CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2021, n. 24071
Fallimento – Insinuazione al passivo – Credito per omesso versamento di tasse automobilistiche – Credito privilegiato
Fatti di causa
1. – La Regione Veneto ha presentato domanda di insinuazione in via di privilegio ex art 2752, comma 3, cod. civ. nel fallimento della s.r.l. T.
A base della richiesta ha posto il credito derivante dall’omesso versamento di tasse automobilistiche da parte della società poi fallita.
2. – Il giudice delegato ha invece ammesso il credito al chirografo.
3. – Al provvedimento ha fatto seguito l’opposizione ex artt. 98 s. legge fall., da parte della Regione.
Il Tribunale di Vicenza, investito della questione, ha rigettato l’opposizione con decreto depositato in data 21 gennaio 2020.
4. – Dichiarato di porsi in «consapevole dissenso rispetto alla giurisprudenza di legittimità», che riconosce il privilegio ex art. 2752 ult. comma cod. civ. al credito da omesso versamento di della tassa automobilistica, la pronuncia ha rilevato che questa norma fa testuale riferimento alla nozione di «ente locale» (in non diversa prospettiva pure richiamando, ha aggiunto, la «legge per la finanza locale»).
Da tale constatazione ha fatto derivare che l’ente regionale non può essere in alcun modo ricondotto entro il relativo ambito normativo, posto che la disposizione dell’art. 2, comma 1, TUEL definisce – con disposizione stimata di «valenza trasversale nell’ordinamento» – quali enti locali i «comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni».
Non potrebbe valere al riguardo – anche si precisa – la circostanza che, secondo il testo costituzionale, la Regione è da ritenere «ente territoriale». «Tra “ente territoriale” ed “ente locale” sussiste» – si annota – «un rapporto tra genere e specie, il primo indicando unicamente quegli enti che hanno carattere esponenziale degli interessi di una data comunità stanziata sul territorio, il secondo gli specifici enti di cui all’art. 2, comma 1, TUEL».
In proposito, risulta in ogni caso «insuperabile» – si prosegue – la «necessità di dare ai termini, specie a quelli che evocano un concetto giuridico altrove puntualmente definito, il loro proprio significato»: «non si tratta di attribuire alla legge un significato più ampio di quello immediatamente desumibile dal suo tenore letterale, ma, piuttosto, di ricomprendervi un caso espressamente non contemplato, attraverso una inammissibile
– per la particolarità della materia e difettandone i presupposti
– applicazione analogica».
«Il sillogismo compiuto dalla Suprema Corte – così si viene a concludere – «non appare quindi, per il Tribunale, meritevole di seguito».
5. – Avverso questo provvedimento ricorre la Regione Veneto, articolando tre motivi di ricorso e pure sollevando, in linea subordinata, una specifica questione di legittimità costituzionale.
Il Fallimento non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.
6. – I motivi di ricorso espongono i vizi che qui di seguito vengono riferiti.
Primo motivo: violazione dell’art. 2752 ultimo comma, cod. civ.; dell’art. 12 preleggi e dell’art. 3 Cost.
Il motivo assume che il decreto impugnato ha errato nell’escludere l’ammissibilità di una interpretazione estensiva della norma dell’art. 2752 ultimo comma cod. civ.
Secondo motivo: violazione degli artt. 2752 ultimo comma, 2745 cod. civ., 3, 24 e 119 Cost.
Il motivo assume che il decreto fornisce un’interpretazione dell’art. 2752 ultimo comma «non conforme alla causa del credito», con conseguente errata applicazione dell’art. 2745 cod. civ.
Terzo motivo: violazione degli artt. 2 d.lgs. n. 267/2000, 13 d.l. n. 201/2011 e 5, 114, 119 Cost.
Il motivo riscontra che l’interpretazione della nozione di ente locale, che è fornita nel decreto, è «nominalistica, negando Ila natura dinamica del rinvio alla “legge di finanza locale”, di cui all’art. 2752 cod. civ.».
