CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 agosto 2018, n. 20662
Rapporto di lavoro – Illecito utilizzo della carta carburante – Destituzione dal servizio – Riesame della documentazione cartacea relativa ai rifornimenti contestati al lavoratore – Prova
Rilevato
1. che con sentenza n. 2171 pubblicata il 27.9.2016, la Corte d’appello di Bari ha respinto l’appello avverso la pronuncia di primo grado di rigetto della domanda volta alla declaratoria di illegittimità della destituzione dal servizio, disposta dalla società datoriale il 15.11.2010, per illecito utilizzo della carta carburante;
2. che ha rilevato come il lavoratore non avesse mai contestato, in sede disciplinare, l’esecuzione dei rifornimenti elencati nella lettera di contestazione ma solo tentato di fornire possibili spiegazioni non suffragate da alcun elemento di prova e che nel corso dell’audizione avesse ipotizzato una sua possibile negligenza;
3. che allo stesso modo, nel ricorso introduttivo del giudizio non aveva negato i fatti, cioè le modalità di esecuzione dei rifornimenti e le discrasie accertate, ma prospettato possibili ragioni di non ascrivibilità a sé di quanto accaduto;
4. che il lavoratore aveva sì richiesto nella lettera di giustificazioni di poter visionare la documentazione da cui erano emerse le discrasie ma che in sede di audizione, dopo l’illustrazione dei singoli episodi ad opera degli ingegneri che avevano partecipato al controllo presso la stazione A. di Altamura, non aveva lamentato la mancata messa a disposizione dei documenti e il rappresentante sindacale si era limitato a sollecitare un riesame della documentazione cartacea relativa ai rifornimenti contestati al lavoratore “al fine di fugare ogni dubbio sull’attendibilità del sistema di gestione per il rifornimento di gasolio dell’A.”;
5. che le prove testimoniali non avevano fornito alcun elemento utile alla tesi del lavoratore; il teste S., titolare della stazione A., aveva riferito che, al momento del pagamento, l’operatore addetto al rifornimento provvede a indicare i litri erogati, in presenza dell’autista che digita il “Pin” legato alla carta; il teste F. aveva dichiarato che il D. M. lasciava la carta al benzinaio e si allontanava e che quest’ultimo provvedeva alle operazioni di pagamento con la carta;
6. che il tentativo del lavoratore di insinuare un infedele inserimento dei dati da parte del benzinaio sarebbe, secondo la Corte d’appello, contraddetto dal rilievo che in due occasioni, a fronte degli scontrini emessi, non risulterebbe alcuna erogazione di benzina e che, in ogni caso, sarebbe addebitabile al lavoratore l’aver consentito un illegittimo uso della carta;
7. che non avevano rilievo le censure del lavoratore sui criteri di calcolo del consumo medio in quanto il materiale istruttorio forniva prova sufficiente dell’indebito utilizzo della carta, anche a prescindere dal dato dell’anomalo consumo di carburante;
8. che la sanzione espulsiva adottata rispecchia il canone di proporzionalità mentre non è provata, ed è comunque irrilevante, l’allegazione sul diverso trattamento riservato ad altri dipendenti a fronte delle medesime inadempienze;
9. che avverso tale sentenza il sig. D. M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, cui ha resistito con controricorso la società datoriale;
Considerato:
10. che col primo motivo di ricorso, il lavoratore ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 416 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., nonché dell’art. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931;
11. che ha censurato la sentenza per aver desunto dalla non contestazione sull’esecuzione dei rifornimenti, la prova dell’illecito utilizzo dell’A. card, in tal modo invertendo l’onere della prova, con motivazione apparente, in violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., e sussumendo erroneamente il fatto dei rifornimenti eseguiti nella fattispecie di appropriazione o defraudazione dolosa di cui all’art. 45 sopra citato;
12. che col secondo motivo di ricorso il lavoratore ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931, art. 5, L. n. 604 del 1966, in relazione all’art. 360, comma 1, n 3 c.p.c.; violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto sussistente l’addebito in assenza di elementi sintomatici di un comportamento doloso, come richiesto dall’art. 45 citato;
13. che col terzo motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 5, L. n. 604 del 1966, dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931, in relazione all’art. 360, comma 1, n 3 c.p.c., per aver addossato al lavoratore l’onere probatorio gravante invece sul datore in relazione all’addebito disciplinare;
14. che col quarto motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931, in relazione all’art. 360, comma 1, n 3 c.p.c. e violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la Corte utilizzato, come termine di comparazione degli scontrini consegnati dal dipendente, le registrazioni delle erogazioni di carburante, non confermate dal teste titolare della stazione A.;
15. che col quinto motivo il predetto ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931, e in via gradata degli artt. 44 n. 3 e 42 n. 10 del medesimo decreto, nonché violazione degli artt. 112 c.p.c., 41 Cost., 2086, in relazione all’art. 360, comma 1, n 3 c.p.c. per aver ritenuto legittima la destituzione pur a fronte di una condotta leggibile in termini di omesso controllo e negligenza;
