CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2021, n. 6368
Tributi – Accertamento – Reddito di impresa – Costi deducibili – Costi per spese di sponsorizzazione – Requisito di inerenza – Valutazione di congruità rispetto ai ricavi – Irrilevanza – Prevalenza di giudizio di carattere qualitativo
Rilevato che
La società contribuente S.L. SPA, società operante nel settore del pellame, ha impugnato un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo ai periodi di imposta degli esercizi 2010 e 2011, con cui venivano recuperati a tassazione costi per spese di sponsorizzazione indebitamente dedotti in quanto non inerenti; la contribuente ha dedotto la nullità dell’accertamento per violazione del contraddittorio endoprocedimentale, nonché la deducibilità dei costi sostenuti.
La CTP di Pisa ha rigettato il ricorso e la CTR della Toscana, con sentenza in data 2 maggio 2018, ha rigettato l’appello del contribuente.
Ha ritenuto il giudice di appello che, pur essendo desumibile un obbligo di contraddittorio con il contribuente quanto all’IVA, non sono state in concreto indicate le ragioni che si sarebbero potute far valere in sede amministrativa. Nel merito, il giudice di appello ha ritenuto che i costi per sponsorizzazione non sono inerenti, in quanto incongrui rispetto all’attività sponsorizzata, trattandosi di sponsorizzazione di auto di gran turismo; il giudice di appello ha ritenuto, inoltre, che la genericità degli impegni assunti dallo sponsee in relazione alle prestazioni accessorie (disponibilità dei piloti a incontri, accoglienza, partecipazione agli eventi) e agli spazi dedicati al logo riservato allo sponsor denotino antieconomicità manifesta dei costi sostenuti.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a due motivi, cui resiste l’Ufficio con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che
1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 12 I. 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non violato il principio del contraddittorio preventivo per mancato assolvimento della prova di resistenza.
Deduce il ricorrente che, quanto all’IVA, il contraddittorio opera anche negli accertamenti a tavolino, indipendentemente dall’accesso presso i locali dell’impresa. Osserva a tale proposito che il disconoscimento della deducibilità dei costi è stato fondato dall’Ufficio sulla antieconomicità dell’attività, la quale non può essere apprezzata sulla base di documenti, dovendo tale giudizio essere condotto sulla base dell’analisi delle «dinamiche gestorie». Deduce, inoltre, che il contraddittorio preventivo dovrebbe estendersi anche ai tributi non armonizzati alla luce di una interpretazione eurounitaria e costituzionalmente orientata della disciplina in vigore.
1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 108 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e del principio di neutralità dell’IVA, nella parte in cui la CTR ha ritenuto indeducibili i costi di sponsorizzazione per assenza di certezza in quanto attività antieconomiche. Parte ricorrente si richiama al recente orientamento prevalso in questa Corte, secondo cui il principio di inerenza dei costi si ricava dal reddito di impresa, escludendosi ogni valutazione di utilità o di congruità degli stessi, degradando tali apprezzamenti a meri indici sintomatici dell’insussistenza dell’inerenza. Deduce, pertanto, il ricorrente che il giudizio di inerenza va tratto, pertanto, in relazione alla correlazione tra costo e attività di impresa, rispetto alla quale l’antieconomicità assume il ruolo di mero elemento sintomatico. Ritiene, pertanto, erronea la sentenza impugnata nella parte in cui ha dedotto il difetto di inerenza dalla mera antieconomicità.
2 – Il primo motivo è infondato.
2.1 – Il rispetto, anche nell’ambito delle indagini cd. «a tavolino», del contraddittorio endoprocedimentale in tema di tributi armonizzati comporta – in conformità a quanto statuito dalla giurisprudenza eurounitaria (Corte di Giustizia UE, 3 luglio 2014, C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics, punti 79, 80, 82) – l’invalidità dell’atto solo ove il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass., Sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 21900; Cass., Sez. V, 17 marzo 2020, n. 7380; Cass., Sez. V, 21 gennaio 2020, n. 1252; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2019, n. 34051; Cass., Sez. V; 18 dicembre 2019, n. 33619; Cass., Sez. V, 11 settembre 2019, n. 22644; Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 701; Cass., Sez. VI, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. VI, 27 luglio 2018, n. 20036).
Sul punto, correttamente la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di nullità dell’avviso in tema di tributi armonizzati, stante il mancato assolvimento da parte del contribuente della «prova di resistenza», non avendo questi fornito la prova che «in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso» (Corte di Giustizia, Kamino, loc. cit.).
La CTR ha, pertanto, fatto buon governo dei principi enunciati.
2.2 – Il ricorrente censura, inoltre, la decisione per non avere la CTR apprezzato la circostanza che, nella specie, il giudizio sull’antieconomicità di gestione non si sarebbe potuto trarre sulla base dei soli documenti, in quanto ciò avrebbe richiesto l’analisi delle dinamiche gestorie dell’impresa ricorrente («apprezzamento di come essa attività si è contestualizzata nelle dinamiche gestorie»). Tuttavia il ricorrente non censura specificamente il punto motivazionale secondo cui il ricorrente non avrebbe indicato le ragioni che avrebbero consentito un diverso decorso della fase amministrativa («nel caso di specie la contribuente non indicava le ragioni che avrebbe potuto far valere, allorché il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato»), per cui deve ritenersi passata in giudicato la statuizione che tali ragioni non sono state fornite.
