CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 gennaio 2019, n. 199
Rapporto di agenzia – Subordinazione – Accertamento – Elementi distintivi – Attività economica esercitata con organizzazione di mezzi ed assunzione del rischio da parte dell’agente
Rilevato che
1. con sentenza del 7 aprile 2014, la Corte di appello di Lecce rigettava il gravame proposto da C.A. e L.Z. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Lecce, con la quale era stata respinta la domanda proposta dai predetti, intesa ad ottenere il riconoscimento della natura subordinata del rapporto intercorso dal 1971 al 2001 con la società P. s.p.a., e in precedenza con la S. s.p.a., e, in subordine, qualora il rapporto fosse stato considerato di agenzia, la regolarizzazione del rapporto assicurativo sino alla avvenuta iscrizione all’ENASARCO, la riliquidazione dell’indennità di fine rapporto e, in via gradata, il risarcimento del danno commisurato al trattamento pensionistico che sarebbe loro spettato;
2. la Corte rilevava che, anche a non volere ritenere simulati i due contratti non espressamente nominati, stipulati dalla M. s.n.c., società costituita dagli appellanti, con la S., ed il contratto successivamente stipulato con P., doveva escludersi che il rapporto intercorso tra le parti potesse qualificarsi come subordinato, avendo gli stessi appellanti esercitato soltanto la mera attività commerciale in un punto vendita della società distributrice di merce con marchio P.;
3. osservava che l’elemento distintivo del rapporto di agenzia era da individuare nella circostanza che lo stesso aveva ad oggetto lo svolgimento, a favore del preponente, di un’attività economica esercitata con organizzazione di mezzi ed assunzione del rischio da parte dell’agente e che nella specie gli appellanti avevano avuto un rapporto con le predette società non in via individuale, ma come soci e amministratori della M. s.n.c., imprenditorialmente organizzata, con oneri derivanti dalla assunzione di personale ed altre spese di gestione e con profitti derivanti dalla quantità di merce venduta e da altre indennità;
4. la decisione veniva confermata quanto ad esame della documentazione e delle dichiarazioni delle parti e la prova per testi era ritenuta inammissibile perché inutile, articolata su fatti incontestati e perché i testimoni avevano posizioni analoghe a quelle degli appellanti, in varie città italiane;
5. la domanda subordinata di costituzione della posizione assicurativa presso l’ENASARCO e per la riliquidazione dell’indennità di fine rapporto e, in subordine, per il risarcimento del danno commisurato al trattamento pensionistico, era rigettata sul rilievo che gli appellanti avevano agito in proprio e non come soci amministratori della M. s.n.c., titolare dei rapporti con le due società nei distinti periodi;
6. di tale decisione domandano la cassazione l’A. e la Z., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste la società, con controricorso; è stata dai ricorrenti depositata memoria.
Considerato che
1. va, preliminarmente, rilevato che la memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c. è fuori termine;
2. con il primo motivo, i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. 115, 421 e 244 c.p.c., sostenendo che la sentenza sia incorsa in violazione dell’art. 115 c.p.c., che imponeva al giudice di porre a fondamento della propria decisione le prove proposte dalle parti in ottemperanza dell’onere su di essi gravante ex art. 2697 c.c. e che anche l’art. 421 del codice di procedura era stato violato, per non avere il giudice del gravame ammesso ulteriori mezzi istruttori nell’esercizio del potere di disporre ogni mezzo di prova anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile;
3. gli stessi riportano il contenuto delle prove articolate, dirette a dimostrare che la stipulazione del contratto di agenzia era stata loro imposta (l’ENASARCO aveva inizialmente escluso che il tipo contrattuale utilizzato potesse rientrare nell’ambito dei rapporti agenziali soggetti a contribuzione) e che l’attività svolta era caratterizzata da totale assenza del rischio d’impresa, in quanto il volume d’affari era di fatto determinato da P., che effettuava scelte economiche e d’immagine insindacabili; evidenziano che le direttive erano impartite dalla società e che queste portavano spesso ad un depotenziamento del giro commerciale, salvo poi interventi della società diretti a ripianare le perdite subite dai contrattisti attraverso un artificio consistente, in ipotesi di guadagno deficitario, nell’intervento della casa madre che interveniva a integrare il guadagno deficitario fino al raggiungimento di una soglia fissata unilateralmente intorno ai 45000/50.000, con erogazioni “in conto provvigione” e giustificazioni contabili degli esborsi attraverso una lettera della percentuale della provvigione per motivi premiali fino a concorrenza del contributo sul disavanzo erogato, circostanza risultante anche dalle numerose mail prodotte;
