CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2020, n. 18629
Tributi – IVA – Prestazioni di servizi rese a società del gruppo assicurativo da altra società del gruppo medesimo – Prestazione accessoria di liquidazione dei sinistri – Esenzione – Esclusione
Fatti e ragioni della decisione
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21406, pubblicata il 15.9.2017, in accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassava la sentenza resa dalla CTR Veneto e, decidendo nel merito, rigettava gli originari ricorsi proposti dalla C.S. s.c.p.a. avverso gli avvisi di accertamento con i quali era stata contestata per l’anno 2004 l’indebita fatturazione con esenzione IVA ai sensi dell’art. 6 L. n. 133/1999 di prestazioni di gestione dei sinistri, ricezione delle denunce e liquidazione dei danni effettuate nei confronti della capogruppo C.A., compensando le spese del giudizio.
Riteneva, in particolare, il giudice di legittimità che la società – non esercente attività di assicurazione – avesse espletato prestazione accessoria (di liquidazione dei sinistri) rispetto a quella assicurativa svolta dalla società consolidante, effettuandola in assenza di rapporto contrattuale con l’assicurato e senza che tale esternalizzazione fosse legata al fatto di ricercare potenziali clienti e metterli in relazione con l’impresa di assicurazione in vista della conclusione di contratti di assicurazione. Da ciò conseguiva l’esclusione dell’esenzione.
La C.S. s.c.p.a. ha proposto ricorso per revocazione affidato ad un motivo, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.
La ricorrente ha depositato due memorie, l’ultima delle quali in data 6.7.2020.
La ricorrente prospetta l’errore di fatto nel quale sarebbe incorsa la Corte di legittimità per avere erroneamente supposto l’inesistenza di un fatto – rappresentato dalla appartenenza della contribuente al gruppo C.A.- che invece sarebbe stato sussistente, circostanza dalla quale era derivato il mancato riconoscimento dell’esenzione fondata sulla rilevanza del gruppo ai fini IVA, per di più determinandosi ad una soluzione fondata su una normativa diversa da quella applicata. Secondo la ricorrente il giudice di legittimità, pur avendo inizialmente inquadrato in modo corretto la questione relativa all’esenzione spettante a società facente parte di gruppo assicurativo alla stregua dell’art. 6 L. n. 133/1999, avrebbe poi deciso la controversia facendo applicazione di una disciplina normativa diversa da quella pertinente (art. 10 n. 2 d.P.R. n. 633/1972), peraltro riferendosi al tema di operazioni accessorie, quando invece il tema del contendere era dato da operazioni ausiliarie.
Il motivo è inammissibile.
Giova premettere che questa Corte ha chiarito che “l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali“- Cass. n. 17443/2008 -, ancora aggiungendo che “in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione configurabile solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perché in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso“- Cass. n. 10466/2011 – . Ne consegue che deve escludersi che un motivo di ricorso sia suscettibile di esse considerato alla stregua di un “fatto” ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., potendo configurare l’eventuale omessa od errata pronunzia soltanto un “error in procedendo ovvero “in iudicando”, di per sé insuscettibili di denuncia ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ. (Cass. n. 5221/2009, Cass. n. 14937/2017, Cass. 03/04/2017 n. 8615, Cass. n. 20164/2018).
Orbene, alla stregua dei principi sopra esposti, le censure revocatone esposte dalla ricorrente involgono degli asseriti errores in iudicando nei quali sarebbe incorso il giudice di legittimità, per avere questi applicato una disciplina normativa differente rispetto a quella (a suo dire) pertinente rispetto al caso, pur inizialmente inquadrato correttamente dalla sentenza impugnata.
Ed invero, il carattere infragruppo della società emerge in maniera inconfutabile fin dalla prima parte dello svolgimento del processo della sentenza impugnata, sicché la questione prospettata dalla parte ricorrente attiene, per come già esposto, all’erronea applicazione giuridica di quadro normativo ad una vicenda che, secondo l’assunto della ricorrente stessa, non avrebbe invece dovuto trovare applicazione. Ma tale prospettazione tralascia adeguatamente di considerare i punti 4 e 4.1 della motivazione della sentenza nei quali la Corte ha inquadrato correttamente il tema di indagine, come la stessa ricorrente riconosce anche in memoria, ma ha anche fatto riferimento al contenuto dell’art.6, commi 1 e 3, lett. a) della l.n.133 del 1999, rilevando che la citata disposizione prevede che alle prestazioni di servizi rese a società del gruppo assicurativo da altra società del gruppo medesimo controllata, controllante o controllata dalla stessa controllante, ai sensi dell’art. 2359 c.c. si applica l’esenzione IVA prevista per le prestazioni di servizi rese nell’ambito delle attività di carattere ausiliario di cui all’art.59, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 385/1993. Ciò che conferma ulteriormente il convincimento che la censura involga un errore valutativo da parte del giudice di legittimità che non rientra nel cono d’ombra del giudizio di revocazione delle sentenze rese dalla Corte di Cassazione.
Tanto è dunque sufficiente per escludere l’esistenza di un errore di fatto da parte del giudice di legittimità, ponendo il ricorrente in discussione, con tutte le censure, l’attività valutativa da questi compiuta e per superare anche i rilievi difensivi esposti dalla ricorrente nella seconda memoria già richiamata in premessa.
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza. Si dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in euro 20.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 % dei compensi.
Dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 3852 depositata il 12 febbraio 2024 - L'errore revocatorio è configurabile solo nelle ipotesi in cui questa Corte sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo, laddove non può…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 14045 depositata il 22 maggio 2023 - L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 6684 depositata il 6 marzo 2023 - In materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore di fatto di cui all'art. 395 n. 4, c.p.c. deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che…
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36999 depositata il 16 dicembre 2022 - In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e, in particolare, quando…
- Corte di Cassazione sentenza n. 32056 depositata il 28 ottobre 2022 - In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e, in particolare, quando…
- Corte di Cassazione sentenza n. 32480 depositata il 4 novembre 2022 - In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e, in particolare, quando…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…