CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 luglio 2021, n. 19253
Rapporto di lavoro – Regolarizzazione contributiva e assicurativa – Trasferimento automatico dei contratti di lavoro dal cedente al cessionario – Illegittimo azzeramento dell’anzianità
Rilevato che
G.C. adiva il Tribunale di Roma esponendo di aver iniziato la propria attività lavorativa alle dipendenze della T.A. il 21/10/1967, benché l’assunzione fosse stata formalizzata in data 1/7/1968; precisava che in relazione al periodo di lavoro anteriore alla regolarizzazione contributiva e assicurativa aveva chiesto all’Inps la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell’art. 13 l. 1338/1962 per la quale aveva versato un importo corrispondente ad euro 7.819,07; riferiva che, posta in liquidazione la Compagnia T.A. – in forza della convenzione 29/7/1993 stipulata fra il Commissario Liquidatore e la P.A. (che ha poi assunto la denominazione di Nuova T.A.) il personale dipendente era stato riassunto dal Commissario liquidatore ed egli aveva continuato a svolgere la medesima attività lavorativa, subendo un illegittimo azzeramento della propria anzianità.
Sulla base di tali premesse instava per conseguire nei confronti della s.p.a. G. (cui era stato trasferito il portafoglio assicurativo e il personale alle dipendenze della Compagnia T.A.) declaratoria di continuità del rapporto lavorativo a far tempo dal 21/10/1967 o dal 1/7/1968 sino al 7/2/2006, del diritto a percepire l’indennità di fine rapporto riferita all’intero periodo lavorativo, oltre alla condanna al pagamento della differenza spettante ed alla restituzione, anche a titolo di risarcimento del danno, delle somme versate all’Inps per la costituzione della rendita vitalizia.
Si costituiva la società convenuta che contestava il fondamento delle domande chiedendone la reiezione.
Il giudice adito respingeva il ricorso, ma la decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte distrettuale che, con sentenza resa pubblica il 13/9/2016, accertava l’intercorrenza fra le parti di un unico rapporto di lavoro subordinato dal 1/7/1968 al 7/2/2006 e condannava la parte appellata al pagamento della somma di euro 11.051,68 a titolo di differenza fra il TFR corrispostogli e quello effettivamente a lui spettante, rigettando la domanda di pagamento delle somme versate all’Inps per la costituzione della rendita vitalizia ai sensi dell’art. 13 l. 1338/1962.
La cassazione di tale decisione è domandata dalla società G. sulla base di due motivi, illustrati da memoria ex art.380 bis c.p.c.
Resiste con controricorso G.C. il quale spiega ricorso incidentale affidato ad unico motivo.
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte.
Considerato che
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. nonché omesso esame circa un fatto del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c.
Si esclude che nello specifico la vicenda circolatoria oggetto di scrutinio potesse sussumersi validamente nell’archetipo di cui all’art. 2112 c.c.; si deduce che in virtù della convenzione 29/7/1993 era stato trasferito alla Previdente Assicurazioni il portafoglio danni e vita (inidoneo di per sé a configurare una fattispecie di trasferimento d’azienda), in un regime di assicurazione obbligatoria finalizzato alla soddisfazione, seppur in moneta fallimentare, dei crediti vantati dai terzi.
Il personale già dipendente della T.A. non era stato ceduto alla N. T., ma riassunto dalla società P. senza alcun riconoscimento della anzianità. I rapporti di lavoro pregressi, ai sensi dell’art. 10 l. 26/2/1977 n. 39 dovevano, infatti, ritenersi cessati ex lege con liquidazione in favore del dipendente del relativo T.F.R. e con esclusione, pertanto, della operatività di alcun meccanismo traslativo.
2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento alla direttiva comunitaria n. 77/187/CEE e della l. n. 39/1977 ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.
Si critica altresì la statuizione con la quale la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante la circostanza della procedura di liquidazione coatta amministrativa della T. sul rilievo che sia nella Direttiva 187/77 che nella Direttiva 2011/23 CE, era stato sancito il principio della inderogabilità dei diritti dei lavoratori pur in presenza di procedure di governo di crisi aziendale.
Se è vero che gli artt. 3 e 4 della Direttiva del 1977 prevedono un trasferimento automatico dei contratti di lavoro dal cedente al cessionario, in ipotesi di trasferimento d’azienda e prosecuzione della attività, il successivo art. 5 dispone che tali norme non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di esse nel caso in cui il cedente sia oggetto di procedura fallimentare o di insolvenza analoga, aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolga sotto il controllo di un’autorità pubblica competente.
Nell’ottica descritta si deduce che l’art.10 l. n. 39/1977 – che per l’assolvimento dei compiti previsti dall’art. 9 (procedere alla liquidazione dei danni verificatisi anteriormente alla data di pubblicazione del decreto di liquidazione e quelli verificatisi successivamente fino alla scadenza di cui al comma 1 art. 8), consente al commissario liquidatore di riassumere il personale già dipendente dell’impresa posta in liquidazione, secondo una retribuzione conforme ai minimi previsti dai c.c.n.I. di categoria – appare del tutto conforme alle Direttive Comunitarie richiamate.
3. I motivi che possono congiuntamente trattarsi siccome connessi, sono fondati alla stregua del consolidato orientamento espresso in tema da questa Corte.
In via di premessa è bene rimarcare che con il d.l. 576/1978 conv. in l. 738/1978 il legislatore ha inteso regolamentare il settore commerciale della assicurazione della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, mediante la predisposizione di un compendio normativo ispirato alla esigenza di assicurare l’interesse pubblico volto ad evitare situazioni di carenza di copertura di garanzia, quando l’impresa versi in stato d’insolvenza e pertanto soggetta a procedura concorsuale.
