CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 ottobre 2018, n. 24781
Operai agricoli a tempo determinato – Contributi IVS – Omissione – Cartella esattoriale – Notifica a mezzo raccomandata a/r
Rilevato che
1. il Tribunale di Taranto dichiarava inammissibile l’opposizione proposta da Z. T. nei confronti dell’Inps, anche quale mandatario della SCCI S.p.a. e di Equitalia Pragma S.p.a., avverso la cartella esattoriale n. 10620070001326631 di € 9307,99, pretesi per l’omissione dei contributi IVS degli operai agricoli a tempo determinato relativamente agli anni 2000, 2001, 2002 e 2004. Il Tribunale, ritenuta la regolarità del procedimento notificatorio – effettuato con le modalità di cui all’art. 26 del d.p.r. n. 602 del 1996, a mezzo raccomandata a/r consegnata al portiere dello stabile ed in assenza di altre contestazioni sulla sua regolarità – che si era o perfezionato in data 20.3.2007, rilevava che l’opposizione, proposta con depositato il 4.5.2007, era tardiva per superamento del termine di 40 gg. ex art. 24 comma 5 del d.l.n.46 del 1999, nonché oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c. per le censure attinenti gli aspetti formali dell’atto esattoriale.
2. La Corte d’ appello di Lecce accoglieva l’appello proposto da Z. T. e annullava la cartella, argomentando che il procedimento di notificazione della stessa doveva ritenersi inesistente, in quanto l’avviso di ricevimento della raccomandata era stato prodotto da Equitalia in copia e corredato da attestazione di conformità effettuata con timbro e data illeggibili; inoltre, la firma apposta da colui che era indicato come portiere dello stabile sulla cartolina di ritorno della raccomandata era illeggibile e la crocetta sulla casella che contrassegna la ricorrenza dell’ipotesi di “constatata assenza del destinatario, del familiare convivente, dell’addetto alla casa, ufficio o azienda” non era assolutamente idoneo ad attestare l’assenza della T. e l’inutile tentativo di consegnare l’atto a mani della stessa o delle persone preferenzialmente abilitate a riceverlo.
4. Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a cinque motivi;
5. le eredi di Z. T. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato anche memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., mentre l’Inps è rimasto intimato.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c .- la violazione e falsa applicazione degli artt. 617 e 618 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Secondo la ricorrente il giudice di secondo grado avrebbe errato nel non valutare che i motivi di doglianza espressi nell’atto di appello attenevano ad un’opposizione agli atti esecutivi, con conseguente ricorribilità della sentenza solo per cassazione ex art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 618 c.p.c. , conseguendone l’inammissibilità dell’appello.
2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360, comma 1, n. 3 e n.5 c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 617 c.p.c. e degli artt. 24, comma 5, e 29, comma 2, del d.lgs. 46/1999. La Corte di Appello avrebbe errato nel non aver confermato l’’inammissibilità dell’ opposizione per la sua proposizione tardiva, come era stato precedentemente statuito dal giudice di primo grado, considerato che la T. aveva avuto conoscenza di fatto della cartella e non aveva fornito alcuna prova della tempestività dell’opposizione.
3. Con il terzo motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 1, del dpr 602/1973 e degli artt. 32 e 39 del d.m. 9 aprile 2001. La Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere inesistente il procedimento di notificazione della cartella di pagamento oggetto di censure, essendo conforme a legge la procedura seguita, essendo sufficiente secondo la disciplina del d.m. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, che la spedizione sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento da parte dell’ufficiale postale che quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza.
4. Con il quarto motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 2712, 2715 e 2719 c.c., e degli artt. 116 e 215, comma 2, c.p.c. Il giudice di secondo grado avrebbe errato nel fondare la statuizione di inesistenza della notifica anche sulla addotta irritualità del deposito in fotocopia dell’avviso di ricevimento, nonostante l’appellante non avesse mai articolato alcuno specifico e rituale disconoscimento della documentazione offerta dall’Agente della riscossione.
5. Con il quinto motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360, comma 1, n.3 c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della legge n. 30 del 1997, nonché – ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. – l’omessa/insufficiente motivazione. La Corte di Appello non avrebbe infatti considerato l’art. 5 della legge n.30 del 1997, secondo cui sono validi, agli effetti della procedura di riscossione, “i certificati, le visure e qualsiasi atto e documento amministrativo” rilasciati dall’Agente della riscossione, qualora contengano apposita asseverazione della loro provenienza. Inoltre, il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a ritenere non rituale l’attestazione di conformità all’originale apposta dall’Agente della riscossione senza tuttavia chiarire le motivazioni a sostegno di tale decisione.
6. Deve preliminarmente affermarsi l’interesse al ricorso del concessionario (negato dai controricorrenti), che ha legittimazione passiva necessaria in relazione ai vizi attribuibili al procedimento della riscossione da esso posto in essere ( Cass. n. 594 del 15/01/2016), quali sono quelli ritenuti dal giudice di secondo grado. Deve poi ritenersi l’ammissibilità dei motivi, che, pur prospettando congiuntamente profili in fatto ed in diritto, esibiscono sufficiente specificità, consentendo al collegio di cogliere l’impianto delle censure ed il tipo di vaglio che viene richiesto (così Cass. n. 9793 del 23/04/2013 e Sez. U, n. 9100 del 06/05/2015).
