CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 maggio 2019, n. 12191
Prestazione – Durata oraria – Differenze retributive – Rapporto di lavoro intercorso
Rilevato
che, con sentenza del 27 ottobre 2017, la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Messina, accoglieva in parte la domanda proposta da D.S.K. nei confronti della R. “P.M.” dei f.lli D.P.S. e L. s.n.c., avente ad oggetto il riconoscimento di differenze retributive maturate nell’ambito dell’unico e continuativo rapporto dal primo intrattenuto con la Società per avere reso una prestazione la cui durata oraria risultava essere più estesa di quella corrispondente alla retribuzione ricevuta, condannando la Società al pagamento delle differenze retributive maturate relativamente ai periodi lavorativi compresi tra l’11.8.2004 ed il 28.2.2006 e tra il 6.9.2006 ed il 7.1.2008 non soggette a prescrizione;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto essere intercorso tra le parti, non un unico rapporto di lavoro, né una pluralità di rapporti di lavoro a termine da qualificarsi illegittimi con conseguente conversione in un unico rapporto a tempo indeterminato, secondo la prospettazione avanzata da D.S.K. solo in grado di appello e, come tale, inammissibile, bensì una pluralità di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, regolarmente risolti dalla Società in coincidenza dei viaggi di ritorno al Paese di origine che, con periodicità annuale, effettuava il lavoratore, essere stato provato anche tramite quanto riferito dai testi indotti dalla Società il sistematico protrarsi della prestazione oltre l’orario per il quale era stato retribuito, dovute le relative differenze retributive non soggette alla prescrizione quinquennale da computarsi con riferimento a ciascuno dei rapporti instaurati, a decorrere dalle date di cessazione di ciascuno di essi;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, in relazione alla quale D.S.K., pur intimato, non ha svolto alcuna attività difensiva;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
– che la Società ricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
– che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., imputa alla Corte territoriale l’omesso esame dell’eccezione di inammissibilità del gravame proposto da D.S.K. dalla stessa Società puntualmente sollevata;
– che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la Società ricorrente lamenta l’incongruità dell’iter logico valutativo su cui la Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento in ordine all’effettivo assoggettamento del lavoratore ad un orario di lavoro più esteso rispetto a quello corrispondente alla retribuzione percepita, riconducendo tale incongruità alla mancata disamina da parte della Corte medesima delle risultanze istruttorie e delle stesse difese svolte dalla Società ricorrente;
– che il primo motivo deve ritenersi infondato, alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass., SS.UU., 16.11.2017, n. 27199), secondo cui è escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris istantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, orientamento l’adesione al quale da parte della Corte territoriale deve ritenersi riflessa, con conseguente implicito rigetto dell’eccezione di inammissibilità proposta dalla Società ricorrente, nella stessa formulazione di una pronuncia nel merito;
che, di contro inammissibile si rivela il secondo motivo, atteso che, mentre, stante il tenore della motivazione dell’impugnata sentenza, non è ravvisabile a carico della Corte territoriale alcuna omissione nell’esame del materiale istruttorio acquisito, esame, per di più, puntualmente corredato dall’esposizione delle ragioni della ritenuta rilevanza probatoria delle dichiarazioni testimoniali escusse, con specifico riferimento alla consonanza di quella resa dal teste indotto dalla Società con quelle dei testi della parte originariamente ricorrente, la mancata replica a quelle ragioni da parte della ricorrente configurano l’impugnazione qui proposta – tra l’altro fondata sull’equivoco circa l’oggetto della domanda, non certo diretta, come sostiene la Società ricorrente, al riconoscimento del lavoro straordinario, ma all’accertamento di un diverso orario normale cui parametrare la retribuzione dovuta, corrispondente invece ad un orario più ridotto – come volta alla sollecitazione di una revisione nel merito del giudizio, inammissibile in questa sede;
che, pertanto, conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato, senza attribuzione delle spese per non aver l’intimato qui svolto alcuna attività difensiva;
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater d.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2022, n. 14961 - Qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28, settembre 2022, n. 28284 - L'azione promossa dal lavoratore subordinato ed avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica superiore si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 cod. civ.,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30924 - Non sussiste il diritto ad una remunerazione ulteriore in relazione alle attività dedotte, per quanto eccedenti i limiti previsti dal mansionario, non ravvisandosi, in relazione allo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9800 - Le ritenute fiscali non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello…
- Documento commerciale per reso merce - Reso del reso - Risposta 06 giugno 2020, n. 167 dell'Agenzia delle Entrate
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 luglio 2022, n. 23371 - Gli elementi sintomatici della subordinazione nel caso di prestazioni elementari e ripetitive sono costituiti dal criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…