4. assumono che le richieste di ammissione di prova orale avevano ad oggetto ulteriori circostanze idonee a consentire la valutazione con evidenza essenziale ed ineludibile della natura del rapporto lavorativo intercorso, in contrasto con la decisione assunta, che si era basata su congetture; aggiungono che i testi indicati erano funzionari di P. e che uno di essi era l'”assistente commerciale” per la zona di Lecce, come tale a perfetta a conoscenza dei meccanismi che presiedevano ai rapporti con i ricorrenti;
5. con il secondo motivo, lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1746 c.c., osservando che la mancata ammissione della prova orale aveva condotto ad una falsa ed erronea applicazione dell’art. 1746 c.c., non essendo stato consentito di dimostrare che il rischio di impresa non ricadeva sugli appellanti, la cui attività era totalmente vincolata nelle quantità e nelle modalità, ma rimaneva nella sfera della casa madre, la quale si riservava ogni e qualsiasi decisione ed aveva il controllo totale dell’attività degli agenti, fino al punto di predisporre loro le fatture da emettere ed i bilanci da approvare, controllando, attraverso un sistema capillare ed attraverso un controllo effettuato da un esponente della casa madre, regolarmente presente nel punto vendita, che fosse rispettato il sistema di vendita imposto e che tutto si svolgesse secondo le direttive impartite;
6. con il terzo motivo, l’A. e la Z. si dolgono della violazione e della falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione alle allegazioni delle parti ed alla prova documentale, adducendo che i documenti prodotti non sono stati menzionati ed esaminati dal giudice del gravame, limitatosi a richiamare le conclusioni cui era giunto quello di primo grado “sulla scorta della documentazione in atti e delle dichiarazioni delle parti”, senza considerare che i contratti stipulati prima con la S., del 26.2.1971 e del 21.7.80, di identico contenuto e senza nomen iuris, avevano indotto l’Enasarco a rilevare la non applicabilità nel caso di specie della normativa del contratto di agenzia e rappresentanza commerciale; osservano, altresì, che i collaboratori della P. esercitavano la mera attività commerciale in locali che costituivano ad ogni effetto punti vendita della società distributrice degli articoli aventi marchi P.;
7. rilevano, a sostegno della censura, che le modifiche apportate al contratto erano state meramente formali, avendo la società P. lasciato immutate le condizioni sostanziali dell’accordo e che i documenti che avrebbero provato quanto imposto dalla stessa società in ordine ad una costante presenza in negozio degli A. – che dovevano comunicare eventuali assenze e periodi ferie, documenti relativi a stringenti prescrizioni riguardanti le vendite e gli arredi, decisioni sullo smaltimento della merce e quant’altro – erano stati del tutto ignorati, pur essendo gli stessi tali da condurre ad una decisione di segno totalmente opposto;
8. con il quarto motivo, ascrivono alla decisione impugnata violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della I. 2.2.1973 n. 12 e dell’art. 100 c.p.c., con riferimento alla previsione della costituzione di una posizione contributiva individuale per ciascuno dei soci illimitatamente responsabili, come evincibile dall’esistenza di separati estratti contributivi Enasarco per ciascuno dei ricorrenti, il cui interesse ed il diritto ad agire individualmente discendeva dall’essere stata anche dichiarata estinta la società M.;
9. evidenziano come, qualora la questione fosse stata decisa conformemente a tali principi, il giudice del gravame avrebbe dovuto superare quanto affermato già dal giudice di primo grado in ordine al difetto di allegazioni in ordine alle somme percepite quali provvigioni, essendo la contribuzione spettante quella minima stabilita dalla legge (d.p.r. 31.3.1983 n. 277) e che il versamento dei contributi era stato commisurato assumendo a criterio di calcolo la figura dell’agente plurimandatario, laddove anche sul punto era stata articolata prova per testi per assolvere il relativo onere probatorio;