7. – La questione di legittimità, che viene sollevata in via subordinata, assume che la lettura dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ., che viene effettuata dal decreto impugnato, comporta violazione degli artt. 3, 5, 24, 114 e 119 Cost., nonché del «principio generale di parificazione tra Stato e Regioni in materia tributaria».
8. – I tre motivi del ricorso possono essere esaminati in via unitaria, in ragione della stretta connessione che essi manifestano.
9. – Il ricorso è fondato, con conseguente assorbimento della questione di legittimità costituzionale.
10. – Come segnalato dallo stesso decreto del Tribunale di Vicenza, la Corte si è in più occasioni pronunciata nel senso di riconoscere il privilegio, di cui all’art. 2752 ultimo comma cod. civ., al credito regionale da tassa automobilistica. Si vedano, in particolare, le decisioni di Cass., 8 settembre 2017, n. 210007; di Cass., 4 ottobre 2019, n. 24836; di Cass., 4 ottobre 2019, n. 24837.
L’orientamento è stato fondato, in particolare, su due ordini di osservazioni: una di taglio generale; l’altra di taglio invece puntualmente attinente alla questione qui in esame.
Il primo ordine di rilievi sottolinea come sia ormai del tutto acquisito che le disposizioni sui privilegi possono, di per sé, tollerare l’eventualità di un’interpretazione estensiva. Né v’è ragione, pure si aggiunge, per opinare diversamente nei confronti della norma dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ. (ma va qui richiamato, almeno in limine, pure che la peculiare attitudine all’interpretazione estensiva di tale norma è stata positivamente sottolineata, in specie, dalla sentenza di Cass. Sezioni Unite, 17 maggio 2010, n. 11930).
La seconda osservazione è che il credito per tributi regionali (tra cui appunto quello da tassa automobilistica) presenta le caratteristiche necessarie e sufficienti per potergli predicare – per la via dell’interpretazione estensiva – l’applicazione del privilegio di cui alla ridetta norma.
In questa ultima direzione si è, in particolare, sottolineato che il privilegio in discorso è «volto ad assicurare agli enti la provvista dei mezzi economici necessari per l’adempimento dei loro compiti istituzionale; che, di conseguenza, l’espressione «legge per la finanza locale», di cui alla lettera dell’art. 2752 cod. civ., va riferita non a una specifica legge istitutiva della singola imposta, bensì all’«atto astrattamente generatore dell’imposizione»;
che, e pure in via corrispondente, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13 comma 13, il «riferimento alla “legge per la finanza locale” si intende effettuato a tutte le disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali» (le frasi virgolettate sono tratte da Cass., n. 24836/2019).
11. – A questi argomenti il decreto del Tribunale vicentino oppone, in sequenza, che la norma dell’art. 2752, ult. comma, cod. civ. fa riferimento agli «enti locali»; che nella definizione di ente locale, di cui all’art. 2 TUEL, le regioni non compaiano; che tale norma, e dunque tale definizione, hanno «valenza trasversale» (sopra, nel n. 4).
Il Collegio ritiene che, per la risoluzione dello specifico problema in esame, non sia corretto assegnare alla disposizione dell’art. 2, comma 1, TUEL il peso determinante consegnatole dal decreto e che, anzi, tale disposizione non possieda in proposito un ruolo di qualche rilievo.
Lo stesso articolo 2, comma 1, circoscrive espressamente – va rilevato in prima battuta – la sua portata definitoria al solo ambito del testo unico degli enti locali. Sì che la semplice idea di esportare la definizione fuori dai confini, che si è autoassegnata, andrebbe meditata e argomentata con particolare rigore.
Soprattutto, anche ad ammettere una generica capacità espansiva di tale definizione, a rilevare non potrebbe comunque essere questa semplice circostanza, quanto semmai il positivo riscontro della sua riferibilità specifica e diretta alla norma dell’art. 2752, ult. comma, cod. civ. Diversamente operando, si viene in realtà a dare vita a una ipostasi: quasi che la definizione di «ente locale», di cui all’art. 2 comma 1, avesse – per una qualche sua intrinseca virtù – la forza di valere, e automaticamente, per ognuna delle disposizioni vigenti in cui questo lemma risulta comparire.