In ogni caso, quand’anche le circostanze indicate dal ricorrente possano qualificarsi come omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione, tali circostanze si sarebbero dovute dedurre nel rispetto degli artt. 360, comma 1, n. 5 e 348-ter cod. proc. civ., stante sussistenza di «doppia conforme», il che non è avvenuto.
2.3 – Assorbito, pertanto, risulta, l’esame della questione dell’applicazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale anche per i tributi non armonizzati, in ogni caso pacificamente escluso dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. VI, 29 ottobre 2018, n. 27421; Cass., Sez. VI, 11 maggio 2018, n. 11560; Cass., Sez. VI, 13 marzo 2018, n. 6219; Cass., Sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 1969; Cass., Sez. VI, 31 maggio 2016, n. 11283).
3 – Il secondo motivo è fondato.
3.1 – L’orientamento più recente di questa Corte in materia di inerenza dei costi deducibili afferma che deve rinvenirsi una correlazione del costo di cui si tratta non in relazione ai ricavi, bensì in relazione all’attività imprenditoriale nel suo complesso (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2020, n. 902), avuto riguardo all’oggetto dell’impresa (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2020, n. 559). La ratio di tale impostazione riposa sulla nozione di reddito d’impresa e non sulla correlazione tra costi e ricavi di cui all’art. 109, comma 5, TUIR, escludendosi dal novero dei costi deducibili solo quelli che si collocano in una sfera estranea all’attività imprenditoriale.
Conseguenza di questa impostazione è, da un lato, che non assume rilevanza, in quanto tale, la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, dovendosi dare un giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30366; Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27786; Cass., Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 450); dall’altro, che l’antieconomicità del costo (rispetto al ricavo atteso) degrada a mero elemento sintomatico della carenza di inerenza (Cass., Sez. V, 17 luglio 2018, n. 18904). In conseguenza di tale impostazione, sono stati, ad esempio, ritenuti deducibili, in quanto inerenti, costi relativi ad attività di carattere preparatorio (Cass., Sez. V, 3 ottobre 2018, n. 23994), come anche costi strumentali ad attività future e di potenziale proiezione dell’attività imprenditoriale (Cass., Sez. V, 31 maggio 2018, n. 13882).
3.2 – Nella specie il giudice di appello, dopo avere enunciato astrattamente tale principio, non ne ha fatto corretta applicazione.
Il giudizio di non inerenza è stato tratto sulla base della sproporzione del costo assunto rispetto al potenziale ritorno commerciale offerto dalle manifestazioni sponsorizzate («le scuderie sponsorizzate dall’appellante animavano l’ambiente delle corse di auto di gran turismo, che era meno ricco ed ove era poco frequente incontrare i vip indicati […] le somme dichiarate come investite in sponsorizzazione erano di gran lunga esorbitanti se comparate alla quantità di prestazioni offerte dallo sponsee e dalla qualità dei prevedibili risultati») e, quindi, avendo come riferimento la correlazione o corrispondenza tra costi e ricavi e il ritorno dell’investimento, anziché l’estraneità all’attività imprenditoriale della società contribuente.
3.3 – Con la memoria l’Ufficio ritiene che l’esame della CTR sia stato di natura qualitativa, evidenziando, da un lato «l’inadeguatezza del ritorno economico e di immagine rispetto al costo sostenuto», alla luce delle dimensioni dei loghi applicati sulle vetture e della «atipicità» degli eventi sponsorizzati rispetto all’attività dello sponsor e, dall’altro, la carenza di documentazione a supporto, il che evidenzierebbe – ad avviso del patrono erariale – il fatto che la mera sproporzione tra costo e prestazione sia stata considerata quale mero elemento sintomatico di mancanza di certezza della spesa.
3.4 – Le deduzioni del controricorrente non colgono nel segno e, invero, corroborano la fondatezza del motivo di ricorso avverso. In primo luogo, si osserva come è lo stesso controricorrente a rilevare che la non inerenza viene indotta dal giudizio di non adeguatezza dei costi sostenuti rispetto al ritorno dell’investimento e non dal giudizio di estraneità rispetto all’attività di impresa. In secondo luogo, si osserva che il giudizio della CTR (come, del resto, l’atto impositivo, diffusamente riportato da entrambe le parti) è stato incentrato non sulla falsità dei costi sostenuti, bensì sulla non inerenza degli stessi all’attività di impresa.
3.5 – Il giudice di appello, nell’avere istituito una correlazione tra costi e ricavi (anziché tra costi ed attività imprenditoriale) e nell’avere fondato su di essa il giudizio di antieconomicità ai fini della esclusione del giudizio di non inerenza ai fini della deducibilità, non ha fatto buon governo di tali principi.
4 – Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo, cassandosi la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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