CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 luglio 2021, n. 19442
Tributi – Accertamento nei confronti del socio di società a ristretta base sociale – Attribuzione pro quota degli utili extracontabili – Prova contraria – Assenza di utili extracontabili
Rilevato che
1. C.N. impugnava l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2005, gli veniva attribuito, in qualità di socio della società P. S.r.l. un reddito a tassazione separata di € 292.584.00, in proporzione alla quota di partecipazione del 15%, derivante da maggiori utili extracontabili accertati in capo alla società e ritenuti direttamente attribuiti ai soci, trattandosi di società a ristretta base sociale. Il contribuente contestava l’attività di accertamento dell’Ufficio, di cui non era stato mai messo al corrente, la carenza di motivazione e l’indebita determinazione di un maggior reddito a tassazione separata, mai percepito. Rilevava inoltre la errata valutazione della plusvalenza di un immobile ceduto che non teneva conto della rivalutazione del medesimo e della perizia redatta in occasione della cessione.
Rappresentava, infine, che, a seguito della cessione dell’immobile da parte della società, al momento della cancellazione della stessa, si erano evidenziate solamente perdite.
2. Nel corso del giudizio il ricorrente depositava il dispositivo della sentenza n. 478/05/11, con cui la Commissione tributaria provinciale di Avellino aveva accolto il ricorso della società P. S.r.l. e annullato l’avviso di accertamento impugnato dal quale traeva origine quello emesso nei suoi confronti.
3. La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso del contribuente, rilevando che l’accoglimento del ricorso della società certificava l’inesistenza di irregolarità nella società accertata e conseguentemente la mancanza di fondamento della distribuzione di utili extra-bilancio contestati al ricorrente da parte dell’Ufficio.
4. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione emessa dalla C.T.P. milanese veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 2321/19/14, depositata il 7 maggio 2014.
5. Avverso tale decisione il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
6. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 18 novembre 2020, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.
Considerato che
1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 2727 cod. civ. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.”, per avere la C.T.R. ritenuto applicabile il principio giurisprudenziale, (concernente la presunzione di distribuzione di dividendi ai soci in caso di accertamento di ricavi occulti nei confronti di società a ristretta base sociale), nella specie inapplicabile per inesistenza di utili extra-contabili.
1.2. Con il secondo motivo deduce “omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.” per avere la C.T.R. omesso di considerare molteplici fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, con particolare riferimento all’avvenuta rivalutazione ai fini fiscali dell’immobile ceduto che – se considerata – avrebbe necessariamente determinato un esito diverso della controversia.
1.3. Con il terzo motivo deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 2727 del cod. civ. e degli artt. 45 e 47 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione agli artt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e 62 d.lgs. n. 546/1992” per avere la C.T.R. applicato il predetto principio giurisprudenziale (concernente la presunzione di distribuzione di dividendi ai soci in caso di accertamento di ricavi occulti nei confronti di società a ristretta base sociale) sebbene l’avviso di accertamento notificato alla Società fosse stato annullato con sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino, confermata dalla competente Commissione tributaria regionale in grado di appello.
1.4. Con il quarto motivo deduce “violazione c/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e 62 d.lgs. n. 546/1992” per avere gravato il contribuente dell’onere di provare l’esistenza della rivalutazione, nonostante i documenti contabili della Società, acquisiti nel fascicolo di primo grado, ne provassero l’esistenza.
2. I motivi primo e terzo del ricorso, suscettibili di trattazione congiunta per evidente connessione, sono fondati.
2.1. Invero l’avviso emesso nei confronti del C. si basava sulla presunzione che la P. S.r.l., società a ristretta base partecipativa di cui il ricorrente possedeva una quota societaria del 15%, avesse realizzato utili non contabilizzati, distribuiti ai soci in relazione alle rispettive quote, in applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione, ai soci, degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, viceversa, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti.
2.2. È tuttavia emerso che la contestazione dell’ufficio riguardava semplicemente il costo fiscalmente riconosciuto da attribuire all’unico immobile ceduto dalla P. s.r.l. quale plusvalenza imponibile. Risulta infatti confermata la tesi del ricorrente secondo cui il costo fiscalmente riconosciuto dell’immobile era pari al valore di bilancio così come rivalutato, anche ai fini fiscali, nel 2000 ai sensi della legge n. 342/2000 (ossia 2.065.828 Euro), mentre l’Agenzia delle Entrate di Avellino aveva ritenuto che il dato di partenza da considerare ai fini del calcolo della plusvalenza fosse il costo storico di prima iscrizione in bilancio (pari a poco meno di 50 mila Euro), senza alcun accenno alla successiva rivalutazione.
2.3. Nel caso di specie non risulta alcuna prova né di utili contabilizzati, né extracontabili, essendo risultata la vendita dell’immobile regolarmente registrata e fatturata.
2.4. È comunque pacifico in causa che l’immobile, acquistato dalla Società nel 1991 ad un prezzo di 49.442,48 Euro, era stato iscritto in bilancio nel 1999 per un valore di 435.215 Euro; che nel bilancio al 31.12.2000, per effetto della rivalutazione, l’immobile era iscritto per il valore di 2.065.828 Euro; che il saldo attivo di rivalutazione era quindi di 1.630.612,31 Euro, pari alla differenza tra costo rivalutato e precedente costo di iscrizione, quest’ultimo pari a 435.215 Euro; che con atto notarile del 25/7/2005, l’immobile era stato ceduto al prezzo di 2.000.000,00 di Euro.
2.5. Orbene, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 5, 22 aprile 2009, n. 9519; 16 marzo 2007, n. 6197) è costante nell’affermare che nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.
2.6. Nello stesso senso, la giurisprudenza richiamata è altrettanto consolidata nell’affermare che la presunzione di distribuzione degli utili ai soci di società a ristretta base sociale opera non solo quando sia accertata tale ristretta base sociale, ma quando sia altresì validamente accertata, a carico della società, la sussistenza di ricavi contabilizzati o non contabilizzati, che costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai relativi dividendi.
Al riguardo questa Corte ha peraltro ritenuto indispensabile che il reddito nei confronti della società risulti accertato in maniera definitiva (v. Cass., Sez. 5, 10 gennaio 2013, n. 441; e nello stesso senso Sez. 5, 31 gennaio 2011, n. 2214).
2.7. Nel caso di specie non risulta accertato alcun utile di bilancio, talché risulta priva di fondamento la presunta distribuzione di utili extra-bilancio ai soci. Invero, solo la rivalutazione dell’immobile (con l’iscrizione nello stato patrimoniale di una riserva da rivalutazione pari alla differenza tra il valore rivalutato e il valore iniziale) aveva determinato un utile tassato come dividendo in capo ai soci all’atto della distribuzione. Detto utile, tuttavia, evidenziato direttamente nello stato patrimoniale con l’iscrizione della relativa riserva, non era transitato nel conto economico, talché la tesi difensiva del ricorrente appare ampiamente condivisibile.
3. Il ricorso va quindi accolto in relazione al primo e terzo motivo, mentre restano assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata e, non ravvisandosi alcuna esigenza di ulteriori accertamenti, va accolto il ricorso originario del contribuente.
3.1. Le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito vanno compensate, mentre quelle del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo e terzo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente. Spese del doppio grado di merito compensate; condanna l’Agenzia delle Entrate al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del contribuente che liquida in 4.100,00 Euro per compensi, oltre esborsi 200,00 Euro, rimborso spese forfetarie 15% e accessori di legge.
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