La ratio sottesa al compendio normativo richiamato, rende ragione del fatto che il legislatore abbia introdotto una normativa speciale, che assicura la vigenza operativa dei contratti di assicurazione stipulati (il portafoglio) e il trasferimento del personale all’impresa che si renda, con le modalità previste, di esso cessionaria, con assunzioni secondo tempi e modalità scanditi “tenendo conto delle esigenze della liquidazione” (nel caso di trasferimento convenzionale dal commissario liquidatore all’impresa) o “con la gradualità e nei tempi determinati” dal medesimo “in relazione” alle medesime esigenze (nel caso di ripartizione coattiva del portafoglio dal Comitato del Fondo di garanzia per le vittime della strada ad una fra le imprese autorizzate).
In tale prospettiva vanno innanzitutto considerati l’art. 1, primo comma d.l. 576/1978 conv. in l. 738/1978 (agevolazioni al trasferimento del portafoglio e del personale delle imprese di assicurazione poste in I.c.a.) secondo cui, con il decreto che promuove la liquidazione coatta amministrativa, può essere disposto il trasferimento d’ufficio del portafoglio dell’impresa, relativo alle assicurazioni contro i danni, ad altra impresa che abbia manifestato previamente il suo consenso, e l’art. 5, primo comma che sancisce la risoluzione di diritto alla data di pubblicazione del decreto suddetto dei rapporti di lavoro del personale dipendente dall’impresa in liquidazione coatta amministrativa.
E poi aggiunge che “con effetto dal giorno successivo l’impresa cessionaria ha l’obbligo di riassumere i predetti lavoratori ai minimi retributivi previsti dai contratti collettivi di categoria in relazione alla qualifica a ciascuno di essi attribuita”.
L’art. 10 d.l. 857/1976 conv. in I. 39/1977 (modifica della disciplina dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e natanti) prevede quindi che “per l’assolvimento dei compiti previsti nel precedente art. 9” (possibilità di liquidazione dei danni verificatisi prima del decreto di liquidazione, su debita autorizzazione, anche per conto del Fondo di garanzia delle vittime della strada) “il commissario liquidatore provvede a riassumere il personale già dipendente dall’impresa posta in liquidazione” ; e che “il personale predetto è retribuito con i minimi previsti nei contratti collettivi di categoria in relazione alle mansioni espletate”.
Dal quadro normativo illustrato si trae allora il convincimento che nell’evenienza sopra descritta si verifica una risoluzione di diritto dei rapporti di lavoro del personale dipendente dell’impresa (di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) al momento di pubblicazione del decreto di liquidazione coatta amministrativa (art. 5, primo comma d.l. 576/1978 conv. in I. 738/1978) / e di riassunzione del personale medesimo con una retribuzione pari ai minimi previsti nei contratti collettivi di categoria in relazione alle mansioni espletate, da parte del commissario liquidatore (art. 10 d.l. 857/1976 conv. in I. 39/1977).
Deve pertanto affermarsi che nel caso in esame, diversamente da quanto argomentato dal giudice del gravame, non si realizza alcun trasferimento di azienda, essendo l’originario rapporto già estinto “ope legis” (o risolto di diritto, L. n. 738 del 1978, art. 5 integrante disciplina speciale rispetto al denunciato art. 2112 c.c.).
Il richiamato corpus normativo, secondo il condiviso orientamento espresso da questa Corte, riveste, dunque, carattere speciale rispetto alle norme codicistiche invocate, e natura più favorevole rispetto alla disciplina ordinaria (peraltro fatta salva dall’art. 7 della Dir. CEE n. 77/ 187) che non prevede alcuna garanzia di prosecuzione (ancorché di fatto) senza soluzione di continuità dei rapporti di lavoro dei dipendenti di impresa in crisi con altra azienda, considerato che in caso di l.c.a. di compagnie assicuratrici, come in precedenza fatto cenno, entrano in gioco anche interessi diversi, parimenti meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, quali quelli riconducibili ai soggetti assicurati ed a quelli danneggiati (vedi Cass. 3/9/2014 n. 18558, Cass. 14/3/2019 n.7307).
Questo orientamento è anche conforme all’indirizzo espresso dalla C.G.E che consente agli Stati membri di non applicare talune delle garanzie di cui agli artt. 3 e 4 della Direttiva stessa ad un trasferimento di impresa ove sia aperta una procedura di insolvenza che si trovi sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (vedi sentenza 11/6/2009 C-561/07), diversamente dalla ipotesi – non ricorrente nella specie – in cui si realizzi il trasferimento di un’impresa oggetto di accertamento dello stato di crisi, ove il procedimento mira a favorire la prosecuzione della attività di impresa nella prospettiva di una futura ripresa, con conservazione della ‘ capacità produttiva ed economica della stessa.
4. Alla luce delle superiori argomentazioni il ricorso principale deve, pertanto, ritenersi fondato.
L’accoglimento dello stesso comporta il rigetto del ricorso incidentale con il quale il C. ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 13 l. 1338/1962 e dell’art. 48 l. 428/1990 con riferimento alla statuizione di rigetto della domanda del lavoratore volta a conseguire la restituzione dell’importo versato a titolo di costituzione della rendita vitalizia per omissioni contributive o a titolo di risarcimento danni con riferimento al periodo di lavoro svolto alle dipendenze della C.T., anteriormente alla regolarizzazione contributiva, non rinvenendo applicazione, per quanto sinora detto, il dettami di cui all’art. 2112 c.c. invocato dal lavoratore a sostegno del diritto azionato.
La pronuncia impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla Corte distrettuale designata in dispositivo che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati provvedendo anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell’art. 13 DPR 115/2002 della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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