CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2018, n. 14992
Tributi – Imposta di successione – Avviso di rettifica e liquidazione di imposta complementare di successione – Termine di decadenza – Decorrenza – Dalla data di pagamento dell’imposta autoliquidata
Fatti di causa
Rilevato che i tre eredi di V.G., morto in data 26 novembre 1999, pagavano in data 25 maggio 2000 in autoliquidazione l’imposta principale di successione, e presentavano, in data 1° giugno 2000, dichiarazione di successione;
che, in data 5 marzo 2003, considerato che dai controlli era emerso un pagamento inferiore ‘a quanto dovuto, l’Ufficio notificava un avviso di liquidazione dell’imposta supplementare di successione che veniva pagato in data 10 aprile 2003;
che, a seguito di stima tecnica dell’Agenzia del territorio di Palermo che aveva accertato un maggior valore per alcuni cespiti ereditari, l’Ufficio di Palermo dell’Agenzia delle entrate notificava a ciascun erede, nel maggio 2006, un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta complementare di successione, procedendo contestualmente al recupero delle imposte complementari di successione, ipotecaria, catastale ed INVIM per complessivi euro 11.408,64;
che, avverso questo avviso di rettifica e liquidazione del 2006 dell’imposta complementare di successione, gli eredi proponevano ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo la carenza di motivazione dell’avviso e la decadenza dell’azione dell’amministrazione;
che la Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 279/02/2007 del 19 novembre 2007, accoglieva il ricorso: contro tale sentenza proponeva appello l’Ufficio;
che la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 194/25/11 del 27 settembre 2011, rigettava l’appello dell’Ufficio con due autonome rationes decidendi, ritenendo (prima autonoma ratio decidendi) che il rilievo dell’Ufficio secondo il quale l’avviso di rettifica sarebbe stato legittimamente notificato nel termine decorrente dal pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio (anno 2003) anziché dal pagamento dell’imposta autoliquidata dai contribuenti (anno 2000) fosse un motivo nuovo sollevato per la prima volta in appello;
che, in ogni caso, (seconda autonoma ratio decidendi) la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta complementare di successione era avvenuta oltre il termine di decadenza;
che, infatti, il termine di decadenza di due anni previsto dall’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 346 del 2000 (ai quali vanno aggiunti altri due anni di proroga previsti dall’art. 11 della legge n. 289 del 2002), assegnato all’Ufficio per la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta complementare di successione decorre dal pagamento dell’imposta principale e che tale pagamento è avvenuto in data 25 maggio 2000;
che dunque la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta complementare di successione andava fatta entro il maggio 2004 mentre invece è stata fatta nel maggio 2006;
che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi e che si costituivano con controricorso gli eredi, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, o in subordine, infondato.
Ragioni della decisione
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 57, del d.lgs. n. 546 del 1992, contestando la prima ratio decidendi, in quanto l’Ufficio già in sede di costituzione nel primo grado di giudizio aveva individuato il dies a quo del termine di decadenza nel giorno del pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio (anno 2003) e che comunque non di eccezione nuova si tratterebbe ma di mera difesa;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 33 del d.lgs. n. 346 del 1990, contestando la seconda ratto decidendi, in quanto il dies a quo del termine di decadenza per la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta complementare di successione, decorrerebbe dal giorno del pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio (anno 2003), che deve intendersi come imposta di successione principale (e non suppletiva, come ritenuto dalla Commissione Tributaria Regionale);
considerato dunque che il ricorrente con il primo motivo di ricorso impugna la prima ratio decidendi della sentenza impugnata e con il secondo motivo la seconda ratio decidendi e che entrambe tali rationes sono autonomamente sufficienti a sorreggere la motivazione della sentenza impugnata;
considerato che, quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome “rationes decidendi” ognuna delle quali sufficienti, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite “rationes”, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate; ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Cass. 24 maggio 2006, 12372);
ritenuto pertanto preliminarmente che, in virtù del principio della ragione più liquida (che consente di modificare l’ordine logico-giuridico delle questioni da trattare di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost., posto che l’accertamento della sussistenza di eventuali motivi di inammissibilità, nonché l’esame del primo motivo di ricorso, anche se logicamente preliminari, non potrebbero in ogni caso condurre ad un esito del giudizio più favorevole per il resistente: Cass. 19 giugno 2017, n. 15064; Cass. 18 novembre 2016, n. 23531), appare opportuno esaminare innanzitutto il secondo dei motivi di ricorso;
ritenuto dunque che, quanto al secondo motivo, l’impugnata sentenza ha correttamente affermato che il dies a quo del termine decadenziale di due anni per la rettifica della dichiarazione decorre non dal pagamento dell’imposta di successione supplementare liquidata dall’Ufficio (nel 2003) ma da quello del pagamento dell’imposta principale (ipotecaria, catastale, di bollo e tassa ipotecaria), dovute e versate in autoliquidazione (nel 2000);
che infatti, secondo l’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 346 del 31 ottobre 2000, come modificato dal D.L. n.323 del 1996, art. 10, comma 10, lett. a), convertito con modificazioni dalla legge n. 425 del 1996 – prescrive che: «La rettifica deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell’imposta principale»;
che del resto, se si facesse decorrere il termine di decadenza dal 2003, l’Ufficio avrebbe la possibilità di far decorrere il termine di decadenza da un dies a quo da lui stesso scelto (liquidazione dell’imposta supplementare), determinando una illegittima situazione di indefinita soggezione del contribuente al Fisco (Cass. 30 dicembre 2015, n. 26055; 21 gennaio 2011 n. 1388; 13 marzo 2009, n. 6148), stigmatizzata anche dalla Corte costituzionale, non essendo consentito, dall’art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza) e dall’art. 24 Cost. (diritto di difesa), lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del Fisco per un tempo indeterminato (sentenza n. 280 del 2005; ordinanza n. 352 del 2004);
che pertanto, una volta riconosciuta valida la seconda ed autonoma ratio decidendi della sentenza, appare superfluo affrontare il primo motivo di ricorso, che si rivolge esclusivamente contro la prima ratio, e che pertanto tale primo motivo va dichiarato inammissibile per difetto di interesse;
che le spese possono compensarsi in relazione all’assenza di precedenti specifici relativi alla questione affrontata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; spese compensate.
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