CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21864
Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – Estinzione – Cancellazione registro imprese
Considerato che
La Commissione tributaria regionale della Puglia, con sentenza depositata in data 13.10.2010, accoglieva l’appello dell’Ufficio e, in riforma della impugnata sentenza della commissione tributaria provinciale di Milano, dichiarava legittimo l’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2000, con cui veniva rettificato il reddito d’impresa della società E.S. s.r.l. (esercente attività di commercio apparecchi radiotelevisivi) da una perdita dichiarata di €379.620 ad un reddito positivo imponibile di € 61.685, pari al valore della produzione netta, nonché accertato un volume d’affari per €. 515.187 con conseguente determinazione di maggiori imposte, Irpeg, Irap ed Iva.In particolare veniva affermato che la società aveva svalutato il magazzino per un importo di € 377.432.500, come da bilancio di liquidazione, ma in assenza di idonea documentazione relativa alla svalutazione, non risultando essere stata oggetto di cessione, perdite o distruzione, ritenendo che la stessa merce era stata ceduta in completa evasione d’imposta.
La società, posta in liquidazione il 14/7/2000 è stata cancellata dal registro delle imprese in data 25/2/2002 e la CTP aveva, invece, ritenuto, assorbendo gli altri motivi del ricorso, che in forza dell’articolo 2495, comma due, c.c. nessuna azione accertatrice potesse essere esperita nei confronti della società, ormai estinta e che, pertanto, l’atto impositivo era da considerarsi illegittimo perché notificato nei confronti di società estinta.
Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso la società “L’E.S. s.r.l. (in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese) in persona del sig. D.S., nella qualità di liquidatore della medesima società affidato ad un unico motivo;
l’Agenzia delle Entrate depositava controricorso
Ritenuto che
1. La ricorrente, con un unico motivo di ricorso, deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 2495, comma due, c.c., rilevando come la CTR – a fronte della documentata circostanza che la società era stata cancellata in data 25/2/2002 e che, pertanto, alla data di notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta il 18/12/2007, doveva considerarsi estinta dal 1 gennaio 2004, data dell’entrata in vigore del D.Igs 17 gennaio 2003, n. 6 – non abbia dichiarato la inesistenza della relativa notifica in quanto indirizzata al rappresentante legale della stessa, presso la sede di quest’ultima, mentre i creditori sociali non soddisfatti avrebbero potuto far valere i loro crediti nei confronti del liquidatori, se il mancato pagamento fosse dipeso da colpa di questi.
2. Va rilevato d’ufficio che con la cancellazione dal R.I., avvenuta il 25/2/2002, prima dell’introduzione del giudizio di primo grado, E.S. si è estinta: la società ha perciò perso la propria capacità processuale ed il suo cessato liquidatore la legittimazione a rappresentarla.
Ne consegue che il liquidatore non poteva promuovere il giudizio in nome e per conto della società, peraltro priva di interesse all’impugnazione di un atto di accertamento che non poteva spiegare effetto nei suoi confronti e la cui notifica, eseguita in data successiva all’estinzione, doveva ritenersi inesistente.
Trova dunque applicazione nella specie il principio già affermato da questa Corte secondo cui ” la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito (Cass. n. 5736/016).
In conclusione, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 n. 3 c.p.c., perché il processo non poteva essere iniziato. Il consolidarsi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il giudizio non poteva essere iniziato.
Dichiara interamente compensate le spese.
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