CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2020, n. 18669
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Motivi – Chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata
Fatti e ragioni della decisione
La C. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile per assenza di specifici motivi di censura della sentenza impugnata e per assoluta genericità delle conclusioni rassegnate l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso a carico della contribuente per la ripresa a tassazione di imposte per l’anno 2010 in relazione all’omesso deposito dei documenti contabili attestanti i crediti e le detrazioni IVA.
L’Agenzia delle entrate non si è costituita.
La ricorrente deduce, con il primo motivo, la violazione dell’art.53 d.lgs. n.546/1992.
La CTR, reiterando l’omissione nella quale era incorso il giudice di primo grado, avrebbe omesso di rispondere al quesito già esposto innanzi alla CTP, a tenore del quale si era evidenziato come i crediti riportati in bilancio nell’anno 2009 non avrebbero potuto determinare una base imponibile se riscossi successivamente a tale anno d’imposta. Questione non esaminata nemmeno dal giudice di appello.
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art.112 c.p.c., prospettando l’omessa pronunzia sulla domanda esposta nel primo motivo di ricorso.
Il primo motivo è infondato e determina l’assorbimento del secondo.
Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “la specificità dei motivi di appello (finalizzata ad evitare un ricorso generalizzato e poco meditato al giudice di seconda istanza) esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Tale esigenza, tuttavia, non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza e che esso si sostanzi proprio in quelle argomentazioni che suffragavano la domanda disattesa dal primo giudice essendo innegabile che, in tal caso, sottoponendo al giudice d’appello dette argomentazioni – perché ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere -, si adempia pienamente all’onere di specificità dei motivi” – cfr. Cass. n. 14908/2014, Cass., n.22510/2015, Cass., n. 13007/2015 -.
Si è ancora aggiunto, di recente, proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, che ‘[…] gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado – cfr. Cass., S.U., n.27199/2017.
A tali principi si è conformato il giudice di appello.
Ed infatti, la CTP, per come risulta dallo stralcio di motivazione riportato dalla parte ricorrente, aveva giustificato la legittimità della ripresa a tassazione dell’ufficio in relazione al mancato deposito della documentazione contabile relativa ai bilanci del 2014, dalla quale secondo il giudice di primo grado sarebbe dovuto emergere la mancata riscossione dei crediti riportati nel bilancio 2009 e dunque l’esclusione che tali crediti concorressero alla determinazione della base imponibile per i redditi dell’anno 2010 e alla mancata giustificazione documentale dei costi relativi alla pretesa detrazione IVA alla quale, secondo il giudice di primo grado, la parte contribuente non aveva provveduto.
Orbene, la società C., invece di contestare in modo specifico tali assunti esposti dal giudice di primo grado, ha limitato la propria impugnazione circoscrivendola all’argomento, già esposto in quella fase, relativo all’impossibilità di poter considerare come base imponibile un credito maturato nell’anno 2009 se riscosso successivamente.
Ora, a fronte di una motivazione della sentenza del primo giudice che aveva attribuito valore decisivo sia all’assenza dei bilancio 2014 per escludere la prova della riscossione dei crediti nell’anno 2010, sia alla mancata dimostrazione dei costi detraibili ai fini IVA, l’impugnazione è stata giustamente ritenuta priva di specifici motivi, non avendo aggredito la ratio decidendi della pronunzia di primo grado, rivolta a sostenere che i crediti d’imposta per l’anno 2009 erano stati riscossi nell’anno 2010 e che non era stata fornita la prova dei costi detraibili.
Sulla base di tali considerazioni il primo motivo di ricorso va rigettato.
Il secondo motivo di ricorso, in relazione all’esito del primo motivo, rimane assorbito.
Il ricorso va quindi rigettato.
Nulla sulle spese, dando atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dei commi 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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