CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 agosto 2018, n. 20661
Licenziamento per giusta causa – Plurime irregolarità – Rilascio di contrassegni di circolazione in assenza della preventiva omologazione dei mezzi – Contestazioni tardive – Prova
Rilevato che
1.1. con ricorso al Tribunale di Roma P. D. B. impugnava il licenziamento per giusta causa intimatogli dal Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. in data 23/6/2010 sulla base della contestazione di plurime irregolarità emerse in relazione alla gestione del rilascio dei contrassegni di circolazione in favore delle imprese appaltatrici ed in particolare in relazione all’avvenuto rilascio di tali contrassegni pur in assenza della preventiva omologazione dei mezzi o in mancanza di verifiche sulla “storia” dei mezzi, con riguardo alla loro provenienza e ad eventuali interventi di modifica e riparazione o in presenza di difformità con le informazioni contenute nei libretti di circolazione ed ancora in relazione al mancato aggiornamento della “banca dati” del registro immatricolazioni ed alla mancata attivazione dell’iter procedimentale per il recupero del servizio reso a terzi e dei relativi introiti;
1.2. il Tribunale dichiarava l’illegittimità del licenziamento ritenendo tardive due delle contestazioni e non provate le altre;
1.3. la decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Roma;
ad avviso dei giudici del gravame le contestazioni relative alla mancata implementazione del registro immatricolazioni ed alla mancata attivazione dell’iter per il recupero dei costi per lavoro conto terzi (che secondo il Tribunale erano state anche genericamente descritte) erano di semplice accertamento e quindi non era giustificato il tempo che la società aveva impiegato prima della relativa contestazione;
quanto alle altre contestazioni evidenziavano che le risultanze processuali avessero fornito una diversa ma chiara rappresentazione relativamente alla posizione dell’appellato, alle mansioni in concreto svolte ed agli incarichi affidatigli e rilevavano che il predetto, cui era stato contestato un comportamento commissivo e non una omessa vigilanza sull’altrui condotta, non era il solo dipendente ad occuparsi delle pratiche per il rilascio dei contrassegni svolgendo i medesimi compiti, su un piano paritario, anche altro dipendente (A. B.) e non vi era la prova che le contestate irregolarità fossero da attribuire al D. B. in via diretta;
2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. propone ricorso per cassazione fondato su sette motivi ulteriormente illustrato da memoria;
3. P. Dalla B. resiste con controricorso.
Considerato che
1. va preliminarmente disattesa l’eccezione di tardività del controricorso formulata dalla società ricorrente;
ed infatti, a fronte di un ricorso consegnato per la notifica in data 20/7/2016, notificato il 29/7/2016 (con termine per il deposito fino al 18 agosto 2016 – v. Cass. 3 dicembre 2015, n. 24639 -), il controricorso è stato consegnato per la notifica il 6/9/2016 (e dunque entro il termine previsto dall’art. 370, co. 1, cod. proc. civ. – venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso scadenti il 7/9/2016 -), notificato il 7/9/2016 e depositato il successivo 19/9/206 (e dunque entro il termine di cui all’art. 370, co. 3, cod. proc. civ. – venti giorni dalla notifica -);
2.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
rileva che, ai fini della valutazione della tempestività dei due addebiti di cui ai punti e) e f) della lettera di contestazione, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che solo all’esito degli accertamenti interni dell’aprile 2010 la società aveva potuto apprende i fatti omissivi contestati al Dalla B. il quale svolgeva la propria attività presso il Cerifer di Verona, il che rendeva impossibile un controllo aziendale pratica per pratica;
2.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 7, co. 2, della I. n. 300/1970 anche in relazione all’art. 2697 cod. civ.;
rileva che la Corte di appello abbia ritenuto conoscibili nell’immediatezza i fatti di cui alle contestazioni punti e) ed f) laddove la società aveva dimostrato di aver appreso di tali comportamenti omissivi solo nell’aprile/maggio 2010 così invertendo l’onere della prova atteso che a fronte di tale dimostrazione sarebbe stato onere del lavoratore dimostrare una conoscenza anteriore;
2.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 7 I. n. 300/1970 anche in relazione all’art. 2697 cod. civ. nonché degli artt. 1362, 1363, 1365, 1366 in combinato disposto con gli artt. 1324 e 1334 cod. civ.;
lamenta che la Corte di appello non abbia considerato la culpa in vigilando del D. B. laddove, essendo I fatti addebitati descritti con precisione, nulla impediva di ritenere sussistente una ulteriore responsabilità del D. B. per responsabilità gestionale rispetto all’attività da altri posta In essere, ciò specie in considerazione del contenuto della lettera di contestazione e del dato testuale (con il riferimento al ruolo di professional senior del D. B., asseritamente evocante il controllo sul collaboratore);
2.4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
rileva che la Corte territoriale non abbia erroneamente tenuto conto del fatto che il Dalla B. era superiore gerarchico del dipendente B.;
2.5. con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 2119 cod. civ.;
rileva che la Corte territoriale abbia erroneamente escluso la responsabilità del Dalla B. in relazione al complessivo comportamento allo stesso in ragione del ruolo dallo stesso rivestito all’interno della struttura e di superiore gerarchico;
2.6. con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363, 1365, 1366 in combinato disposto con gli artt. 1324 e 1334 cod. civ.;
lamenta che la Corte territoriale abbia fatto riferimento alle sole tre pratiche di cui alla contestazione disciplinare senza considerare che le stesse erano indicate a mero titolo esemplificativo, non esaustivo di tutte le mancanza;
2.7. con il settimo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 1227 cod. civ.;
rileva che la Corte territoriale abbia errato nel non considerare la detraibilità dell’aliunde perceptum.
