CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2022, n. 26413

Dirigente – Crediti da lavoro – Indennità sostitutiva delle ferie non godute – Spettanza – Condizioni

Rilevato

che, con sentenza del 7 gennaio 2020, la Corte d’Appello di Bari confermava la decisione resa dal Tribunale di Bari e rigettava l’opposizione proposta dal Comune di Modugno nei confronti di G. C., dipendente dell’Ente con qualifica di dirigente poi dimessosi, avverso il decreto ingiuntivo da questi ottenuto per il pagamento dell’importo di cui assumeva di essere creditore a titolo di indennità sostitutiva delle ferie non godute;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto fondata la pretesa alla luce della disciplina eurocomunitaria e nazionale che comunque ammette la monetizzazione delle ferie nell’ipotesi, qui riscontrabile, della risoluzione del rapporto tanto più che non è ravvisabile nella specie alcuna noncuranza del dirigente nella programmazione delle proprie ferie, essendo state anzi più volte richieste e rifiutate e dovendosi considerare corretto perché non specificamente contestato il conteggio relativo;

che, per la cassazione di tale decisione ricorre il Comune, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso il C.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che entrambe le parti hanno poi presentato memoria;

Considerato

che, con il primo motivo, il Comune ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2019 c.c., 7, punto 2, della direttiva 2003/98/CE, 10 d.lgs. n. 66/2003, 18 CCNL 6.7.1995, per il comparto Enti locali, imputa alla Corte territoriale l’accoglimento di una lettura della disciplina in parola per la quale l’indennità sostitutiva sarebbe dovuta in ogni caso a prescindere dagli anni di riferimento delle ferie non godute ed ai motivi sottesi alla loro mancata fruizione ed all’interruzione del rapporto;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., il Comune ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per risultare meramente apparente la motivazione in ordine alla non riconducibilità alla mancata programmazione da parte del dirigente della mancata fruizione delle ferie accumulatesi dal 2005 ma richieste solo dal 2010, con diniego limitato a quelle maturate negli anni precedenti a quello della risoluzione del rapporto, con riferimento al quale vi era invece disponibilità alla monetizzazione delle ferie non godute;

che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati alla luce dell’orientamento enunciato da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 6262/2022 e Cass. 13613/2020) che, muovendo dalla premessa per cui il diritto alle ferie è irrinunciabile e, come tale è garantito dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/98/CE, ha recepito l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea alle direttiva predetta, da ultimo con la sentenza 6.11.2018 (nella causa C-619/16) per cui la norma eurocomunitaria osta a che una normativa nazionale implichi che il lavoratore perda il proprio diritto alle ferie annuali retribuite e ad un’indennità finanziaria per le ferie non godute senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare il proprio diritto alle ferie annuali retribuite, situazione che, nella specie, non appare dall’Ente ricorrente specificamente allegata e provata (cfr., da ultimo, Cass. n. 2000/2017 ne Cass. n. 8521/2015 per cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati), essendosi l’Ente stesso limitato ad asserire, senza nulla argomentare a riguardo, l’addebitabilità al dirigente dell’accumulo delle ferie non godute negli anni dal 2005 al 2010, allorchè si determinava a richiederle, vedendosele rifiutare perché perse per fatto a lui imputabile;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.