CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2021, n. 24154
Tributi – Accertamento – Determinazione del reddito d’impresa – Rettifica costi deducibili – Canoni di leasing per aeromobili – Requisito di inerenza – Onere di prova a carico del contribuente
Rilevato che
– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana veniva accolto l’appello del Fallimento E. S.r.l., società per il ramo di azienda che qui interessa esercente attività di commercio all’ingrosso di marmi e graniti e, rigettato per l’effetto l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, veniva così riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara n. 233/02/2012, la quale a sua volta aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento IVA e II.DD. inclusa l’ IRAP in relazione all’anno di imposta 2007. Con l’avviso venivano assoggettati ad imposizione maggiori ricavi non contabilizzati e maggiore IVA e venivano rettificate le perdite ai fini delle II.DD., rettificata la dichiarazione per indebite deduzioni di costi non inerenti relativi a servizi di consulenza tecnica e contabile, costi per servizi ritenuti non di competenza, ed indebita deduzione di costi per beni mobili registrati, anche ai fini IRAP e IVA.
– In particolare, la CTR non condivideva le conclusioni del giudice di primo grado ritenendo non provato il fondamento delle due riprese con cui erano stati ritenuti da un lato non inerenti canoni di leasing per due aeromobili con conseguente disconoscimento della loro deduzione ai fini delle dirette e detrazione dell’IVA e, dall’altro, accertate vendite “in nero” di marmo, desunte dalle discrepanze tra dati contabili e rimanenze finali.
– Avverso la sentenza propone ricorso l’Agenzia, affidato a tre motivi, cui replica la contribuente con controricorso.
Ritenuto che
Con il primo motivo – ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – l’Agenzia deduce, in relazione alla ripresa per canoni di leasing per due aereomobili, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt.36 e 61 del d.lgs. n.546 del 1992 e 112 e 132 del cod. proc. civ., per indeterminatezza del thema decidendum e apoditticità della decisione, avendo la motivazione menzionato la questione della mancanza di inerenza dei canoni di leasing in uno con la sintesi della prospettazione della contribuente, senza consentire di ricostruire il percorso logico giuridico che ha portato la CTR a ritenere la ripresa non fondata, e persino facendo riferimento ad un fatto ricostruito in modo approssimativo.
– Il motivo è infondato. Va rammentato che: «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).
– Nel caso di specie, la motivazione della sentenza censurata, al di là del refuso in cui fa riferimento ad una sola aereomobile mentre ai fini della ripresa per costi gli elicotteri in leasing sono certamente due, pur sempre espone in modo abbastanza esteso le difese della contribuente («Il Fallimento giustificava il suo appello (…) Il Fallimento sosteneva, inoltre, (…) Il Fallimento riteneva che l’acquisto dell’elicottero (…)»), inserendovi anche un accertamento: «Tale motivazione non è suffragata da documenti quali bando di appalto del 2006, custodia dell’elicottero, documentario di offerta di vendita e lo statuto della società» (cfr. p.2 sentenza). La CTR quindi richiama quello che a suo giudizio è il canone di prova applicabile ai fini della ripresa («l’ufficio doveva altresì provare che l’elicottero era stato usato per scopi propri e non soffermarsi sulla circostanza di mancanza di ricavi») – sulla cui correttezza o meno si concentra il secondo motivo di ricorso, v. in fra – e, infine, compie un’affermazione che, per quanto non precisa, comunque chiude il sillogismo. Dichiara infatti la CTR: «d’altra parte l’uso di un auto o di un elicottero per le esigenze della società per gli spostamenti presso i fornitori è comunemente accettato.»). Il complesso degli elementi indicati esprime nel complesso una ratio decidendi sulla inerenza dei costi che, in disparte dalla sua esattezza, è evincibile e non si colloca al livello della motivazione apparente.
