CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2021, n. 24135
Professionista – Iscrizione alla Cassa dei geometri liberi professionisti – Pagamento della contribuzione minima – Natura occasionale dell’esercizio della professione – Accertamento
Rilevato che
la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, ha rigettato le opposizioni proposte da F.G. avverso le cartelle esattoriali (2008-2013) emesse dalla Cassa di Previdenza Geometri a titolo di contribuzione minima per il complessivo ammontare di Euro 27.322; ricostruita la normativa in tema di casse di previdenza private (d.lgs. n. 509 del 1994) la Corte d’appello ha accertato che il professionista non aveva provato l’assenza di attività nel periodo, con la modalità dell’autocertificazione e della dichiarazione di assenza di partita IVA, prevista dalla delibera consiliare n.123 del 2005;
la cassazione della sentenza è domandata da F.G. sulla base di quattro motivi;
la Cassa di Previdenza Geometri ha depositato ricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’Adunanza camerale;
l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1,n. 3 cod. proc. civ., parte ricorrente contesta “Violazione dell’art. 22 della legge 773 del 1982 e dell’art. 3 lett b) del d.lgs. n. 509/94 e falsa applicazione delle disposizioni dettate dal d.lgs n. 509/94”; denuncia che alla luce delle leggi vigenti il contributo non sarebbe dovuto, l’iscrizione d’ufficio del ricorrente sarebbe illegittima, con conseguente illegittimità delle pretese contributive avanzate dall’Ente per gli anni dal 2008 al 2013;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc civ., deduce “Violazione dell’art. 2222 c.c.; falsa applicazione dell’art. 5 dello Statuto CIPAG; violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. – Sull’inesistenza di alcuna forma di esercizio professionale ex art. 2222 c.c. – segnatamente di geometra – da parte del ricorrente nel periodo dal 2008 al 2013”;
afferma l’insussistenza del presupposto di cui all’art. 22 della l. n. 773 del 1982 per l’assenza di svolgimento continuativo dell’attività professionale, comprovata dalla circostanza che il ricorrente era imprenditore ed amministratore di società per la quale era contestualmente iscritto alla gestione artigiani INPS;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di assolvimento dell’onere della prova facente carico in via esclusiva alla opposta CIPAG, tenuta a fornire la prova dell’an e del quantum della pretesa continuativa azionata”;
denuncia l’erroneità dell’affermazione secondo cui sarebbe stata la cassa a dover provare lo svolgimento dell’attività, senza poter argomentare che, il fatto che il G. svolgeva le funzioni di amministratore di una società commerciale operante nel settore immobiliare, potesse far presumere l’espletamento di attività a contenuto tecnico e professionale;
col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 e n. 5 cod. proc. civ., lamenta “Esistenza di un giudicato esterno tra le parti – art. 2909 c.c. (l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa) – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”;
rivendica l’autorità di giudicato della sentenza n. 207 del 2018 del Tribunale di Ascoli Piceno, resa fra le stesse parti in relazione ad un debito del G., depositata in appello e di cui la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto;
il primo motivo è infondato;
questa Corte in fattispecie sovrapponibile ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di casse previdenziali privatizzate, ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa dei geometri liberi professionisti e del pagamento della contribuzione minima, è condizione sufficiente, alla stregua del regolamento della predetta Cassa, l’iscrizione all’albo professionale – essendo irrilevante la natura occasionale dell’esercizio della professione e la mancata produzione di reddito -, avendo il predetto regolamento definito il sistema degli obblighi contributivi in linea con i principi di cui alla l. n. 335 del 1995, che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine degli enti.”(cfr., da ultimo, Cass. n. 4568 del 2021);
il secondo e i terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per evidente connessione, sono inammissibili;
la Corte territoriale ha compiuto un accertamento di fatto articolato, rilevando che il ricorrente, iscritto all’Albo dei geometri, non aveva provveduto all’invio dell’autocertificazione richiesta dalla delibera n. 123 del 2009 della Cassa al fine di dimostrare l’inesistenza dello svolgimento dell’attività professionale; ha inoltre valutato che le stesse ammissioni del ricorrente, di operare quale imprenditore edile nonché amministratore di società di capitali operante nel settore immobiliare, secondo l’id quod plerumque accidit, confermava l’espletamento di attività che presuppongono cognizioni e competenze proprie del geometra (p. 7 sent.”misurazioni e rilievi catastali di immobili, progettazione, direzione e vigilanza di costruzioni civili, sia pure di modeste dimensioni”);
a fronte del predetto accertamento, le prospettazioni del ricorrente deducono solo apparentemente violazioni di legge, là dove mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito;
va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (Cass. n. 18721 del 2018; Cass. n. 8758 del 2017);
quanto al quarto motivo esso è del pari inammissibile;
il ricorrente riferisce di una sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, che dichiara depositata in atti in modalità telematica, alla cui autorità di giudicato si appella; a sua volta la Cassa controricorrente eccepisce che la controversia decisa dal Tribunale di Ascoli Piceno abbia riguardato un diverso periodo d’imposta (2014) e, dunque, un diverso rapporto contributivo;
la censura è genericamente prospettata, rivelandosi non conforme agli obblighi di specificazione e di allegazione previsti dagli artt. 366 n. 4 e 369 n. 6 cod. proc. civ. per il giudizio di cassazione, validi anche nel caso in cui venga contestato l’omesso esame di un fatto storico decisivo (Sez. Un. 8053 del 2014);
nel caso di specie parte ricorrente per evitare di incorrere in una statuizione d’inammissibilità, avrebbe dovuto quanto meno trascrivere il contenuto della sentenza della cui omessa valutazione si duole;
in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte il ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n.11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
non si provvede sulle spese nei confronti della Agenzia delle Entrate -Riscossione rimasta intimata;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della Cassa di Previdenza Geometri, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della l. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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