CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 novembre 2022, n. 32834
Licenziamento collettivo – Settore aeronautico – Unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro – Estensione della platea dei lavoratori licenziandi – Illegittimità
Rilevato che
con sentenza in data 24 settembre 2020, la Corte d’Appello di Cagliari ha sostanzialmente confermato l’ordinanza del Tribunale di Tempio Pausania – limitandosi a statuire, in riforma della stessa, il difetto di interesse ad impugnare di A. S.p.A. – accertata la sussistenza di un unico complesso aziendale fra M.F. s.p.a. (poi divenuta A.I. s.p.a.) e A.I. s.p.a. (poi divenuta A.I. F.M.C. s.p.a.), ha dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato a R.S. in data 28 giugno 2016, all’esito di procedura di licenziamento collettivo attivata da M.F. s.p.a. atteso l’obbligo datoriale di scegliere i lavoratori da licenziare nell’ambito dell’intero complesso aziendale, cioè anche tra gli assistenti di volo formalmente dipendenti di A.I., e condannato la M.F. alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, detratto l’aliunde percepturn per effetto dell’occupazione successivamente reperita;
per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso A.I. s.p.a. in liquidazione e A. S.p.A., affidandolo a cinque motivi;
C.S. è rimasta intimata;
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 bis L. 3/12/2004, n. 291 come modificato dall’art. 2 d.l. n. 134 del 2008, conv. dalla legge n. 166 del 2008 per aver la Corte affermato che la scelta dei licenziandi avrebbe dovuto investire anche i dipendenti di A.I., a suo dire del tutto estranei alla crisi aziendale di M.F. del 2011, conclusasi con la definitiva estromissione dei suoi lavoratori in esubero nel 2016;
con il secondo motivo si allega violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. e degli artt. 5 l. n. 223/1991, 2359, 2497 e 2094 cod. civ. nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto illegittimo il licenziamento in controversia sul presupposto che a fondare la contitolarità del rapporto di lavoro bastasse la integrazione fra le attività della controllante e le attività della controllata; ciò a prescindere dall’esame della posizione individuale del singolo lavoratore in rapporto al suo inserimento nella complessiva struttura aziendale e dal concreto accertamento dell’uso promiscuo della sua prestazione ed inoltre allegandosi che, anche a voler considerare unitariamente la struttura delle società M.F. s.p.a. e A.I. s.p.a., l’individuazione dei lavoratori in esubero non poteva che avvenire in relazione alle esigenze tecniche, organizzative e produttive manifestatesi nel perimetro aziendale della prima società; le due società, infatti, avevano mantenuto strutture autonome, dotate di propri beni, risorse, licenze di esercizio ecc. e la struttura in crisi che aveva generato gli esuberi sin dal 2011 era quella facente capo a M.F.;
con il terzo motivo di ricorso deducono violazione degli artt. 2359, 2947 e segg. cod. civ., degli artt. 776 e 779 cod. nav. nonché del Regolamento europeo n. 859/2008 (capo C) OPS 1.185 punto 5 e Appendice 2 dell’OPS 1.175 punti a) e b), del Regolamento europeo n. 1008/2008, art. 2 (nn. 1,8 e 25), art. 3 (n. 2), art. 4 punto e), del Regolamento Europeo n. 965 del 2012 – Allegato 3 Capo CC Sezione 1 ORO. CC. 125;
il giudice di appello aveva trascurato di considerare che nel settore aeronautico, governato da pregnanti e minuziose disposizioni normative contenute, tra l’altro, nei suddetti Regolamenti, era impossibile, sia di fatto che di diritto, che il servizio di trasporto aereo fosse svolto da due società attraverso una struttura aziendale unitaria con uso promiscuo dei naviganti e dei responsabili delle varie attività; neppure poteva essere valorizzato nel senso dell’unitarietà della struttura la utilizzazione dell’aeromobile mediante contratti di wet lease circostanza che non implicava alcuna confusione tra le separate strutture organizzative facenti capo alle società;
con il quarto motivo di ricorso di deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970 per avere il giudice di appello circoscritto il periodo di estromissione, ai fini della detrazione dell’aliunde percipiendum, ai soli 12 mesi successivi al licenziamento considerando, altresì, le 12 mensilità quale limite minimo irriducibile del risarcimento piuttosto che come tetto massimo;
con il quinto motivo si allega la violazione degli artt. 2909 cod. civ., 100, 300 e 346 cod. proc. civ., per aver la Corte dichiarato erroneamene il passaggio in giudicato dell’ordinanza “Fornero” nei confronti di A. e la conseguente mancanza di interesse di quest’ultima ad impugnare;
I motivi di ricorso, trattati congiuntamente per la reciproca connessione, sono infondati;
va evidenziato in via preliminare come la Corte territoriale abbia correttamente motivato sulla non necessaria coincidenza ex lege tra collocandi in mobilità e lavoratori sospesi in C.I.G.S. adeguandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto (fra le altre, Cass. n. 14800 del 2019);
giova poi premettere che la sentenza impugnata, con accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed in questa sede neppure astrattamente incrinabile dalla deduzione di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, deduzione in concreto preclusa ai sensi dell’art. 348 ter, ultimo comma cod. proc. civ. dalla esistenza di « doppia conforme», ha ritenuto che gli elementi di collegamento fra le società avessero travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia fra consociate per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva ai fini per cui è causa;
