CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 agosto 2018, n. 20665
Rapporto di lavoro – Accertamento della nullità del contratto di apprendistato – Diritto alla superiore qualifica dirigenziale Prova – Licenziamento
Rilevato che
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata in data 25/6/2013 accoglieva in parte il gravame proposto da L. T. nei confronti della T. s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Monza che aveva dichiarato improcedibile – in ragione della applicazione di clausola contrattuale compromissoria – il ricorso proposto dal T., ed avente ad oggetto una pluralità di rivendicazioni relative all’accertamento della nullità del contratto di apprendistato, del diritto alla superiore qualifica dirigenziale, o in subordine di quadro, connesse al rapporto di lavoro intercorso con la T. s.p.a., risolto in data 7/11/2007 con licenziamento orale e privo di giustificatezza.
La Corte distrettuale accertava che tutti i diritti di carattere economico derivanti dalle domande concernenti la pretesa illegittimità del contratto di apprendistato risalente agli anni 2001-2003 erano prescritti, essendo il rapporto assistito da stabilità reale, con conseguente decorrenza della prescrizione nel corso dello stesso; che non era stata acquisita prova del collegamento fra le società convenute, prospettato dal ricorrente; che l’attività istruttoria espletata in grado di appello aveva consentito di acclarare la fondatezza del diritto azionato in relazione alla rivendicazione della superiore qualifica di quadro per il periodo gennaio 2004-settembre 2005, ritenendo insussistenti i presupposti per il riconoscimento della qualifica dirigenziale; condannava quindi la società T. al pagamento della somma di “euro 402,91 oltre la relativa incidenza sul T.F.R.” con accessori di legge.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione L. T. affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso la T. s.p.a.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. Lamenta che la Corte distrettuale gli abbia concesso termine per note onde produrre idonei conteggi inerenti alle competenze rivendicate, ed ulteriore termine alla controparte per replicare, così impedendo, in violazione del principio del contraddittorio, di partecipare a tutti gli atti processuali, quali la contestazione degli avversi conteggi.
2. Il secondo motivo prospetta violazione dell’art. 2697 c.c. Ci si duole che il giudice del gravame abbia ritenuto prescritte le competenze retributive rivendicate in relazione al periodo 2001-2004, sul rilievo che la società non abbia in alcun modo dimostrato il requisito dimensionale, il cui onus probandi grava, per costante giurisprudenza di legittimità, sulla parte datoriale.
3. Con la terza censura il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2946 c.c. Stigmatizza l’impugnata sentenza per avere omesso la disamina delle domande inerenti alla nullità del contratto di apprendistato sull’erroneo presupposto della prescrizione dei diritti vantati. Deduce che il giudice del gravame avrebbe dovuto esaminare le domande di accertamento del diritto all’inquadramento nella qualifica superiore in data anteriore al gennaio 2009 (epoca in cui si era ritenuta perfezionata la prescrizione del diritto azionato), anche al fine di riconoscere il diritto al T.F.R.
4. Il quarto motivo denuncia omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia
Si deduce che le prove di natura testimoniale acquisite avevano confermato la gestione, da parte ricorrente, di importanti aree di mercato e compiti di coordinamento dei venditori, contestandosi il malgoverno del materiale istruttorio, che, rettamente interpretato, avrebbe consentito l’accertamento del diritto alla qualifica dirigenziale (o in subordine a quella di quadro) ab initio.
5. Prioritario, in ordine logico, è l’esame dei motivi secondo e terzo attinenti alla prescrizione del diritto alla superiore qualifica rivendicata ed alle competenze retributive connesse.
I motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono fondati.
6. Occorre premettere che nell’affrontare le articolate questioni sottoposte al suo scrutinio, la Corte di merito ha considerato quale dato acquisito agli atti, la circostanza che L. T. fosse “dipendente con rapporto di lavoro assistito da tutela reale”, di guisa che il termine prescrizionale dei diritti economici azionati, doveva ritenersi decorso anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.
Siffatte conclusioni appaiono il frutto di una non corretta interpretazione della domanda avanzata dall’attore – il quale a conclusione delle plurime domande formulate in ricorso introduttivo, aveva invocato l’applicazione della tutela reale instando per la reintegra nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 18 I. 300/70 – e di una conseguente violazione dei principi in tema di prova della sussistenza del requisito dimensionale coessenziale alla applicazione di detta tutela e rilevante ai fini del decorso dei termini prescrizionali.
Emerge dagli atti, oltre che dalle medesime allegazioni di parte controricorrente (vedi pag. 41 del controricorso), come la domanda introduttiva del giudizio concernesse l’applicazione della richiamata norma statutaria, sul presupposto che all’atto del licenziamento, e per effetto del collegamento societario, le società convenute occupassero più di 15 dipendenti.