– Con il secondo motivo, – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia deduce, ove non fosse accolta la prima censura relativa alla medesima ripresa circa i canoni di leasing per i due elicotteri, la violazione e falsa applicazione degli artt.109 comma 5 TUIR e dell’art.19 del d.P.R. n.633 del 1972, per non aver il giudice di appello dato conto dei presupposti di inerenza, certezza, determinabilità oggettiva e congruità ai fini della deducibilità di componenti negative di reddito e della detraibilità dell’imposta.
– Il motivo è fondato. La CTR non ricostruisce correttamente il canone dell’onere della prova applicabile alla fattispecie, perché la prova dell’inerenza tanto ai fini della deduzione per le dirette quanto della detrazione dell’IVA ricade sul contribuente (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14858 del 07/06/2018, Rv. 649021 – 01; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 18904 del 17/07/2018, Rv. 649772 – 02).
– Inoltre, quanto al contenuto della prova, va rammentato che: «In tema di imposta sui redditi d’impresa, il principio dell’inerenza esprime la riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea, e, infatti, quale vincolo alla deducibilità dei costi, non discende dall’art. 75, comma 5 (attuale art. 109, comma 5), del d.P.R. n. 917 del 1986, che concerne il diverso principio dell’indeducibilità dei costi relativi a ricavi esenti (ferma l’inerenza), cioè la correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili. Da ciò consegue che l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro dai riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo, anche se l’antieconomicità e l’incongruità della spesa possono essere indici rivelatori del difetto di inerenza.» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 27786 del 31/10/2018,Rv. 651406 – 01). Di tali elementi identificativi del riparto e contenuto della prova non fa buon governo la succinta e contraddittoria motivazione della CTR, di cui si è sopra già dato analiticamente conto, con conseguente violazione delle previsioni di legge richiamate nel mezzo di impugnazione.
– Con il terzo motivo – ex art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ. – l’Agenzia deduce il vizio motivazionale, quanto alla ripresa per cessioni “in nero” di marmo originata dal confronto tra dato contabile e rimanenze finali, per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR erroneamente ricostruito sia il fatto, sia l’oggetto della ripresa, sia erroneamente ritenuto non congrui i prezzi di acquisto ai fini della ricostruzione dei ricavi occultati.
– Il motivo è fondato. La CTR afferma innanzitutto essere le «rimanenze finali accertate in aumento pari ad Euro 57.638,00», ma non è contestato il fatto che 57,638 siano le tonnellate di marmo oggetto di accertamento (cfr. p.14 ricorso confermato da p.2 controricorso) e non il loro valore complessivo, e già questo è un fatto potenzialmente decisivo. Inoltre, anche la ripresa in oggetto risulta non essere stata compresa dalla CTR, in quanto non si controverte su di una rettifica in aumento delle rimanenze finali, ma piuttosto su di un recupero ad imposta di ricavi non dichiarati emersi sulla base di una «movimentazione di merci (rimanenze iniziali+acquisti-vendite-rimanenze finali) differente rispetto a quanto dichiarato», come si legge a pag.2 del controricorso della contribuente, ossia è contestata la vendita in nero di marmi e graniti nel periodo di imposta. Infine, nella parte in cui la CTR compie un accertamento riguardo alla ripresa, il giudice afferma che «la ricostruzione dell’ufficio non è supportata da elementi certi quali il valore del prezzo di vendita nonché (del)la percenuale». Tuttavia, la CTR non si confronta con il dato, riportato nell’atto di appello sintetizzato e riprodotto per compiuta autosufficienza dall’Agenzia alle pagg.15-17 del ricorso, secondo cui il prezzo di Euro 1.821,00/t è la media del prezzo di acquisto del materiale lapideo – e non di vendita, con esclusione pertanto del ricarico -, proprio della tipologia di lastre commercializzate dalla contribuente nell’anno di imposta. Anche di tale elemento di fatto, potenzialmente decisivo, terrà conto il giudice del merito in sede di rinvio nel suo riesame della questione.
– In conclusione, accolto il motivi secondo e terzo del ricorso, rigettato il primo, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Toscana, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.