa che la stessa ha preso in considerazione la documentazione, ma non la ha ritenuta sufficiente.
Con il secondo motivo di ricorso la società deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. e art. 62 comma 1 d. Ivo 546 del 1992.
La CTR avrebbe omesso di esaminare e porre a fondamento della propria decisione la prova documentale fornita dalla società sulla sussistenza dei requisiti per fruire dell’esenzione.
Il motivo appare tradursi, in realtà, nella omessa ed errata valutazione delle prove documentali di cui sopra, che secondo la società provavano i nuovi investimenti.
Per quanto riguarda l’aspetto della omessa valutazione, valgono le considerazioni riportate a proposito del motivo precedente sulla motivazione apparente;
Sotto il profilo della errata valutazione delle prove, invece, per quanto dedotta come violazione di diritto, ed in particolare dell’art 116 c.p.c., in sostanza la stessa si traduce in una richiesta di riesame degli elementi probatori, che però non è ammissibile in questa sede; addurre che le prove prodotte erano sufficienti per l’accoglimento della domanda e lamentare che la CTR ha errato a non ritenerle tali, consiste nella richiesta di sindacare una valutazione di merito della CTR, non ammissibile in questa sede.
Alla luce di quanto sopra, e poiché la cassazione della sentenza non richiede il rinvio alla fase di merito, non essendovi ulteriori elementi di fatto su cui sia necessario l’esame, la domanda introduttiva della società ricorrente deve essere respinta.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, mentre sussistono giusti motivi per compensare le spese dei gradi di merito, atteso le reciproche soccombenze.
Le prime sono, pertanto, a carico del contribuente ricorrente e si liquidano, in considerazione dell’entità della causa, in euro 6.000, oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi sotto il n. 9184/2011, respinge le domande relative ai procedimenti già iscritti come n. 15396/16 e 15399/16.
Accoglie il terzo motivo di ricorso originariamente rubricato come n. 9184/11; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito di ciascun giudizio.
Condanna il contribuente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in euro 6.000 oltre SPAD.
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