7. Il primo motivo di ricorso non è fondato, nel senso che si va ad esporre.
7.1. In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all’art 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sia un’opposizione agli atti esecutivi, inerente l’irregolarità formale della cartella, regolata dagli art. 617 e 618 bis cod. proc. civ., per il rinvio alle forme ordinarie operato dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999 (così ex aliis Cass. n. 15116 del 17/07/2015, Cass. n. 25757 del 24/10/2008). Ricorrendo tale ipotesi, l’impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione (Cass. n. 18312 del 27/08/2014).
7.2. Nel caso, con l’opposizione alla cartella si ponevano sia questioni attinenti il procedimento adottato, sia questioni attinenti il merito della pretesa impositiva. Questioni che la tardività dell’opposizione ritenuta dal primo Giudice ha impedito di esaminare. Ammissibile pertanto era l’appello proposto dal contribuente, che poteva far valere di fronte al giudice di secondo grado – qualora questo, a differenza del Tribunale, avesse ritenuto l’opposizione tempestiva – i vizi diversi da quelli qualificabili ai sensi dell’art. 617 c.p.c.
8. Il secondo e terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati.
La notifica della cartella di pagamento in oggetto è stata eseguita a mezzo del servizio postale, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, sicché le questioni poste devono essere risolte facendo applicazione dei principi risultanti dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 (Cass. n. 15481 del 13/6/2018, Cass n. 12083 del 13/06/2016, Cass. n. 1304 del 19/01/2017).
Occorre dunque far riferimento a quanto previsto dal d.m. 9 aprile 2001, recante “Approvazione delle condizioni generali del servizio postale”, il quale prevede, all’art. 39, che “Sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi è servizio di portierato, il portiere”. Se poi, come nella specie, manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 cod. civ. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. 27/05/2011, n. 11708).
Inoltre, e conclusivamente, eventuali nullità della notifica dovevano nel caso ritenersi sanate per il raggiungimento dello scopo, dimostrando il contribuente di avere ricevuto il piego, avendo prodotto la cartella in originale (v. Cass. n. 11051 del 09/05/2018), come riferito dal Tribunale.
9. Il quarto e quinto motivo di ricorso sono parimenti fondati, nei sensi che si vanno ad esporre.
9.1. Occorre in primo luogo ribadire che la produzione dell’avviso di riceviménto del piego raccomandato contenente la copia dell’ atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell’ avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poiché la regola posta dall’art. 2719 c.c. – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace – trova applicazione generalizzata per tutti i documenti (Cass. n. 21003 del 08/09/2017).
9.2. Inoltre, come affermato da Cass. n. 23902 del 11/10/2017, nonché Cass. n. 16998 del 20/08/2015, in tema di notifica della cartella esattoriale, là dove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice, che escluda, in concreto, l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, in ragione della riscontrata mancanza di tale certificazione, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso.
9.3. Nel caso, la Corte d’appello si è limitata a rilevare che l’avviso di ricevimento era stato prodotto in copia, con conformità all’originale attestata da Equitalia con timbro e sigla illeggibile, mentre il Tribunale aveva dato atto in sentenza che nessun ulteriore difetto della notifica ulteriore rispetto a quelli partitamente esaminati era stato formulato; inoltre, lo stesso Tribunale di Taranto aveva accertato che dette fotocopie erano coerenti con la documentazione esibita dalla parte ricorrente, consistenti nell’originale della cartella con allegata busta, relativa alla medesima raccomandata, recante il timbro datario dell’ufficio postale di Taranto del 20 marzo 2007.
10. Il motivi del secondo al quinto risultano quindi fondati e devono essere accolti, da ciò derivando la cassazione della sentenza gravata in relazione ad essi.
11. Ritiene poi il Collegio che la causa debba essere decisa nel merito ex art. 384 II comma c.p.c, considerato che dalla ritualità della notifica della cartella derivava la tardività dell’opposizione, così come già era stato ritenuto dal primo giudice. Essendosi dunque affermata da parte della Corte d’appello l’erronea applicazione delle norme in materia di notifica della cartella, la cui decisione è intervenuta in riforma della sentenza di primo grado, che di converso aveva fatto corretto uso dei medesimi principi, la decisione nel merito va pronunciata con il rigetto dell’appello proposto da T. Z., per cui rivivono le statuizioni disposte con la sentenza del Tribunale di Taranto (così, in caso analogo, Cass. n. 5028 del 1/3/2011).
12. Ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., si deve infine provvedere sulle spese dell’intero giudizio di appello, ferma sul punto la sentenza di primo grado (per quanto suesposto), nonché su quelle di cassazione, nei termini di cui in dispositivo, secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto da T. Z.
Condanna le controricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della ricorrente, che liquida in complessivi € 2.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, nonché a quelle del giudizio di appello, che liquida in complessivi € 2.000,00, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.