CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 maggio 2019, n. 12163
Pensione di vecchiaia e di invalidità – Inps – Morte della parte nel corso del giudizio – Dichiarazione dell’evento
Rilevato che
La Corte d’Appello di Lecce – Sezione Staccata di Taranto – con la sentenza n. 386 del 2012, ha rigettato l’ appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda proposta da P.C. volta all’attribuzione della pensione di vecchiaia in luogo di quella di invalidità ex I. 222 del 1984, percepita dal 1983; la Corte d’Appello ha ritenuto corretta la sentenza di primo grado perché fondata sul principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale un’unica posizione assicurativa è idonea a realizzare i presupposti delle varie forme previdenziali ed inoltre ha ritenuto sussistente l’interesse ad agire del pensionato in relazione alla domanda di mutamento della pensione stante la possibilità di revisione per ragioni sanitarie della pensione di invalidità, mentre la Corte territoriale ha ritenuto nuove le considerazioni svolte dall’Inps sull’avvenuto riconoscimento della pensione di vecchiaia anticipata;
avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS sulla base di due motivi:
1) violazione e o falsa applicazione degli artt. 299, 77 cod. proc. civ., 1722 c.c. (art. 360, primo comma n. 3), c.p.c.) in ragione del fatto che C.P. era deceduto in data 18 aprile 2011, per cui lo stesso era già morto da oltre un anno alla data del 14 settembre 2012 quando il suo procuratore avv.to A. si era costituito nella cancelleria della Corte d’Appello depositando la memoria di costituzione; pertanto il procuratore era privo di mandato efficace al momento della costituzione dell’appellato ed il giudizio d’appello, proseguito nonostante l’interruzione automatica derivante dalla morte dell’appellato ex art. 299 cod. proc. civ., era stato definito con sentenza nulla o inefficace;
2) violazione e o falsa applicazione dell’art. 10 del r.d.l. n. 636 del 1939 conv. in I. n. 1272 del 1939, art. 1 I. n. 222 del 1984, commi 6 e 10, dell’art. 8 della I. n. 638 del 1983, dell’art. 60 r.d.l. n. 1827/935, dell’art. 9 del r.d.l. n. 636 /1939, dell’art. 2 I. n. 218/1952 e degli artt. 1, 2, 5 e 6 d.lgs. n. 503 del 1992, dell’art. 2697 c.c. (art. 360, primo comma n. 3), c.p.c.);
considerato che
il primo motivo è infondato;
le SS.UU. di questa Corte di cassazione con la sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014, confermata, con svariate pronunce successive (tra le altre: Cass. n. 19533 del 2014; n. 23141 del 2014; n. 710 del 2016; n. 15762 del 2016; n. 20840 del 2018) si sono pronunciate in ordine agli effetti della morte della parte nel corso del giudizio senza che vi sia stata dichiarazione dell’evento, affermando il principio secondo il quale in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.; applicando tale principio alla presente fattispecie, deve darsi atto che in forza dell’ultrattività della procura rilasciata nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado da P.C. agli avvocati A. e V.A. , senza che l’Inps abbia rilevato che tale procura fosse limitata al primo grado del giudizio, il procedimento d’appello è stato ritualmente instaurato ed in difetto di dichiarazione di decesso della parte rappresentata da parte del procuratore, avvocato A.A., costituitosi per l’appellato, anche se deceduto, la sentenza è stata ritualmente pronunciata;
il secondo motivo è fondato;
l’Istituto contesta l’affermazione della corte d’appello secondo cui, nel caso di trasformazione della pensione di invalidità, avente decorrenza prima della L. n. 222 del 1984, in pensione di vecchiaia, i periodi di godimento della pensione di invalidità sono utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia;
in particolare l’Istituto contesta che i periodi di godimento della pensione di invalidità siano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia e sostiene che la disciplina della pensione d’invalidità non consente l’accredito di contributi figurativi relativi al periodo di produzione di tale pensione, né può ritenersi che il periodo di fruizione della pensione d’invalidità possa essere considerato come utile ai fini della maturazione del requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia;
l’Istituto ricorrente ha poi sostenuto che la trasformazione dell’assegno ordinario d’invalidità in pensione di vecchiaia, ai sensi dell’art. 1, comma 10, I. n. 222 del 1984, è norma eccezionale inapplicabile analogicamente alla presente fattispecie;
questa Corte (Cass. 27 dicembre 2011 n. 29015; n. 19034 del 2015; 10780 del 2012;) ha già affermato – e qui ribadisce – che la trasformazione della pensione d’invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione d’invalidità; infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione d’invalidità la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, in riferimento all’assegno d’invalidità – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacché ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione d’invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione d’invalidità e quella sull’assegno d’invalidità, laddove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti;
a questo indirizzo va ora data ulteriore continuità;
il motivo va quindi accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata, che non si è attenuta ai predetti principio ed ha ritenuto che la domanda di trasformazione della pensione di anzianità in quella di vecchiaia dovesse essere accolta in via automatica e senza accertare il possesso dei requisiti anagrafico e contributivo in capo al pensionato ed a prescindere dalla data in cui fu avanzata la domanda, e rinvio alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione che esaminerà la domanda alla luce del seguente principio:
<Al fine di incrementare l’anzianità contributiva non può essere utilizzato il periodo di godimento della pensione d’invalidità. La trasformazione del titolo pensionistico in un altro non opera automaticamente, una volta integrati i requisiti anagrafici e contributivi previsti per la pensione di vecchiaia, essendo necessario che l’interessato presenti domanda di trasformazione. Pertanto, la pensione di vecchiaia, qualora sia stata accertata la sussistenza dei detti requisiti, decorrerà solo dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di trasformazione del titolo>;
al giudice del rinvio è pure demandata la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, quanto al motivo accolto, alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione cui demanda anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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