CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 novembre 2022, n. 32819

Rapporto di lavoro – Crediti d’imposta per i redditi prodotti all’estero – Detrazione degli oneri fiscali – Decadenza

Fatti di causa

1. Con ricorso depositato il 10.7.2014, E. s.p.a., in proprio e quale mandataria di N. Ltd., conveniva innanzi al Tribunale di Roma A.B. per sentir accogliere le seguenti conclusioni:

“accertare e dichiarare l’inadempimento del sig. B.A. rispetto all’obbligo di restituire le anticipazioni fiscali percepite nell’anno 2007; e per l’effetto condannare il sig. B.A. al pagamento della somma di € 14.531,85, oltre interessi e rivalutazione dal 21.10.13 al soddisfo; In via subordinata nella denegata ipotesi in cui il Giudice adito non ritenesse il Sig. B.A. inadempiente rispetto all’obbligo di restituire la somma di € 14.531,85; accertare e dichiarare che la corresponsione da parte di E. s.p.a., in favore del sig. B.A., della somma di € 14.531,85 costituisce un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.; e per l’effetto condannare il sig. B.A. al pagamento della somma di € 14.531,85 a titolo di indebito oggettivo, oltre interessi e rivalutazione del 21.10.13 al soddisfo”.

2. A sostegno di tali domande la ricorrente esponeva: che l’A., nel corso del rapporto di lavoro con essa intrattenuto fino al 31.12.2007, aveva lavorato per la N. (N.A.E.) ltd. dal 4.10.2006 al 15.8.2007; che d’accordo col convenuto, ed al fine di evitargli la doppia imposizione fiscale (essendo egli fiscalmente residente in Italia) le parti attrici gli avevano corrisposto, nell’anno 2007, a titolo di “anticipazione competenze”, la somma di € 14.531,85, corrispondente alla ritenuta fiscale italiana, che egli era tenuto a restituire; che con lettera del 21.10.2013, ricevuta il 30.10.2013, aveva chiesto, senza esito, il rimborso della predetta somma, allegando alla richiesta il certificato di definitività, rilasciato il 30.4.2009 dalla N., dal quale risultavano le imposte pagate dalla stessa N..

3. Costituitosi l’A., il quale contestava sotto diversi profili le domande attoree, il Tribunale adito respingeva queste ultime, compensando le spese del grado.

4. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello che E. s.p.a. aveva proposto contro la decisione di prime cure, condannava l’appellante al pagamento delle spese del secondo grado, e dava atto che sussistevano i presupposti oggettivi per il raddoppio del contributo unificato.

5. Avverso tale decisione, la soccombente E. s.p.a. ha proposto ricorso, affidato ad unico motivo.

6. L’intimato A. ha resistito con controricorso.

7. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il suo rigetto.

8. Entrambe le parti hanno prodotto memorie.

9. Più volte rinviata a nuovo ruolo la causa a motivo della sopravvenuta indisponibilità dei Consiglieri relatori in passato designati, a seguito di nomina dell’attuale Relatore, il giudizio è stato deciso all’esito dell’adunanza camerale sopra indicata.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 165 commi 4 e 7 del d.P.R. n. 917/86 (art. 360 n. 3 c.p.c.)”.