La prospettazione attorea – che associa, peraltro, la ricorrenza del requisito dimensionale alla sussistenza di un collegamento societario fra le convenute – appare evidentemente riferita al momento conclusivo del rapporto inter partes.
Non appare, pertanto, utilmente invocabile nella specie, il principio di non contestazione cui la società ha ancorato, nelle proprie difese, l’accertamento del requisito di stabilità del rapporto inter partes, giacché questo doveva intendersi riferito all’epoca di risoluzione del rapporto, e perché nessun principio di non contestazione può essere utilmente invocato quando manchi – per quanto sinora detto, in relazione ad epoca precedente alla cessazione del contratto intercorso fra le parti – la correlativa allegazione.
Come questa Corte insegna, nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talché la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rende inutile provare il fatto stesso perché lo rende incontroverso, mentre la mancata contestazione dei fatti dedotti in esclusiva funzione probatoria opera unicamente sulla formulazione del convincimento del giudice. Tuttavia, intanto la mancata contestazione da parte del convenuto può avere le conseguenze ora specificate, in quanto i dati fattuali, interessanti sotto diversi profili la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso (o perché fondativi del diritto fatto valere in giudizio o perché rivolti a introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria), non potendo, il convenuto, contestare ciò che non è stato detto, anche perché il rito del lavoro si caratterizza per una circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, donde l’impossibilità di contestare o richiedere prova – oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito – su fatti non allegati nonché su circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano state esplicitate in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo (vedi ex plurimis, Cass. S.U. 17/6/2004 n. 11353, Cass. 9/2/2012 n. 1878).
7. Ne consegue che la statuizione censurata ha vulnerato il principio ormai definito dal diritto vivente, alla cui stregua spetta al datore di lavoro il quale deduca la prescrizione (quinquennale) del credito del lavoratore in costanza di rapporto, provare che questo è presidiato dai necessari requisiti di stabilità reale, requisiti da verificarsi con riferimento alle dimensioni dell’unità produttiva cui è addetto il lavoratore medesimo (vedi per tutte Cass. 1/7/1998 n. 6441, cui adde Cass. 16/5/2012 n. 7640), con la precisazione che la prescrizione quinquennale concernente le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive, decorre anche quando il diritto a tali differenze venga fatto valere contemporaneamente al diritto all’attribuzione alla qualifica superiore, soggetto alla prescrizione decennale (in tali sensi, vedi Cass. 26/10/2016 n. 21645, Cass. 8/4/2011 n. 8057).
8. Infondato è invece il quarto motivo.
Nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 comma 1 n. 5, c.p.c., operata dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in I. n. 134 del 2012, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti (cfr. Cass. 21/10/2015 n. 21439). Il nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ. n. 5 applicabile alla fattispecie ratione temporis, introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. un. 7/4/2014 n. 8053, Cass. sez. un. 22/9/2014 n. 19881).
In questa prospettiva, proseguono le Sezioni Unite, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare la nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”.
Pertanto, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
9. Nella specie il ricorrente si limita a proporre una diversa lettura ed interpretazione dei dati acquisiti al giudizio, non consentita nella presente sede, per quanto sinora detto.
L’iter motivazionale che innerva l’impugnata sentenza, non risponde infatti ai requisiti dell’assoluta omissione, della mera apparenza ovvero della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta, che avrebbero potuto giustificare l’esercizio del sindacato di legittimità.
La Corte distrettuale ha infatti proceduto ad una approfondita ricognizione critica dei dati testimoniali e documentali acquisiti, specificamente motivando le ragioni che inducevano a denegare riconoscimento alla qualifica dirigenziale rivendicata in via principale dal ricorrente. Era emerso, invero, dall’articolato quadro istruttorio, che il ricorrente si occupava del settore commerciale provvedendo alla soluzione delle problematiche insorte, ma in assenza di coordinamento di personale, così come di una piena autonomia gestionale giacché le condizioni contrattuali definite con la clientela, dovevano sempre essere sottoposte al riscontro del presidente L. T.
In definitiva, consona alla natura delle mansioni espletate – ad eccezione di un periodo di iniziale affiancamento coincidente con il periodo di apprendistato – doveva ritenersi appropriata, a far tempo dal gennaio 2004, la qualifica di quadro.
10. Alla stregua delle superiori argomentazioni, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso e respinto il quarto, restando logicamente assorbito il primo.La pronuncia impugnata, in relazione ai motivi accolti, va, quindi cassata con rinvio alla Corte distrettuale designata in dispositivo che, applicando i summenzionati principi, provvederà a scrutinare la vicenda di merito disponendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il quarto, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
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