CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2021, n. 6300
Indennità di disoccupazione agricola, ordinaria e speciale – Natura fittizia del rapporto – Collaborazione familiare – Accertamento ispettivo
Rilevato che
1. con sentenza in data 20 febbraio 2014, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza di primo grado che aveva escluso il diritto dell’attuale ricorrente all’indennità di disoccupazione agricola, ordinaria e speciale, per l’anno 1999;
2. per la Corte di merito la natura fittizia del rapporto si evinceva dall’affermata collaborazione familiare, tra la lavoratrice e il suocero, all’esito dell’accertamento ispettivo e non contestata con la prova della sussistenza del rapporto di lavoro agricolo per gli anni in discussione, posto che le allegazioni documentali – estratto contributivo e sentenze passate in giudicato – inerivano a differenti periodi contributivi ed erano emerse discrepanze, nel numero di giornate lavorate, tra il testimoniale acquisito alla causa e i dati storici emergenti dal libretto di lavoro sicché, in conclusione, non era stata offerta prova dell’onerosità in presenza dello stretto rapporto di affinità;
3. avverso tale sentenza M.A. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, al quale ha opposto difese l’INPS, con controricorso;
Considerato che
4. con i motivi di ricorso, deducendo vizio di ultrapetizione, violazione dell’art. 32 legge n.264 del 1949 e degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 2697 cod.civ. e 115, 116 cod.proc.civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, omessa, insufficiente e apparente motivazione, la ricorrente assume che la sussistenza del rapporto di lavoro agricolo sarebbe divenuta incontestabile con la produzione, nei giudizi di merito, di copia conforme dell’elenco anagrafico comprensivo del suo nominativo per l’anno 1998 (primo motivo); censura la sentenza per non avere considerato i presupposti richiesti per l’indennità di disoccupazione agricola, stante l’irrilevanza del verbale ispettivo riferito ad anni diversi e la sospensione dell’indennità del 1999 in attesa degli accertamenti ispettivi (secondo mezzo); assume di avere assolto l’onere probatorio, depositando stralci degli elenchi anagrafici relativi agli anni 1998 e 1999 e alle giornate lavorate (terzo mezzo); deduce, infine, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, vale a dire i predetti elenchi anagrafici per gli anni 1998 e 1999 (quarto mezzo);
5. in sintesi, le doglianze concernono l’aver trascurato il fatto decisivo costituito dalla stralcio dell’elenco anagrafico per gli anni 1998 e 1999 dei lavoratori del comune di Bruzzano Zeffirio e del giudicato relativo ai medesimi elenchi per le annualità 1996 e 1997;
6. il ricorso è da rigettare, esaminati congiuntamente i motivi per la loro connessione;
7. questa Corte di legittimità ha affermato ripetutamente il principio secondo il quale l’iscrizione di un lavoratore nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge una mera funzione ricognitiva della relativa situazione soggettiva e di agevolazione probatoria che viene meno qualora l’I.N.P.S., a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro, esercitando una propria facoltà (che trova conferma nel d.lgs. n. 375 del 1993, art. 9) con la conseguenza che, in tal caso, il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio (cfr., fra le tante, Cass. n. 13677 del 2018 e i precedenti ivi richiamati);
8. tale orientamento conferma quanto già affermato dalle Sezioni unite della Corte (v. sentenze nn. 1133, 1186, 1187 e 1188 del 2000) secondo cui il rapporto giuridico assicurativo nei confronti dell’ente previdenziale sorge come diretta conseguenza di un’attività di lavoro, subordinata o autonoma svolta da un determinato soggetto;
9. in taluni casi la legge prevede, per la nascita del rapporto, la presenza di ulteriori presupposti e, per il lavoro in agricoltura, lo svolgimento di un minimo di giornate lavorative nell’anno deve essere certificato dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al r.d. n. 1949 del 1940 che ha stabilito la compilazione, per ogni comune, di elenchi nominativi dei lavoratori subordinati dell’agricoltura, distinti per qualifiche, con il relativo compito di accertamento affidato dapprima a commissioni comunali, quindi attribuito agli Uffici provinciali SCAU (Servizio per i contributi agricoli unificati);
la disciplina è stata successivamente modificata dal d.l. n. 7 del 1970, convertito, con modificazioni, nella legge n. 83 del 1970, che, tra l’altro, ha affidato la compilazione di detti elenchi a commissioni locali della manodopera agricola, appositamente costituite presso gli uffici locali di collocamento, poi sostituite da altri organi per effetto delle successive disposizioni che hanno apportato ulteriori modifiche al sistema di accertamento e riscossione dei contributi in agricoltura;
11. d.lgs. n. 375 del 1993 (che ha, in particolare, riformato il sistema dei ricorsi amministrativi) , allo SCAU (soppresso dall’art. 19 della legge n. 724 del 1994) è, poi, subentrato l’I.N.P.S. (art 9 sexies del D.L. n. 510 del 1996 conv. con modif. nella legge n. 608 del 1996);
12. in tale cornice normativa si inserisce, poi, la regola generale, posta dall’art. 2697, primo comma, cod.civ., per cui il lavoratore che domandi l’erogazione della prestazione previdenziale deve dimostrare di avere esercitato un’attività di lavoro subordinato per un numero minimo di giornate, nell’anno di riferimento, e la prova deve essere sempre fornita mediante il documento che dimostra l’iscrizione negli elenchi nominativi;
13. se è vero che l’iscrizione negli elenchi ha la funzione di rendere certa la qualità di lavoratore agricolo, conferendole efficacia nei confronti dei terzi, la stessa non integra una prova legale – salvo che per quanto concerne la provenienza del documento stesso e i fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti – costituendo, alla stregua di qualsiasi altra attestazione proveniente dalla pubblica amministrazione, una risultanza processuale che deve essere liberamente valutata dal giudice;
14. l’ente previdenziale, quando contesti l’esistenza dell’attività lavorativa o del vincolo della subordinazione, ha l’onere di fornire la relativa prova, cui l’interessato può replicare mediante offerta, a sua volta, di altri mezzi di prova;
15. se la prova (contraria) viene data mediante la produzione in giudizio di verbali ispettivi, essendo attestazioni di fatti provenienti da organi della pubblica amministrazione, sono soggetti al medesimo regime probatorio sopra illustrato per l’iscrizione negli elenchi (cfr. Cass. Sez. un. 3 febbraio 1996, n. 916 e numerose successive conformi);
16. l’esistenza della complessa fattispecie deve essere accertata mediante la comparazione e il prudente apprezzamento di tutti i contrapposti elementi acquisiti alla causa;
17. nella specie, la Corte di merito ha operato la ricostruzione sistematica della concreta fattispecie alla stregua del compendio probatorio costituito dall’accertamento ispettivo e dal testimoniale acquisito alla causa e connotato da evidenti discrepanze nel numero di giornate lavorate rispetto alle risultanze documentali, per pervenire all’esito della natura fittizia del rapporto di lavoro in assenza, peraltro, di prova della onerosità della prestazione, affermazione, quest’ultima, rimasta del tutto priva di censure;
18. per il resto le censure si risolvono nella inammissibile richiesta di un riesame del merito,
19. segue coerente la condanna alle spese del giudizio;
20. ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 1.300,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1-bis, se dovuto.
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