CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2019, n. 6864
Tributi – Accertamento – Riscossione – Documentazione contabile – Indagini peritali
Rilevato che
Con distinti ricorsi, V. C. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino quattro avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 1999, 2000, 2001 e 2005, con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato i redditi, procedendo al recupero a tassazione di maggior imponibile ai fini Irpef, Irap e Iva.
I giudici di primo grado rigettavano, con separate sentenze, i ricorsi.
Interposto appello dalla contribuente, la Commissione regionale, previa riunione dei ricorsi, all’esito dell’espletamento di consulenza tecnica contabile, confermava la sentenza impugnata, osservando che la quantificazione dei costi ricostruita dal C.T.U. sulla base della documentazione contabile offerta dalla contribuente nel corso delle indagini peritali non consentiva di modificare le risultanze della verifica compiuta tramite la polizia tributaria, in quanto i componenti negativi di reddito emersi dall’accertamento svolto dal consulente tecnico d’ufficio, oltre ad essere fondati su documentazione contabile inattendibile, risultavano comunque inferiori a quelli considerati in sede di accertamento.
Ricorre per la cassazione della suddetta decisione V.C., con un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate, seppure ritualmente intimata, non ha svolto attività difensiva.
Considerato che
1. Preliminarmente, va rilevato che l’avv. G.C., che è stato indicato nell’intestazione del ricorso ed ha certificato, unitamente all’avv. G.B., la sottoscrizione della ricorrente e sottoscritto il ricorso, non risulta iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.
2. Va esaminata con priorità la questione della procedibilità del ricorso, atteso che, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2 cod. proc. civ., unitamente con il ricorso, deve essere depositata, a pena di improcedibilità, << copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta >>.
Secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 9005 del 16/4/2009, <<la previsione – di cui al secondo comma, n. 2, dell’art. 369 cod. proc. civ. – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372 cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell‘impugnazione>>.
Le Sezioni Unite hanno, altresì, chiarito che << nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ., procedendo all’accertamento della sua osservanza. Tuttavia, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 cod. proc. civ. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità>> (conf., Cass. n. 6706 del 2013).
2.1. Nel caso in esame, la contribuente ha affermato, in ricorso, che la sentenza impugnata le è stata notificata in data 7 novembre 2012, ma dall’esame degli atti del fascicolo non è dato evincere se la notifica sia effettivamente avvenuta in tale data, poiché dalla copia autentica della sentenza depositata risulta soltanto che la notifica è stata eseguita dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, così come novellato dall’art. 3, comma 1, lett. a) del d.l. n. 40/2010 (convertito nella l. n. 73/2010) – come emerge dalla nota a firma del Direttore provinciale della Agenzia delle Entrate prot. n. 2012/174126 del 31 ottobre 2012 indirizzata alla destinataria della notifica, allegata alla sentenza – e che l’atto è stato spedito, come comprovato dalla etichetta adesiva apposta sullo stesso, ma manca un timbro di partenza attestante la data in cui è stato avviato il procedimento di notifica mediante spedizione a mezzo servizio postale e neppure risulta allegato l’avviso di ricevimento della raccomandata, attestante la data di avvenuta ricezione del plico da parte della destinataria.
2.2. Ne consegue che, sebbene debba ritenersi provata l’avvenuta notifica della sentenza, questo Collegio, sulla base degli elementi evincibili dalla copia autentica della sentenza depositata dalla ricorrente, non ha possibilità di accertare la data in cui la notificazione si è perfezionata.
2.3. Considerato, tuttavia, che limitatamente ai casi, come quello in esame, di notificazione della sentenza a mezzo del servizio postale ad opera della parte non ricorrente, il destinatario della notificazione di una sentenza eseguita a mezzo posta non ha la materiale disponibilità dell’avviso di ricevimento, dal quale solo risulta la data di perfezionamento del procedimento notificatorio, che costituisce il dies a quo per la notificazione del ricorso per cassazione nel termine breve ex art. 325 cod. proc. civ., si rende necessario, pur nel rispetto dei principi, del tutto condivisibili, espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza sopra richiamata, adottare una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 369, secondo comma, n. 2 cod. proc. civ., finalizzata ad evitare che siano posti a carico della parte ricorrente oneri che rendano particolarmente difficoltosa la tutela giurisdizionale (Cass. n. 19750 del 19/9/2014).
