CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2018, n. 14989
Tributi – Imposta di successione – Accertamento – Immobile – Classamento – Eredi – Procedimento
Fatti di causa
Rilevato che il 23 novembre 1992 decedeva L.V., lasciando come eredi i figli M. e F.V.;
che in data 21 marzo 1995 l’Ufficio del registro di Firenze notificava l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione principale per un importo di euro 74.200,79;
che gli eredi pagavano interamente tale imposta principale;
che dall’avviso di accertamento dell’Ufficio tecnico erariale notificato loro il 27 gennaio 1997 gli eredi si avvedevano che ad un immobile (sito in Firenze, via P.S.) facente parte dell’asse ereditario veniva assegnato un classamento diverso e, conseguentemente, proponevano ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze la quale, in accoglimento del ricorso, con sentenza n. 239/06/97 passata in giudicato, determinava per tale immobile un classamento diverso, al quale corrispondeva un importo inferiore (non più lire 18.312.000 ma lire 15.744.000);
che, nel frattempo, in data 26 febbraio 1997, l’Agenzia delle entrate notificava agli eredi un avviso di liquidazione di imposta di successione complementare sulla base di una nuova attribuzione di rendita catastale da parte dell’Ufficio tecnico erariale relativa ad altri 2 immobili (siti in Firenze, via N.), entrambi diversi da quello oggetto di ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze;
che gli eredi pagavano interamente tale imposta complementare;
che, inoltre, gli eredi chiedevano il rimborso all’Agenzia delle entrate della parte di imposta di successione in via principale versata in eccedenza rispetto a quanto dovuto sulla base della revisione della rendita catastale operata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze relativa all’immobile sito in via P.S:;
che, a seguito dei silenzio dell’Agenzia delle entrate, gli eredi proponevano ricorso avverso tale silenzio davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze;
che la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con sentenza 83/09/2009, dichiarava inammissibile il ricorso, osservando che i ricorrenti, nel ricorso davanti alla prima Commissione Tributaria Provinciale, non avrebbero dovuto limitarsi ad impugnare la sola rendita attribuita dall’Ufficio tecnico erariale ma avrebbero dovuto altresì impugnare l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare,
che è conseguentemente divenuto inoppugnabile;
che gli eredi ricorrevano davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, evidenziando che l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare riguardava solamente gli immobili di via N., mentre l’istanza di rimborso ed il successivo ricorso avverso il silenzio-rifiuto dell’amministrazione riguardava l’immobile sito in via P.S.;
che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 62/17/12 del 19 aprile 2012, accoglieva l’appello proposto sulla base della seguente motivazione: «l’Agenzia avrebbe dovuto e deve prendere atto della rendita definitivamente attribuita all’esito del procedimento avviato dai ricorrenti con l’istanza ex art. 12 della legge n. 154 del 1998 conclusasi con l’attribuzione della rendita catastale contenuta nella sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 239/06/07 piuttosto che con l’avviso notificato ai ricorrenti in data 27 gennaio 1997.
Non si tratta dell’opponibilità di un titolo giudiziario ma dell’acquisizione definitivamente accertata e fatta propria dall’Ufficio tecnico erariale»;
che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi e i contribuenti si costituivano con controricorso chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.
