CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 maggio 2018, n. 11000

Tributi – IRAP – Professionisti – Autonoma organizzazione – Esercizio della professione in piu studi

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti il l’Agenzia delle Entrate ha depositato mero atto di costituzione, il ricorrente impugnava la sentenza della CTR della Lombardia, sezione di Brescia, relativa al silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate, nei confronti della istanza di rimborso dell’IRAP per il periodo 2002-2005 (per il 2002 e relativamente al primo acconto 2003, il ricorrente ha prestato tuttavia, acquiescenza alla declaratoria di decadenza ex art. 38 del DPR n. 600/73, v. p. 2 del ricorso).

Con un primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza per assenza di motivazione, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., e mancata valutazione di documenti decisivi per la controversia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, nella decisione dei giudici d’appello, mancherebbe una spiegazione logica, sulla cui base si possa affermare che l’utilizzo degli studi e l’investimento fatto per acquistarne uno fosse da solo, in grado di giustificare la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.

Con un secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli art. 2 e 3 del d.lgs. n. 446/97, in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello, in violazione delle norme di cui alla rubrica, avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, senza tener conto che due dei tre studi erano messi a disposizione da parte dei comuni (montani) nel cui ambito il professionista esercitava l’attività di medico convenzionato per la medicina generale, e il loro numero non accresceva la capacità di guadagno ma era solo un costo atteso che la retribuzione è limitata dal massimale fissato in 1500 pazienti.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

I due motivi di ricorso, benché richiamano il vizio di motivazione (perché la stessa sarebbe apparente) e quello di violazione di legge, in effetti, afferiscono a un medesimo profilo di censura e possono essere oggetto d’esame congiunto.

Gli stessi sono fondati nei termini che seguono.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, seppur, a volte, l’utilizzo di due studi professionali, se rigorosamente giustificati da peculiari esigenze, non è circostanza che possa far ritenere sussistente “l’autonoma organizzazione” ove tali studi costituiscano semplicemente due luoghi ove il medico riceve i suoi pazienti e, quindi, è soltanto uno strumento per il migliore (e più comodo per il pubblico) esercizio dell’attività professionale autonoma (Cass. ordd. n. 25238/16, 16369/17 – non massimate), tuttavia, con l’utilizzo di tre studi propri, come nel caso di specie, il professionista appare impiegare beni strumentali potenzialmente eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività (Cass. ord. n. 16369/17, 372/17; conf. nel caso di due o più studi, Cass. 23838/16, 17569/16, 17742/16, 19011/16; 22852/16, 22103/16, v. anche Cass. 26651/16, 22878/14, 2967/14).

Nel caso di specie, tuttavia, dall’accertamento di fatto svolto dalla CTR, non risulta acclarato quante fossero le strutture messe a disposizione dai comuni nelle quali il contribuente svolgeva il suo ruolo di medico di base, e se almeno una delle stesse fosse privata e il professionista vi svolgeva attività libero-professionale.

La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione di Brescia, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione di Brescia, in diversa composizione.