come questa Corte ha, poi, già avuto modo di evidenziare (cfr., fra le altre, Cass. n. 32475 del 2021) i criteri attraverso i quali la Corte di merito, anche sulla base del richiamo agli elementi a tal fine valorizzati dal primo giudice, è pervenuta alla qualificazione della sostanziale unicità della struttura aziendale, vale a dire, tra gli altri, l’assegnazione di quasi tutta la operatività di volo da M.F. ad A.I., che la aveva gestita mediante anomali contratti cd. di wet lease su tratte e bande orane della prima sostenendo direttamente i costi necessari, l’utilizzo di A.I. di s/ot facenti capo a M., la stipula di un contratto tra M.F. e A.I. con il quale la prima si impegnava a prestare a A.I. i servizi di gestione amministrativa e finanziaria inclusi gli adempimenti civilistici e fiscali, il controllo di gestione compresa la pianificazione economica, finanziaria e patrimoniale, l’analisi preventiva e consuntiva per gli investimenti, la gestione del personale e delle relazioni industriali, l’utilizzazione da parte di .A.I. di personale proveniente da M.F., attraverso l’istituto del distacco e mediante job posting cioè l’assunzione ex novo previa risoluzione del contratto con M.F., l’utilizzo da parte di A.I. di equipaggi misti, la dichiarata finalizzazione di tutta la operazione alla riduzione del costo del lavoro, sono coerenti con le indicazioni del giudice di legittimità secondo il quale è configurabile l’esistenza di un unico centro di imputazione in presenza di: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (Cass. n. 25/01/2021 n. 1507; v. Cass. 31/07/2017, n. 19023; Cass. 31/05/2017, n. 13809, Cass. 20/12/2016, n. 26346; Cass. 12/02/2013, n. 3482);
in particolare è stato chiarito in sede di legittimità che “Il collegamento economico – funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; tale collegamento, pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro – anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato – ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito” (Cass. 06/04/2004, n. 6707);
il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare – anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato – un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro;
si è quindi affermato che “Ove il collegamento economico-funzionale tra le imprese sia tale da comportare l’utilizzazione contemporanea e indistinta della prestazione lavorativa da parte delle diverse società si è in presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro; ne consegue che tutti i fruitori dell’attività devono essere considerati responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall’art. 1294 c.c., in caso di obbligazione con pluralità di debitori, qualora dalla legge o dal titolo non risulti diversamente.” (cass. 28/03/2018, n. 7704 e quindi anche Cass. 09/01/2019 n. 267);
va peraltro ricordato che la giurisprudenza ha comunque riconosciuto la configurabilità, a vari fini, di un’impresa unitaria, a prescindere dal carattere simulatorio del frazionamento dell’unica attività, e valorizzando la mera apparenza della pluralità di soggetti giuridici a fronte di un’unica sottostante organizzazione di impresa, intesa come unico centro decisionale (v. Cass. 28/03/2018, n. 7704; Cass. 29/11/2011, n. 25270; Cass. 14/03/2006, n. 5496; Cass. 24/03/2003 n. 4274; Cass.28/08/2000, n. 11275);
alla luce dei su esposti principi e della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di merito e nell’ottica della accertata unicità del centro di imputazione sostanziale dei rapporti di lavoro risulta priva di pregio la tesi delle società ricorrenti, che costituisce lo sfondo concettuale alla base di larga parte delle censure articolate con i motivi in esame, secondo la quale occorreva la dimostrazione da parte dell’originaria ricorrente di un uso promiscuo della propria attività da parte delle due società;
la rilevata compenetrazione tra le strutture aziendali formalmente facenti capo a soggetti distinti implica la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario e rende non decisiva la vicenda personale del singolo lavoratore;
l’accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale costituita da M.F. – A.I. esclude che possa assumere rilevanza decisiva la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dal dipendente la cui attività deve comunque ritenersi prestata nell’interesse – indifferenziato – delle due società solo formalmente distinte;
il dato fondamentale è infatti rappresentato dalla totale integrazione fra le attività di M.F. e A.I. che non consente di distinguere nell’ambito dell’attività prestata dal lavoratore quanto riferibile all’una o all’altra società;
sotto il profilo processuale la ricostruzione qui condivisa esclude in radice la configurabilità di un onere a carico della lavoratrice, di allegazione e prova di un utilizzo promiscuo della prestazione da parte di entrambe le società;
è ancora da considerare che le società ricorrenti non si confrontano specificamente con l’affermazione del giudice di merito circa la protratta e costante composizione mista degli equipaggi dei voli operati da A.I., accertamento che la Corte ritiene di dover porre a fondamento di una valutazione della situazione aziendale operata nel complesso;