16. che col sesto motivo il predetto ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 53, all. A) R.D. n. 148 del 1931, violazione del principio del contraddittorio e delle garanzie partecipative al procedimento disciplinare, in relazione all’art. 360, comma 1, n 3 c.p.c., per non avere avuto accesso alla documentazione su cui si fondava la contestazione disciplinare, nonostante la richiesta fatta nella lettera di giustificazioni;
17. che col settimo motivo il predetto ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 2106, 2119 c.c., 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931; violazione dell’art. 356 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., per erronea applicazione del principio di proporzionalità della sanzione;
18. che il primo motivo di ricorso è infondato, atteso che la Corte d’appello non ha ricavato la prova dell’addebito dalla mancata contestazione di esecuzione dei rifornimenti bensì ha tratto argomenti di prova, in conformità all’art. 116 c.p.c., dalle giustificazioni addotte dal lavoratore nella lettera di giustificazione e nel ricorso introduttivo della lite nonché dal contegno del medesimo nel processo;
19. che non si ravvisa un vizio di sussunzione nell’art. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931 avendo la Corte, con motivazione sintetica ma congrua, escluso la plausibilità logica di una condotta puramente colposa del lavoratore in base al dato, risultante dagli scontrini, dell’assenza in due casi di erogazione di benzina, con la conseguenza che “non si è trattato solo di un’annotazione eccessiva ma di un’annotazione relativa a un’erogazione mai effettuata”, compatibile unicamente con una condotta consapevole e dolosa;
20. che quanto appena detto rivela l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso;
21. che infondato è anche il terzo motivo, atteso che la sentenza impugnata ha posto a base della decisione le prove documentali e testimoniali richieste dalla società datoriale ed ha utilizzato la condotta tenuta dal lavoratore nel procedimento disciplinare e nel processo quale argomento di prova;
22. che il quarto motivo, in quanto si esaurisce nella deduzione di una erronea valutazione delle prove come effettuata dalla Corte di merito, esula dal novero delle censure che possono farsi valere in sede di legittimità, (cfr. Cass., S.U., n. 24148 del 2013);
23. che il quinto motivo è infondato per le ragioni già esposte in relazione al primo motivo quanto alla corretta sussunzione della condotta nell’art. 45, n. 4, all. A) R.D. n. 148 del 1931, dovendosi ritenere meramente ipotetico il riferimento fatto in sentenza ad una possibile negligenza nella tenuta e gestione della carta carburanti, data la presenza di scontrini relativi anche ad erogazioni mai effettuate, compatibili solo con una condotta consapevole e dolosa;
24. che il sesto motivo è inammissibile in quanto il ricorrente ha omesso di trascrivere e depositare i documenti necessari all’esame della censura mossa. Questa si fonda sulla richiesta di esibizione della documentazione aziendale avanzata nella lettera di giustificazione in relazione alla quale il ricorrente ha indicato la produzione come doc. 6 del fascicolo di primo grado. La censura si basa, inoltre, sul foglio di servizio del 27.9.2010 che si assume “artificiosamente modificato dall’azienda che lo ha prodotto in giudizio con la diversa data, modificata con la penna, del 28.9.2010” e sulle relazioni aziendali del 12.10.2010 e del 25.10.2010; nessuno di questi atti è stato trascritto nel ricorso né depositato, con conseguente violazione del canone di autosufficienza;
25. che il settimo motivo è infondato;
26. che per costante giurisprudenza, il giudice di merito deve valutare se vi è proporzione tra l’infrazione commessa dal lavoratore e la sanzione irrogatagli. A tal fine deve tenere conto anche delle circostanze oggettive e soggettive della condotta e di tutti gli altri elementi idonei a verificare se il disposto dell’art. 2119 c.c. – richiamato dall’art. 1 della legge n. 604/66 – sia adeguato alla fattispecie concreta (cfr. Cass., 8131 del 2017; Cass. n. 8456 del 2011; Cass. n. 736 del 2002; Cass. n. 1144 del 2000);
27. che la proporzionalità della sanzione va indagata sia in astratto (rispetto alle previsioni pattizie e alla nozione legale di giusta causa o giustificato motivo) e sia in concreto, cioè in relazione alle singole circostanze oggettive e soggettive che hanno caratterizzato la condotta;
28. che la sentenza impugnata ha correttamente svolto tale complessa indagine, statuendo motivatamente, anche attraverso gli elementi già valorizzati dal Tribunale, sulla oggettiva ed estrema gravità della condotta di illecito utilizzo della carta carburante, presupponente un accordo illecito con l’addetto alla stazione A., condotta reiterata nel tempo e specificamente lesiva della fiducia di parte datoriale non in condizioni di esercitare un controllo immediato sulla correttezza del comportamento del dipendente;
29. che infondata è la censura di violazione dell’art. 356 c.p.c. avendo la Corte territoriale ritenuto irrilevante, oltre che non dimostrata, la dedotta diversa condotta assunta dalla società a fronte di analoghi illeciti disciplinari commessi da altri dipendenti;
30. che per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;
31. che deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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