CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 ottobre 2018, n. 24756
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Scelta organizzativa – Situazione finanziaria della società – Ricadute occupazionali – Accertamento
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 3 agosto 2016, in sede di reclamo ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato in data 3 aprile 2015 a M.D. dalla C.E. Spa, condannando la società alla reintegra della lavoratrice ed al pagamento di una indennità risarcitoria pari alle retribuzioni dal recesso alla riammissione in servizio ai sensi dell’art. 18, commi 4 e 7, l. n. 300 del 1970, pro tempore vigente;
2. la Corte territoriale, condividendo l’assunto espresso dai giudici di prime cure sia nella fase sommaria che all’esito dell’opposizione, ha ritenuto, sulla base dell’istruttoria espletata, “evidente che non si possa sostenere che la cessazione delle trasmissioni televisive, tra cui il telegiornale, sul canale (…) ceduto a S.I. abbia comportato il venir meno dell’attività principale di D. posto che a tale incarico la odierna reclamata dedicava una parte minima della sua giornata”;
in ordine al motivo di reclamo con cui la società censurava la sentenza impugnata per avere ritenuto la manifesta insussistenza del giustificato motivo oggettivo disponendo la reintegra della lavoratrice la Corte milanese ha ritenuto che la circostanza posta a fondamento del licenziamento fosse risultata “insussistente avendo l’istruttoria accertato che l’attività svolta da D. per la preparazione del telegiornale da trasmettere sul Canale (…) non era la sua attività principale ma una delle diverse attività da lei svolte nella redazione di C. TV e che la cessione del canale aveva comportato il venir meno solo di quella singola attività lasciando intoccate tutte le altre”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C.E. Spa con 2 motivi, cui ha resistito la D. con controricorso, illustrato da memoria;
Considerato che
1. il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 604 del 1966 per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che le ragioni a monte della decisione aziendale di procedere al licenziamento della dipendente costituissero solo dei “meri antefatti non rilevanti ai fini della causa”, non avvedendosi che il recesso “non era strettamente legato al carattere principale o meno delle attività svolte dalla lavoratrice ma scaturiva dalla complessiva riorganizzazione conseguente alla cessione del canale televisivo”; la censura non può trovare accoglimento in quanto i giudici del merito, interpretando il contenuto della lettera di licenziamento con apprezzamento non sindacabile in questa sede di legittimità, hanno ritenuto che la ragione posta a fondamento del recesso fosse che, “a seguito della cessione a S.I. della concessione a trasmettere sul canale (…), le trasmissioni realizzate e diffuse da C. TV cessavano e, a parere della società, veniva meno l’attività principale svolta da D.”, ritenendo non rilevanti ai fini di causa questioni quali la scelta organizzativa di procedere alla cessione del canale (…), la situazione finanziaria della società, le ricadute occupazionali;
una volta accertato processualmente – secondo la ricostruzione dei giudici cui compete il merito – che “la società non aveva fornito la dimostrazione che l’attività prevalente svolta dalla reclamata fosse collegata al telegiornale ed alle altre trasmissioni di natura informativa del canale ceduto”, per cui risultava “smentita la pretesa marginalità dell’attività relativa ai contenuti informativi per clienti terzi svolta dalla D.”, risulta correttamente applicato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui “una volta necessariamente esplicitata la ragione organizzativa o produttiva posta a giustificazione causale della risoluzione del rapporto … ed in giudizio si accerta invece che la ragione indicata non sussiste, il recesso può essere dichiarato illegittimo dal giudice del merito non per un sindacato su di un presupposto in astratto estraneo alla fattispecie del giustificato motivo oggettivo, bensì per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione addotta dall’imprenditore … ovverosia l’inesistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento così come giudizialmente verificata rende in concreto il recesso privo di effettiva giustificazione” (in termini: Cass. n. 10699 del 2017; conf. a Cass. n. 25201 del 2016);
2. il secondo motivo di impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 7, l. n. 300 del 1970, come modificata dalla l. n. 92 del 2012, per avere la Corte di Appello ritenuto applicabile il regime reintegratorio senza illustrare le ragioni che l’avessero comunque indotta a ritenere “il fatto posto a base del licenziamento manifestamente insussistente”; il motivo è inammissibile in quanto censura un apprezzamento di merito, quale è quello concernente il connotato di particolare evidenza che deve caratterizzare la manifesta insussistenza del fatto nel giustificato motivo oggettivo per consentire l’applicabilità della tutela residuale reintegratoria (v. Cass. n. 10435 del 2018), nella specie implicitamente compiuto dai giudici di merito laddove hanno testualmente ritenuto “evidente” che la cessione del Canale (…) a S.I. non aveva fatto venire meno l’attività principale della D.;
3. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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