3.1. il primo e secondo motivo (da trattarsi congiuntamente in ragione dell’intrinseca connessione) non sono fondati;
non c’è stato alcun omesso esame in quanto la Corte territoriale ha spiegato perché per rilevare le condotte omissive di cui agli indicati addebiti non fosse necessario alcun accertamento particolare considerando che il Dalla B. non aveva fatto nulla per occultare la mancata implementazione del registro o la mancata attivazione del recupero costi e che si trattava di omissioni agevolmente individuabili nell’immediatezza del verificarsi delle stesse per essere ‘sufficiente il mero rilievo dell’assenza del comportamento in tesi da tenere e non tenuto”;
la Corte ha ben avuto presente la circostanza che il Dalla B. prestasse la propria attività presso gli uffici del Cerifer di Verona ma, con riguardo alle contestazioni suddette, ne ha evidentemente ritenuto l’irrilevanza proprio in ragione della facile individuabilità delle omissioni;
in ogni caso, la denuncia di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio riferita all’omessa valutazione di circostanze di fatto ricavabili dagli atti non corrisponde al paradigma del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. quale risultante a seguito della riformulazione da parte dell’art. 54, d.l. n. 83/2012 (conv. con l. n. 134/2012); come infatti precisato da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, può essere dedotto in sede di legittimità soltanto l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, restando viceversa esclusa la possibilità di dolersi dell’omesso esame di elementi istruttori, qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
non vi è stata alcuna violazione dell’art. 7 co. 2 della I. n. 300/1970 atteso che la valutazione delle circostanze di fatto ai fini della integrazione del requisito dell’immediatezza è comunque riservata al giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità;
Il ricorrente, inoltre, pur deducendo la violazione dell’art. 2697 cod. civ., non censura l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della regola di giudizio fondata sull’onere della prova e dunque per avere attribuito l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, e dunque si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 360, co. 1, cod. proc. civ. perché, ad onta del richiamo normativo in esso contenuto, sostanzialmente sollecita una rivisitazione nel merito della vicenda (non consentita in sede di legittimità) affinché si fornisca un diverso apprezzamento delle prove (Cass., Sez. un., 10 giugno 2016, n. 11892);
in ogni caso non vi è stata alcuna violazione dell’onere della prova circa la tempestività della contestazione atteso che tale onere ricade sul datore di lavoro (Cass. 26 marzo 2010, n. 7410; Cass. 27 febbraio 2014, n. 4724) e la Corte territoriale ha ritenuto tale onere non adempiuto pur a mezzo della produzione della relazione della Commissione d’inchiesta del 31/5/2010 ritenendo le omissioni rilevabili ben prima di tale relazione;
3.2. il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso (da trattarsi congiuntamente in ragione dell’intrinseca connessione) sono infondati;
quanto alla denuncia di omesso esame valgano le considerazioni già sopra svolte dovendosi rilevare che la Corte territoriale ha specificamente preso in considerazione la posizione del D. B. rispetto a quella dell’altro dipendente in servizio presso la medesima struttura escludendo che il primo fosse responsabile in via esclusiva di ogni pratica ai fini del successivo rilascio dei contrassegni atteso che anche il dipendente B., con specifico riguardo a tali pratiche, svolgeva su un piano paritario i medesimi compiti (si rileva dalla sentenza che entrambi i dipendenti erano collaboratori del loro superiore nell’attività di rilascio dei contrassegni e che il D. B. non aveva responsabilità sull’operato del B. come si evinceva dalla procedura organizzativa interna del Cesifer, giusta quanto risultante dalla documentazione della parte convenuta);
per il resto, ad onta dei richiami normativi contenuti dei motivi, la ricorrente in realtà sollecita una generale rivisitazione della vicenda e delle risultanze istruttorie (così anche del contenuto e della portata della lettera di contestazione) affinché se ne fornisca un diverso apprezzamento in punto di fatto, ma tale modus operandi non è neppure idoneo a segnalare un vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nuovo testo;
anche in questo caso non vi è stata alcuna violazione dell’onere della prova né la Corte territoriale ha erroneamente considerato gli standards legali che presidiano la nozione di giusta causa avendo, a monte, escluso che sussistesse la prova che i comportamenti contestati all’appellato (come linearmente ricavati dalla lettera di contestazione) fossero allo stesso effettivamente ascrivibili;
3.3. è infondato anche il sesto motivo;
emerge dalla stessa sentenza oltre che dal ricorso e dal controricorso che il Dalla B. era stato chiamato a rispondere di pratiche distinte, analiticamente elencate dalla società;
era di tali addebiti specificamente individuati che, dunque, il predetto doveva rispondere e non di altri, in ossequio al principio della specificità ed immutabilità della contestazione;
3.4. il settimo motivo è inammissibile;
non si evince quando ed in che termini la questione (non trattata nella sentenza impugnata) sia stata posta dinanzi ai giudici di merito;
4. conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato;
5. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;
6. va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2022, n. 30271 - Il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l'esigenza dell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20882 depositata il 18 luglio 2023 - In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione integra elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro in quanto, per la funzione di…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 2005 depositata il 18 gennaio 2024 - Tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo la differenza è quantitativa e non ontologica e dunque, anche in relazione alla fattispecie del giustificato motivo soggettivo,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 18415 depositata il 28 giugno 2023 - Nel licenziamento per giusta causa il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 aprile 2021, n. 10028 - Il principio della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 30464 depositata il 2 novembre 2023 - In tema di licenziamento del dirigente, la nozione di “giustificatezza” non coincide con quelle di “giusta causa” e di “giustificato motivo” proprie dei rapporti di lavoro delle…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…