Ragioni della decisione
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, la parte ricorrente denuncia nullità della sentenza, omessa pronuncia nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in quanto il ricorso degli eredi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in ragione dell’intervenuta definitività dell’imposta di successione complementare, stante la mancata impugnazione entro il termine di decadenza di sessanta giorni del relativo avviso di liquidazione;
con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 53 la parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 546 del 1992, per aver ignorato che il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di rimborso costituiva un atto meramente confermativo dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione complementare dagli eredi accettata mediante il pagamento dell’imposta;
che i motivi di impugnazione, per la loro stretta connessione, vanno affrontati congiuntamente e sono infondati;
che infatti la motivazione della Commissione Tributaria Regionale, pur nella sua sinteticità ed essenzialità, è logica e ragionevole, in quanto, nell’affermare che «l’Agenzia avrebbe dovuto e deve prendere atto della rendita definitivamente attribuita all’esito del procedimento avviato dai ricorrenti.., conclusosi con l’attribuzione della rendita catastale contenuta nella sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 239/06/07 piuttosto che con l’avviso notificato ai ricorrenti in data 27 gennaio 1997…» coglie il punto sostanziale della vicenda, rilevando che l’imposta di successione deve essere pagata sulla base della rendita catastale effettiva dell’immobile caduto in successione, ossia sulla base della rendita accertata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze con la sentenza n. 239/06/07 passata in giudicato;
che infatti, secondo questa Corte, secondo gli artt. 3 e 53 Cost., la “capacità contributiva” (quale concretamente individuata, per ciascuna imposta, dal legislatore ordinario, con scelte il giudizio relativo alle quali è rimesso alla corte delle leggi non irrazionali) deve costituire l’unico parametro di riferimento effettivo: il suo senso concreto, quindi, impone di escludere qualsiasi interpretazione da cui possa derivare la soggezione del contribuente ad un prelievo fiscale maggiore o minore di (comunque diverso da) quello effettivamente voluto dal legislatore, dal momento che la Consulta ha affermato che “la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese esige … l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo a un effettivo indice di ricchezza” (Corte Cost., ordinanza 28 novembre 2008 n. 394; Cass. 28 marzo 2018, n. 7652);
che, invece, l’Agenzia delle entrate neppure contesta che quella accertata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze con la sentenza n. 239/06/07 passata in giudicato sia la rendita catastale reale sulla cui base calcolare la base imponibile dell’imposta di successione, ma lamenta il dato formale dell’avvenuta inoppugnabilità dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione complementare, divenuto definitivo ed inoppugnabile a seguito della sua mancata impugnazione entro il termine decadenziale di sessanta giorni;
che, tuttavia, gli eredi hanno correttamente evidenziato che l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare aveva un oggetto diverso rispetto a quello dell’istanza alla quale ha fatto seguito il silenzio dell’amministrazione, in quanto l’avviso di liquidazione riguardava solamente gli immobili di via N., mentre l’istanza di rimborso ed il successivo ricorso avverso il silenzio-rifiuto dell’amministrazione riguardava l’immobile sito in via P.S.;
che dunque, l’errore relativo alla originaria dichiarazione di successione sulla cui base è stato emesso l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione in via principale, a prescindere da un’indagine circa l’imputabilità dello stesso a titolo di difetto di diligenza in capo agli eredi o all’Ufficio tecnico erariale, non può costituire un valido motivo per negare agli stessi il rimborso di quanto pagato in eccesso, ‘in quanto è stato affermato che «in tema d’imposta di successione, gli errori commessi dal contribuente nella dichiarazione sono in ogni caso emendabili, sia in virtù del principio generale secondo cui la dichiarazione non ha valore confessorio e non è fonte dell’obbligazione tributaria, sia in virtù dei principi costituzionali di capacità contributiva e buona amministrazione, nonché di collaborazione e buona fede che devono improntare i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente. Alla correzione non osta né l’intervenuta scadenza del termine per la presentazione della denunzia di successione, che non ha natura decadenziale, né l’art. 31, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né l’eventuale notifica di un avviso di liquidazione, riflettendosi tale circostanza solo sul regime dell’onere della prova in giudizio» (Cass. 6 febbraio 2015, n. 2229);
che, peraltro, la Cassazione ha ribadito lo stesso principio affermando che «La dichiarazione dei redditi non è un atto negoziale o dispositivo, bensì una dichiarazione di scienza, sicché, in caso di errore (di fatto o di diritto) commesso dal contribuente, è, in linea di principio, emendabile e ritrattabile quando possa derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a carico del dichiarante. Ne discende che il contribuente che, per errore in dichiarazione, abbia assoggettato propri redditi ad imposta, anche in relazione a quelli prodotti all’estero, può chiederne il rimborso» (Cass. 28 ottobre 2015, n. 21968);
che pertanto il ricorso va respinto e che, avuto riguardo alle ragioni della decisione, si ravvisano i presupposti per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia delle entrate; spese compensate.
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