Ritiene, pertanto, il Collegio, che, ai fini dell’osservanza del citato art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. e, quindi, della procedibilità del ricorso, è sufficiente, nel caso in cui il ricorrente alleghi che la sentenza gli è stata notificata a mezzo del servizio postale, o comunque tale circostanza emerga dall’esame degli atti prodotti, che lo stesso ricorrente depositi, unitamente al ricorso, copia autentica della sentenza corredata di documentazione comprovante la spedizione dell’atto, spettando in tal caso alla parte controricorrente, anche in ossequio al cd. principio di vicinanza della prova, contestare, attraverso il deposito dell’avviso di ricevimento in suo possesso, che la notifica del ricorso sia avvenuta nel termine breve decorrente dalla data del perfezionamento del procedimento notificatorio della sentenza, dalla stessa attivato.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate, restando intimata, nulla ha eccepito al riguardo e, pertanto, il ricorso si sottrae alla sanzione della improcedibilità.
3. Passando al merito della causa, con un unico motivo, la contribuente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, lamenta, in primo luogo, che la sentenza impugnata è contraddittoria laddove i giudici di merito sostengono, da un lato, che i dati emersi dalla C.T.U. sono certi ed affidabili e, dall’altro, che gli stessi non sono tali da giustificare una riforma della sentenza di primo grado e, in secondo luogo, che il giudice d’appello ha ritenuto inattendibile la documentazione contabile dell’impresa, senza considerare che anche la verifica effettuata dalla polizia tributaria e gli avvisi di accertamento si fondano sulla medesima documentazione.
4. Occorre premettere che, dopo la modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012 – applicabile alla sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data dell’11 settembre 2013 di entrata in vigore della norma modificativa – non trova più accesso al sindacato di legittimità della Corte la censura di <<insufficienza>> o <<contraddittorietà>> dell’impianto motivazionale, qualora dalla sentenza emerga una relazione logica tra la premessa in fatto e la conseguenza in diritto che deve giustificare il <<decisum>>.
4.1. Il vizio di legittimità così come riformato dal d.l. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, ha, infatti, limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di <<omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>>, con la conseguenza che, al di fuori di tale omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto <<minimo costituzionale>> richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
4.2. Pertanto, qualora non si contesti la inesistenza del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un <<fatto storico>> controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia <<decisivo>> ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza delle argomentazioni giustificative della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti ritenuti rilevanti o non presi in considerazione perché non pertinenti (Cass. Sez. U., n. 8053 del 7/4/2014; Cass. Sez. U, n. 19881 del 22/9/2014; Cass. n 11892 del 10/6/2016).
5. Va, tuttavia, rilevato che la ricorrente, con il mezzo in esame, lamenta una incompleta valutazione, da parte dei giudici di appello, delle risultanze emergenti dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio di merito; sostiene, infatti, che le indagini peritali sono state svolte sulla stessa documentazione contabile presa in esame dai verificatori e sulla base della quale sono stati adottati gli atti impositivi impugnati, sicché la documentazione utilizzata dal C.T.U., diversamente da quanto ritenuto dai giudici di appello, non può essere considerata inattendibile, e denuncia che i giudici di merito non hanno adeguatamente valutato i risultati della consulenza contabile, che avrebbe confermato la esistenza di maggiori costi incidenti sulla determinazione del reddito d’impresa e sulla conseguente quantificazione del carico tributario.
Il motivo così come formulato integra il vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. nuovo testo.
5.1. Questa Corte ha, infatti, avuto modo di chiarire che <<il mancato esame delle risultanze della C.T.U. integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>> (Cass. n. 13922 del 7/7/2016; n. 13770 del 1/5/2018; n. 13399 del 29/5/2018).
6. Nel caso in esame, la Commissione regionale, dopo avere rilevato che nelle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio emergevano costi rilevanti per ciascuna delle annualità accertate, ha ritenuto che la ricostruzione quantitativa dei costi non fosse di per sé decisiva ai fini della decisione e che la documentazione di cui il consulente aveva tenuto conto al fini dell’accertamento contabile (fatture di acquisto e vendita, cedolini paga, bolli degli automezzi, certificati assicurativi, modelli F24 per i versamenti di ritenute e contributi, mastrini analitici dei conti economici ed estratti dei conti correnti bancari), stante la sua inattendibilità, non potesse inficiare l’esito delle verifiche svolte dall’Amministrazione finanziaria e poste a fondamento della pretesa fiscale.
7. La motivazione resa dai giudici di appello incorre nel vizio denunciato in quanto omette di spiegare le ragioni per cui le risultanze della C.T.U., favorevoli alla contribuente, fossero inattendibili.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, infatti, << ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa>> (Cass. n. 32980 del 20/12/2018; n. 15964 del 29/7/2016; n. 1236 del 23/1/2006)
8. Ne discende che, in accoglimento del motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, per il riesame, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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