CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 ottobre 2019, n. 25096
Tributi – Accisa – Imprese di autotrasporto merci – Credito d’imposta per riduzione aliquota accisa sul consumo di gasolio per autotrazione – Mancanza di fatture e documetazione attestante il consumo dei litri dichiarati – Esclusione del beneficio
Rilevato che
– C.D.F. adiva la C.T.P. di Pescara per impugnare l’avviso di pagamento per accisa su gasolio per autotrazione e l’atto di irrogazione delle sanzioni con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contestava la violazione delle disposizioni dell’art. 3 D.P.R. n. 277 del 2000 che disciplina il procedimento e i requisiti per conseguire il beneficio fiscale consistente nella riduzione degli oneri gravanti sugli esercenti le attività di autotrasporto merci (prevista dall’art. 8, comma 10, lettera e), Legge 23/12/1998, n. 448) sul consumo di gasolio per autotrazione;
– con la sentenza n. 421/03/2017 del 16/5/2017, la C.T.R. dell’Abruzzo, investita dell’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, confermava la decisione del giudice di primo grado, favorevole al D.F.;
– avverso tale decisione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;
– non svolge attività difensiva C.D.F.
Considerato che
1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deduce la violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) dell’art. 3 D.P.R. 9/6/2000, n. 277, per avere la C.T.R. affermato che, in base alla ratio della disposizione normativa, il diritto «esistente» all’agevolazione non può essere «attenuato dall’obbligo di provare l’acquisto di carburante con bolle, scontrini, documentazione differita e altri allegati … elementi di natura formale», così disapplicando la predetta disposizione, la quale impone la presentazione di una dichiarazione del contribuente contenente l’indicazione di tutte le informazioni necessarie al riconoscimento del beneficio fiscale.
2. Il motivo è fondato.
Non è controverso (e risulta anche dalla sentenza impugnata) che il D.F. «non ha fornito, in sede di verifica né dopo, le fatture idonee ad attestare il consumo dei litri dichiarati e le fatture mancano dei dati richiesti dalla normativa vigente, quali le date dei singoli rifornimenti, la targa identificativa degli automezzi», elementi necessariamente contenuti nella dichiarazione presentata ai sensi dell’art. 3 D.P.R. n. 277 del 2000.
Tuttavia, la C.T.R., nell’esaminare la documentazione prodotta in giudizio dal D.F. ad integrazione delle mancanze rilevate dall’Agenzia, ha ritenuto che la stessa fosse sufficiente a fondare il riconoscimento dell’agevolazione fiscale.
L’art. 3 D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277 subordina il riconoscimento dell’agevolazione fiscale alla presentazione «entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare, [di] apposita dichiarazione», alla quale devono essere allegate le fatture in originale «contenenti anche gli estremi della targa dell’autoveicolo rifornito» (comma 3); «alla dichiarazione è [altresì] allegata copia dei certificati di immatricolazione degli autoveicoli aventi titolo al beneficio, nonché un prospetto, costituente parte integrante della dichiarazione stessa, riportante i seguenti ulteriori dati per singolo autoveicolo: il numero di targa …» (comma 6).
Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello, la presentazione di una dichiarazione incompleta – mancante, cioè, dei documenti e dei dati prescritti «per ottenere il beneficio di cui al comma 1 dell’articolo 1» (così il comma 1 dell’art. 3 D.P.R. n. 277 del 2000) – impedisce il riconoscimento dell’agevolazione fiscale, non potendosi ritenere sussistente il diritto alla stessa prescindendo dall’adempimento degli oneri (che non hanno una natura soltanto formale, ma sono finalizzati alla dimostrazione della pretesa del contribuente) volti al suo conseguimento.
3. La sentenza, dunque, deve essere cassata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., rigettando l’originario ricorso del D.F..
4. Ai sensi dell’art. 385, comma 2, cod. proc. civ. occorre provvedere sulle spese di tutti i gradi del giudizio.
C.D.F. va condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i vigenti parametri.
Ritiene il Collegio di compensare le spese dei gradi di merito in ragione della mancanza di specifici precedenti di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito a norma dell’art. 384 cod. proc. civ., respinge il ricorso introduttivo di C.D.F.;
condanna C.D.F. a rifondere all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito;
compensa le spese dei gradi di merito.
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