2. Deduce che i giudici di merito <ritengono che i crediti d’imposta per i redditi prodotti all’estero possano essere portati in detrazione “a pena di decadenza”, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui tali redditi sono stati percepiti. E quindi – nella fattispecie – che la detrazione degli oneri fiscali pagati in Nigeria poteva e doveva essere fatta valere dall’A. solo nella dichiarazione dei redditi del 2007, da presentarsi nel 2008. Ma a tanto il dipendente non sarebbe stato messo in grado di provvedere a causa del ritardo con cui la datrice N. ha rilasciato, solo in data 30.4.2009, e poi consegnato al dipendente, al marzo del 2013, il certificato dei compensi e dei versamenti tributari, e cioè quando ormai era decorso il termine di decadenza di cui al sopra richiamato art. 165 D.P.R. e così pregiudicando il diritto di questi ad ottenere dal fisco italiano il rimborso dell’imposta pagata in Nigeria”. Secondo l’impugnante, però, “la scelta decisionale dei giudici di merito così come motivata si fonda sull’erroneo presupposto che l’A. non abbia potuto, e non possa più far valere il suo credito di imposta per la intervenuta decadenza, come prevista – secondo la interpretazione datane – dall’art. 165 del DPR”. Sempre per la ricorrente, quest’ultima disposizione non prevedeva alcuna decadenza, osservando in tal senso che: “Il testo precedente dell’originario art. 15 del DPR. 917/86 (divenuto poi art. 165) in vigore fino al 31.12.2003, invece conteneva l’inciso “a pena di decadenza” che è sparito nell’attuale formulazione, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame. E la “sparizione” di questo inciso non può avere che un senso: e cioè la eliminazione dell’effetto della decadenza (estinzione del diritto di credito) per la mancata osservanza  del termine”. A riguardo vengono richiamate talune decisioni di Commissioni Tributarie Provinciali (cfr. pagg. 7-8 del ricorso).

Vengono, indi, riportati taluni passi della motivazione dell’impugnata sentenza, sostenendosi che: “contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, in assenza di un termine di decadenza espressamente – ma neppure implicitamente – rinvenibile nell’art. 165 sopra citato, deve trovare applicazione il termine prescrizionale decennale di cu all’art. 2964 c.c. (N.d.R: rectius, art. 2946 c.c.)”, termine che si assume non essere ancora spirato all’epoca del ricorso per cassazione (cfr. pag. 10 del ricorso). In definitiva, per la ricorrente, “L’A., per evitare la doppia imposizione fiscale, e dovendo restituire le somme ricevute da E. spa a titolo di “anticipazione competenze” era tenuto (ed è tenuto) ad un solo e semplice adempimento (quale che fosse la corretta interpretazione della disciplina di cui al citato art. 165 dal Tuir): far valere il suo credito di imposta (per aver assolto al suo obbligo tributario nei confronti del fisco Nigeriano) ed esporre il relativo importo nella prima dichiarazione utile dei propri diritti”.

3. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile, come peraltro eccepito sia dal controricorrente che dal P.G. presso questa Corte.

4. In tal senso, giova subito far presente che, secondo questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla Suprema corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (in tal senso, di recente, Cass. civ., sez. I, 02/09/2021, n. 23792). Difatti, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (così Cass. civ., sez. un., 27/01/2020, n. 1718)

5. Orbene, nel caso di specie – in disparte la considerazione che la Corte territoriale non aveva esplicitamente affermato che la detrazione degli oneri fiscali sopportati in Nigeria fosse soggetta a “decadenza” (laddove la ricorrente attribuisce alla Corte di merito tale conclusione) – l’impugnante, come risulta dallo svolgimento dell’unico motivo di ricorso innanzi riferito, ha introdotto solo in questa sede di legittimità una questione – quale quella dell’essere tale diritto dell’attuale controricorrente soggetto piuttosto a prescrizione ordinaria decennale – del tutto nuova, a quanto consta.

5.1. Invero, a una tale questione non si fa il benché minimo cenno nell’impugnata sentenza; né in qualche punto del ricorso, ivi compresa l’esposizione sommaria dei fatti del processo, si fa riferimento ad essa questione: difatti nel ricorso in esame neppure vengono sommariamente riferiti i motivi di appello all’epoca formulati dall’attuale ricorrente, e dal testo della decisione gravata non emerge che quei motivi includessero quella tematica.

5.2. Dunque, il ricorso difetta anche dell’occorrente autosufficienza.

6. La ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore dei difensori del controricorrente, dichiaratisi anticipatari, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

7. Non ricorrono, invece, i presupposti per una condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c., non avendo il controricorrente neppure specificato a quale delle diverse ipotesi ivi disciplinate si dovrebbe nella specie far capo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei difensori del controricorrente, Avv.ti A.C. e A.P.T., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% e I.V.A e C.P.A. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.