le osservazioni che precedono rendono priva di pregio la deduzione di violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., formulata fondata sull’ avere la Corte di merito posto a base della decisione circostanze di fatto (utilizzazione promiscua della prestazione del singolo lavoratore) non allegate né provate;
conseguenza ineludibile della configurabilità in concreto di un unico soggetto datoriale è la necessità che la procedura collettiva attivata da M.F. coinvolgesse i lavoratori in organico non solo alla detta società ma anche a A.I., cioè tutti i lavoratori dell’unico complesso aziendale scaturito dalla integrazione delle due società, come viceversa non è avvenuto;
la legittimità della limitazione della platea dei licenziandi ai soli dipendenti di M.F. non può essere recuperata, come viceversa sembra prospettare la società ricorrente, sulla base della considerazione che le esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale per l’individuazione dei lavoratori da licenziare ex art. 5 l. n. 223/1991 erano in tal senso conducenti in quanto solo nella struttura di M.F., configurata come autonomo ramo di azienda, si erano registrate le condizioni per il ricorso alla procedura collettiva;
è coerente con tale accertamento preliminare la verifica della corretta applicazione dei criteri di cui all’art. 5 l. n. 223/1991 , che è stata condotta dalla Corte di appello in applicazione del consolidato principio secondo il quale, di regola, in tema di licenziamento collettivo, la scelta dei lavoratori da licenziare in applicazione dei criteri di legge deve essere fatta nell’ambito dell’intero complesso aziendale, a meno che la riduzione riguardi un reparto determinato, dotato di specifica autonomia e formato da particolari professionalità, non fungibili rispetto a quelle di altri reparti (con onere della prova a carico della parte datoriale delle situazioni che rendono impraticabile la comparazione– v, tra le altre, Cass. 01/08/2017, n. 19105; Cass. 16/09/2016, n. 18190; Cass. 12/01/2015 n. 203; Cass.03/05/2011 n. 9711; Cass. 23/06/2006, n. 14612);
la ricostruzione fattuale alla base del decisum di secondo grado e le conseguenze giuridiche che ne sono state tratte in termini di necessità di estensione della platea dei lavoratori anche ai formali dipendenti di A.I. non sono incrinate dalle deduzioni formulate con il terzo motivo di ricorso intese a denunziare la violazione di normativa specifica di fonte europea e del codice della navigazione;
la sentenza non contiene alcuna affermazione in contrasto con le norme richiamate ma si limita a dare atto della concreta esistenza di una forte integrazione e compenetrazione tra le strutture aziendali facenti capo a due soggetti formalmente autonomi; tanto tuttavia non incide sulle prescrizioni relative alle condizioni per il rilascio delle licenze di esercizio, di specifiche certificazioni ecc. di cui alle disposizioni richiamate, le quali operano sul piano, affatto diverso, inerente in definitiva ai presupposti di sicurezza della navigazione aerea; in questa prospettiva le certificazioni ed i titoli abilitativi di cui alle norme menzionate devono necessariamente essere riferiti a soggetti formalmente autonomi ma tanto non esclude che, da un punto di vista fattuale, a tale formale autonomia corrisponda una integrazione delle strutture aziendali che sotto lo specifico profilo che qui viene in rilievo giustifica la estensione della platea dei licenziandi all’intero complesso risultante dalla richiamata integrazione;
la censura che contesta la valorizzazione dei contratti di wet lease come rivelatrice della ritenuta unitarietà aziendale è inammissibile in quanto l’accertamento della esistenza di un soggetto unitario non è fondata solo sulla valorizzazione di tale dato ma su un complesso di plurimi elementi ritenuti, con valutazione congrua e priva di vizi logici ed in quanto tale sottratta al sindacato di legittimità, dimostrativi della intensità del collegamento tra le società e in definitiva della relativa compenetrazione delle strutture aziendali;
il quarto motivo di ricorso presenta profili di inammissibilità; non è infatti specificamente censurata la affermazione del giudice di appello, configurante nell’economia della motivazione autonoma ratio decidendi alla base della statuizione che esclude la detraibilità dell’aliunde perceptum e percipiendum, rappresentata dalla rilevata carenza di specifica deduzione fattuale a riguardo nella memoria difensiva di primo grado delle odierne ricorrenti; né la rilevata carenza allegatoria può essere superata, come sembrano prospettare le società ricorrenti, dalla necessità di verifica di ufficio dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum, imposta dal testo novellato dell’art. 18, comma 4, l. n. 300/1970, in quanto da esso si desume solo che tale verifica non è condizionata da una specifica eccezione in tal senso della parte datoriale ma non anche che questa sia esonerata dall’onere di allegazione delle circostanze fattuali che consentano di ritenere la percezione medio tempore di redditi da lavoro da parte del dipendente;
appare evidente, infine, l’assenza di qualsivoglia lesione dei principi della domanda e del giudicato avendo la Corte affermato con chiarezza il difetto d interesse ad impugnare di A.;
in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto;
nulla spese attesa la mancata costituzione di parte controricorrente;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.