Per questo proposito (della non riferibilità del contenuto della nozione, di cui all’art. 2, al contesto del privilegio codicistico, cioè) è da osservare tuttavia che, nei fatti, la normativa del TUEL e quella di cui all’art. 2752 cod. civ. hanno campi di applicazione e perseguono funzioni tra loro del tutto diversi: il testo unico «contiene i principi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali (art. 1, comma 1); l’art. 2752 cod. civ. regola il conflitto tra i creditori di un debitore comune e insolvente.
La prima legge ha orizzonte di carattere propriamente amministrativo, dunque; la seconda appartiene alla sfera caratteristica del diritto privato.
12. – Oppone ancora il Tribunale vicentino che quella predicata da questa Corte per la materia dell’art. 2752 cod. civ. non è un’applicazione in via di interpretazione estensiva, ma un’applicazione analogica. Un conto è la nozione di ente territoriale – si segnala -, un altro quella di ente locale: tra le due nozioni corre un semplice nesso di genere a specie (cfr. sempre nel n. 4).
In proposito, va tuttavia notato che i comuni e le province – che sono gli enti presi in testuale considerazione dalla norma dell’art. 2752, ult. comma, cod. civ. (oltre allo Stato) – condividono con gli enti regionali la natura di «enti territoriali», che è loro conferita dal disposto dell’art. 114 Cost. Né può essere dubbio – vista appunto l’indicazione di fonte costituzionale – che quella di «territoriale» sia la connotazione primaria di tutti e tre gli enti in questione.
Sicché, per potere ritenere non rilevante questa comune – e fondamentale – appartenenza, occorrerebbe individuare un aspetto di «località» che sia presente sfa nelle province che nei comuni e che, per contro, manchi proprio nelle regioni. Soprattutto, occorrerebbe individuare un aspetto che, oltre a possedere l’indicata caratteristica, frapponga specifici e insuperabili ostacoli alla considerazione unitaria delle regioni con le province e i comuni in relazione al particolare contesto di cui all’art. 2752, comma ultimo, cod. civ.
Un simile aspetto, per la verità, non appare sussistente. Per questo riguardo non è senza significato, anzi, segnalare che l’equivalenza – per il peculiare contesto normativo dell’art. 2752, ult. comma, cod. civ. – tra le espressioni «tributi locali» e tributi legati alla «finanza degli enti territoriali» si trova riscontrata dalla sentenza di Cass. Sezioni Unite, n. 11930/2010 (cfr. p. 13 s.).
Questa stessa pronuncia pure ricorda, d’altro canto, che nella relazione del Guardasigilli al codice civile «si legge che l’estensione ai tributi degli enti locali del privilegio generale previsto per i tributi diretti dello Stato è stata determinata dall’esigenza di porre in armonia il sistema del codice con la legge della finanza locale» (e allora va anche rammentato che, se l’istituzione delle province e dei comuni è per gran tratto di tempo anteriore all’emanazione del codice civile 1942, l’istituzione dell’ente regionale avviene invece solo con la promulgazione della Costituzione repubblicana).
13. – In conclusione, va cassato il decreto impugnato. Non si rappresenta la necessità di ulteriori accertamenti in fatto; perciò la Corte può decidere la causa nel merito riconoscendo il privilegio invocato dalla Regione Veneto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, riconosce al credito della Regione Veneto, di cui in motivazione, il privilegio dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ. così ammesso al passivo del fallimento.
Condanna il Fallimento convenuto al pagamento delle spese processuali, che liquida, per il giudizio di merito, in € 1.000,00 e, per il giudizio di legittimità, in € 2.100,00 (di cui € 100,00 per esborsi), oltre in ogni caso accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.