CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 maggio 2019, n. 12171
Rapporto di agenzia – Cessazione – Violazione dalla preponente del diritto di esclusiva – Accertamento
Rilevato che
1. con sentenza del 24 luglio 2014, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello proposto da E. s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva condannata al pagamento, in favore dell’ex agente J.C.B., delle somme di € 26.498,48 a titolo di provvigioni, di € 13.808,66 a titolo di indennità di fine rapporto e di € 16.033,55 a titolo di indennità sostitutiva di preavviso;
2. avverso tale sentenza la società già preponente ricorreva per cassazione con due motivi, cui resisteva l’ex agente con controricorso;
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione degli artt. 1742, 1743, 1746, 1747, 1748, 1749, 1175, 1336 c.c. e vizio motivo, per erronea inclusione delle vendite compiute da L.R. s.r.l. tra quelle originanti un diritto di provvigione per l’agente, nella ravvisata irrilevanza di circostanze prospettate, e di cui offerta prova testimoniale non ammessa, che avrebbero consentito di accertare come per esse non spettasse al predetto alcun diritto, in assenza (nelle vendite effettuate da E. s.r.l. a La R. s.r.I., soggetti a proprietà e gestione unica da prima dell’ingresso dell’agente e come a lui ben noto) di un’attività di convincimento del potenziale cliente all’ordinazione, ma soltanto di mera propaganda, al di fuori del paradigma normativo dell’art. 1742 c.c., con interpretazione del contratto secondo buona fede, tale da manifestare la revoca tacita del diritto di esclusiva all’agente (primo motivo); violazione degli artt. 1742, 1743, 1748, 1750, 1751 c.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, per il riconoscimento all’agente delle indennità sostitutiva del preavviso e di cessazione del rapporto calcolate sulle provvigioni per le vendite da E. s.r.l. a L.R. s.r.I., non spettanti per la violazione dalla preponente del diritto di esclusiva, né avendo l’agente agito in via risarcitoria per detta violazione (secondo motivo);
2. in via di premessa, l’eccezione di inammissibilità del ricorso in difetto di procura speciale, per la menzione della procura alle liti soltanto nella relazione di notifica in via telematica a mezzo PEC, è infondata;
2.1. è valida, ai sensi degli artt. 365 e 83, terzo comma c.p.c., la procura alle liti apposta su foglio separato materialmente congiunto al ricorso, conferita con scrittura privata autenticata nella sottoscrizione dal difensore (Cass. 19 gennaio 2018, n. 1255; Cass. 16 gennaio 2019, n. 877): come appunto nel caso di specie, in quanto unita al ricorso, tramite la relazione di notifica incorporata in esso;
3. invece inammissibile, sempre in via di premessa, è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per invalidità della sua notifica in quanto compiuta personalmente dall’avvocato, in assenza di indicazione né documentazione dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, ai sensi dell’art. 1 I. 53/1994;
3.1. deve, infatti, essere esclusa la nullità della notificazione di un atto (nella specie, ricorso per cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata, se la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale dello stesso, in omaggio alla regola generale sancita dall’art. 156, terzo comma c.p.c.: con la conseguenza dell’inammissibilità dell’eccezione con la quale si lamenti esclusivamente detto vizio procedimentale, senza prospettare un concreto pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa (Cass. 16 febbraio 2018, n. 3805), come appunto nel caso di specie;
4. il collegio ritiene che il primo motivo sia inammissibile;
4.1. non si configura la violazione delle norme di legge denunciate, in difetto dei requisiti propri (Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 26 giugno 2013, n. 16038), consistendo essa nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, necessariamente implicante un problema interpretativo della stessa, non mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, riservata alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24054);
4.2. il mezzo involge piuttosto una sostanziale contestazione della valutazione probatoria alla base dell’accertamento operato dalla Corte territoriale, adeguatamente argomentato (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 5 all’ultimo di pg. 6, fino al quindicesimo alinea di pg. 7 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 4 novembre 2013, n. 24679);
4.3. esso neppure è stato oggetto di una specifica confutazione, con evidente riflesso sulla violazione del principio di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959);
4.4. deve essere poi ravvisata l’irrilevanza, alla luce dell’articolato procedimento argomentativo, della deduzione di prove orali di cui la ricorrente ha lamentato la mancata ammissione, tra l’altro neppure allegando le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammetterle, né necessarie a individuarne la decisività (Cass. 23 aprile 2010, n. 9748; Cass. 4 aprile 2018, n. 8204) e, prima ancora, la loro omessa trascrizione, in violazione del principio di specificità prescritto dall’art. 366, primo – comma, n. 4 e n. 6 c.p.c. (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con affermazione del principio ai sensi dell’art. 360bis, primo comma c.p.c.; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985);
5. il secondo motivo è infondato;
5.1. a parte un profilo di inammissibilità del vizio denunciato, per la non chiara né specifica formulazione della censura promiscua (che rende difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate, al fine di una loro riconduzione a specifici motivi di impugnazione: Cass. 17 marzo 2017, n. 7009; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790) di error in iudicando e di error in procedendo per vizio di non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (sotto il verosimile profilo di ultrapetizione), non sussistono le violazioni denunciate, per avere la Corte territoriale riconosciuto all’agente indennità direttamente dipendenti dall’inadempimento accertato a carico della preponente (per le ragioni in particolare esposte da pg. 5 a pg. 7 della sentenza), senza altre voci risarcitorie per incidenza del danno da mancata percezione di provvigioni diversamente acquisite (Cass. 10 gennaio 2013, n. 533), che è cosa diversa dal mancato pagamento di provvigioni maturate, queste sì incidenti sulle indennità liquidate;
5.2. è infine meramente enunciata l’omissione di esame di un fatto storico, neppure indicato, né tanto meno allegato in conformità al paradigma deduttivo previsto dal novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053);
6. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese di giudizio, secondo il regime di soccombenza;
7. ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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