10. i primi tre motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente per la connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto, sono fondati;
11. è principio acquisito che il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell’art. 356 cod. proc. civ., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio non siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (tra le varie, cfr. Cass. n. 7700 del 2007);
12. la sentenza non esplicita se non in maniera apodittica e senza valutare singolarmente e congruamente le ragioni per le quali non ha ammesso i capitoli testimoniali articolati dalla parte (cfr. Cass. 1754/2012), che aveva indicato anche testi diversi dai titolari di analoghi rapporti con la società operanti in altre città, per i quali soltanto poteva in ipotesi escludersi ogni conoscenza di quanto avvenuto a Lecce, sì che è stata preclusa, o quanto meno ingiustificatamente limitata, la possibilità della parte di assolvere l’onere probatorio sulla stessa gravante, sulla base di motivazioni non estensibili indifferenziatamente all’intero articolato testimoniale (cfr. Cass. 22.6.2016 n. 12884);
13. nello specifico, la ritenuta inammissibilità della prova si è fondata sulla asserita esistenza di dichiarazioni delle parti, sulla sussistenza di fatti incontestati e sulla prova documentale, che non sono indicati in modo idoneo a sostenere la decisione. Né si motiva articolatamente sulla rilevanza delle evidenze probatorie richiamate e sul valore attribuito a ciascuna di esse, sicchè la decisione è priva di idoneo supporto motivazionale e le censure bene evidenziano come siano stati violati i principi che consentono alla parte oneratane di dimostrare, attraverso l’istruttoria anche orale, la sussistenza dei fatti posti a fondamento delle pretese azionate;
14. vero è che la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non richiedono che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, ma è richiesto che di ciò venga offerta una motivazione logica ed adeguata, che evidenzi le prove ritenute idonee a confortarla, pur potendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (cfr. Cass. 13.1.2005 n. 520). Nella sostanza, pur non essendo richiesto, quindi, l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi, è comunque necessario, al fine di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare “l’iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni (cfr. Cass. 12.4.2011 n. 8294);
15. in particolare, nel caso scrutinato, non può ritenersi esaustivo e conforme al modello richiamato, il riferimento alla mera veste formale del tipo contrattuale utilizzato dalle parti ed alla forma societaria assunta dalla parte del rapporto cui era stata demandata l’attività economica nel punto vendita ove venivano commercializzati i prodotti con marchio della P., né soddisfa la indicata esigenza il generico richiamo alla documentazione in atti, senza che ne sia stata compiuta una idonea disamina atta ad evidenziare i caratteri e gli elementi distintivi del ritenuto rapporto di agenzia (con disamina delle clausole contrattuali idonee ad escludere la ricorrenza dei caratteri della subordinazione, ovvero di ulteriori elementi quali, ad esempio, l’intestazione del contratto di locazione del negozio ove l’A. e la N. svolgevano l’attività, ovvero della natura delle contribuzioni straordinarie erogate periodicamente ai soci della M., anche in relazione alla possibilità che un rapporto inizialmente configurato come agenziale abbia potuto, nel corso della sua esecuzione, subire variazioni significative quanto a modalità di attuazione, con incidenza sulla stessa natura del rapporto intercorso tra le parti);
16. le svolte considerazioni conducono all’accoglimento dei primi tre motivi e la sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi scrutinati, ciò che determina l’ assorbimento del quarto;
17. la causa va rinviata alla Corte designata in dispositivo – che provvederà anche alle spese del presente giudizio – per nuovo esame conforme ai principi ritenuti disattesi.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivo accolti e rinvia alla Corte di appello di Bari, cui demanda di provvedere anche alla determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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